Brexit, sì all’accordo: nel governo May lasciano in quattro

Nel governo di Theresa May regna il caos. Dopo la difficile intesa sulla Brexit raggiunta dalla premier con le autorità di Bruxelles e il sostegno dell’esecutivo britannico, stamattina sono arrivate le dimissioni di quattro esponenti del governo. Si tratta proprio del ministro della Brexit Dominic Raab, della sottosegretaria alla Brexit Suella Braverman, della ministra per l’Irlanda del Nord Shailesh Vara e della titolare del dicastero del Lavoro Ester McVey. Naturalmente, desta clamore proprio l’addio di Raab, il caponegoziatore del Regno Unito nelle trattative con l’Unione europea. Secondo fonti vicine a Downing Street, ieri durante il Consiglio dei ministri si sono registrate scene drammatiche. Tra pianti e invettive contro la May, pare che a un certo punto i ribelli euroscettici avrebbero raccolto le firme per sfiduciare la premier come leader del partito Tory.

“Non posso sostenere l’accordo con l’Ue – ha twittato Raab – la soluzione proposta per l’Irlanda del Nord rappresenta una minaccia reale all’integrità del Regno Unito”. Per Raab, “siamo una nazione orgogliosa e ci siamo ridotti ad obbedire alle regole fatte da altri Paesi che hanno dimostrato di non avere a cuore i nostri migliori interessi. Possiamo e dobbiamo fare meglio di questo. Il popolo del Regno Unito merita di meglio”. Secondo McVey, “l’accordo di May non rispetta il risultato del referendum del 2016, siamo passati da una situazione per cui nessun accordo era meglio di un cattivo accordo a un’altra per cui un cattivo accordo è meglio di nessun accordo con l’Ue. Io non ci sto”.

Sui contenuti della bozza sottoscritta con tra la Ue e il Regno Unito, spalmati in ben 500 pagine e sintetizzati in un libro bianco diffuso ieri sera, si sapeva già l’essenziale. Sono confermati gli impegni sulla tutela dei diritti dei cittadini “ospiti”, sul conto di divorzio britannico da 39 miliardi di sterline, su una fase di transizione improntata allo status quo di almeno 21 mesi. Vi s’illustra nei dettagli anche la soluzione ideata per assicurare il mantenimento d’un confine senza barriere fra Irlanda e Irlanda del Nord.

Con una permanenza temporanea dell’intero Regno nell’unione doganale, in attesa di un successivo accordo complessivo sulle relazioni future post Brexit fra Londra e Bruxelles. Secondo l’ex premier laburista Tony Blair, “è un’intesa che non soddisfa né i sostenitori di “Leave”, né quelli di “Remain” come me”. May dovrà ora affrontare le incognite di un voto parlamentare. Nell’opposizione c’è chi chiede un secondo referendum bis e chi, come il leader del Labour Jeremy Corbyn, punta alle elezioni anticipate per andare all’incasso.

Aggiornato il 15 novembre 2018 alle ore 18:02