La nuova visione dell’Unesco sull’acqua cinese

venerdì 2 novembre 2018


Dal 28 al 30 ottobre si è svolto, in Cina, il Forum “Great Rivers” (Grf) 2018, sostenuto dall’Unesco, con l’obiettivo di porre l’attenzione sull’acqua, la tutela del patrimonio liquido e la sostenibilità ambientale. Questo forum ha sviscerato alcuni macro temi quali lo “Sviluppo urbano lungo i grandi fiumi - Riconnessione della città con il proprio fiume” e la creazione dei Musei dell’Acqua come elemento per preservare tale patrimonio, esempio concreto di interconnessione tra vari attori politici e regionali che vogliono affrontare la tematica dell’acqua e della crescita sostenibile.

La conferenza internazionale ha affrontato il rapporto tra uomo e risorsa acqua. Molte civiltà prosperarono nel mondo utilizzando i fiumi adiacenti o che attraversano il proprio conglomerato urbano per la difesa, l’irrigazione, il trasporto, il commercio e naturalmente anche come un mezzo di scambio culturale. Gli esperti partecipanti al Forum hanno sottolineato la necessità di avviare network internazionali con diversi rappresentanti di discipline accademiche. Giovani, esperti, comunità autoctone o indigene, politici nazionali e rappresentanti internazionali, organizzazioni non governative e fondazioni sono l’obiettivo di sviluppo del network nell’immediato futuro. Cooperazione tra entità e istruzioni sono le priorità della ricerca degli esperti. Costoro hanno raccomandato l’adozione di nuovi approcci che preservino e generino attenzione alle interconnessioni tra fiumi e mari, acque superficiali e sotterrane, protezione del patrimonio naturale e culturale. Circolazione dei dati e ricerca reciproca, strategie educative e meccanismi di governance inclusivi, la metodologia auspicata per il futuro.

Il Water Museum of Venice è stato protagonista dei lavori del Forum, grazie alle relazioni e gli interventi del dottor Eriberto Eulisse, direttore del Centro Internazionale per la Civiltà dell’Acqua e coordinatore del Global Network Of Water Museums. Insieme all’Unesco e al Global Network of Water Museums, il governo municipale di Wuhan e il Museo della Civiltà di Changjiang. La rete museale, riunitasi in Cina, ha dedicato attenzione alla storia, alla cultura e all’architettura delle acque fluviali e dei contesti urbani che si sviluppano intorno ad essa, includendo, aspetto emerso durante i lavori, una prospettiva antropologica, un’attenzione alla conoscenza e alla storia delle comunità autoctone o indigene che vivono tali luoghi, integrandoli nella gestione dei musei, per riuscire ad offrire diverse prospettive di ricerca e programmi educativi differenziati. Tali tematiche sono state sviscerate anche grazie al contributo italiano del Water Museum of Venice che ha descritto la propria linea di azione e l’incrocio con il digitale per mettere insieme le testimonianze più significative dei densi ma frammentati patrimoni e “universi liquidi” della Civiltà dell’Acqua delle Tre Venezie, grazie allo sviluppo di una piattaforma on-line innovativa, volta a facilitare la localizzazione e la visita dei siti. La piattaforma consente di effettuare una visita virtuale e ottenere informazioni e notizie utili sulle forme uniche e irripetibili di “civiltà liquida” sviluppatasi nelle Tre Venezie. Ma il Water Museum of Venice è anche un progetto di museo “diffuso”: un museo volto a creare, partendo da Padova, una rete di istituzioni e soggetti che gestiscono i patrimoni tangibili e intangibili plasmati dall’uomo in luoghi dove l’acqua è l’elemento dominante. Che si guardi diversamente la ricerca sull’acqua e la sostenibilità ambientale, a partire dalla problematica Cina, è risultato molto importante.

Solcata da oltre 5mila corsi d’acqua che hanno garantito per secoli i trasporti e le comunicazioni, la Cina ospita per lunghezza il terzo fiume più lungo al mondo dopo il Rio delle Amazzoni e il Nilo. Il Fiume Azzurro è il più esteso dell’Asia. Lungo 6.418 chilometri, per fare un confronto quasi dieci volte il fiume Po. Se la civiltà cinese è nata grazie ai fiumi, il Fiume Azzurro è uno dei padri della Cina. Primo fiume cinese, spina dorsale di un enorme sistema di canali di irrigazione e di navigazione, grande produttore di elettricità, il Fiume Azzurro è però anche pericoloso: le sue piene, prodotte dai monsoni, hanno fatto centinaia di migliaia di vittime e da secoli gli uomini tentano di controllarle. Nasce dalle montagne tibetane e sfocia nel Mar Cinese nella gigantesca Shanghai, metropoli con più di 25 milioni di abitanti.

Questo vasto territorio ha subito un rapido processo di urbanizzazione ed uno sfruttamento costante da parte dell’uomo che sta mettendo a dura prova la salute di questo enorme bacino. La Cina, che vive il protagonismo di uno sviluppo selvaggio e non conforme alla tutela paesaggistica, inizia a guardare con grande interesse tale progettualità, considerando che senza una visione globale del proprio rapporto con l’acqua, la sostenibilità ambientale e idraulica del Paese è destinata a collassare. In molti, tra i relatori, hanno ribadito la necessità di analizzare l’eredità idraulica generatasi lungo i fiumi e il patrimonio immateriale legato alle tradizioni e alle tecniche di modello di gestione, un patrimonio composto anche da conoscenze antropologiche che hanno plasmato attraverso secoli paesaggi unici e paesaggi marini e che oggi rischia di essere seriamente in pericolo.

Annunciate le date dei prossimi Forum Globali, a St. Louis, in Senegal, mentre il Museo di Changjiang ha annunciato la volontà di organizzare l’edizione del 2020 del Forum. Per i lavori del prossimo Forum gli esperti hanno suggerito di chiedere la partecipazione di ulteriori professionisti, direttori di musei, responsabili delle strutture e scienziati, al fine di stimolare un dibattito più interdisciplinare e concentrare l’attenzione su numerose tematiche legate allo sviluppo e alla sostenibilità dell’acqua, continuando a rafforzare la visione antropologica, già emersa durante lo svolgimento dei lavori in Cina. Tra gli altri relatori di rilievo intervenuti ricordiamo il dottor Matoko, assistente del direttore Generale dell’Unesco e Wu Tao, direttore del Museo della Civiltà di Changjiang.


di Domenico Letizia