La lunga crisi della politica svedese

La Svezia vive una crisi politica profonda. Le elezioni del 9 settembre hanno inaugurato una fase di incertezza assoluta. È sempre più probabile un ritorno anticipato alle urne. Secondo i sondaggi, SverigeDemokraterna, il partito sovranista anti-migranti guidato da Jimmie Akesson, sarebbe favorito. Proprio oggi il premier designato, il conservatore Ulf Kristersson, ha dovuto incassare il voto di sfiducia al Riksdag, il Parlamento nazionale del regno di Svezia. Contro Kristersson hanno votato 195 dei 349 deputati, a favore soltanto 154. La proposta avanzata dal premier in pectore era quella di formare un governo di minoranza, con l’appoggio esterno del suo partito, NyaModeraterna, e quello dei democristiani. In realtà, la sconfitta di Kristersson era certa.

Infatti, quando ieri la leader centrista Anne Lööf aveva annunciato il “no” del suo gruppo parlamentare al premier designato, la strada era segnata. Le ragioni sono da ricercare nell’ambiguità di Kristersson sui futuri rapporti con SverigeDemokraterna. Secondo Lööf, “sarebbe una situazione senza precedenti in Svezia, un partito nazionalista e populista che entra a far parte del potere o lo appoggia”. Frattanto, il leader socialdemocratico Stefan Löfvén, il premier sconfitto alle elezioni, ancora in carica per gli affari correnti, si è detto indisponibile a provare a formare un nuovo governo. Ora la decisione di affidare l’incarico ad un nuovo premier spetta al presidente del Parlamento, Andreas Norlén. Il quale può ancora scegliere altri tre primi ministri designati che provino a formare una coalizione. Se i tentativi dovessero fallire, il ritorno al voto sarebbe obbligatorio.

Aggiornato il 14 novembre 2018 alle ore 16:54