Brexit, la missione impossibile di Theresa May

Theresa May è finita in un vicolo cieco. In patria è riuscita a scampare al voto di sfiducia. Ma tornando a Bruxelles ha raccolto poco. Anzi, niente. Eppure, la Commissione europea era stata chiara. L’accordo sulla Brexit non sarebbe stato cambiato. Nel summit di giovedì sera nella capitale belga, Jean-Claude Juncker ha ribadito che l’intesa raggiunta lo scorso mese “non si cambia”. Il presidente della Ue è stato categorico. “I britannici – ha chiosato con una punta di malizia – non hanno le idee molto chiare al momento”.

L’Unione europea ha concesso alla May solo una breve dichiarazione esplicativa allegata all’accordo che conta più di 500 pagine. Nel testo viene sottolineato che al backstop si ricorrerà “soltanto in ultima istanza, perché si tratta di una misura temporanea e sarà usata per un breve periodo di tempo, fino a quando non sarà risolta la questione irlandese”. Il backstop è il regime successivo alla Brexit dell’Irlanda del Nord. In pratica, Belfast resterà nel mercato unico fino a quando non sarà trovata una soluzione per le due Irlande. In realtà, il testo ufficiale rimane identico a prima. Peraltro, la dichiarazione aggiuntiva non ha alcun valore legale.

A questo punto è arduo pensare che i “falchi” interni ai Tories possano accettare le timide aperture dell’Europa. I segnali non sono confortanti per la May. Secondo Peter Forster, corrispondente da Bruxelles del “Telegraph”, quotidiano conservatore vicino ai “ribelli”, ha scritto che May è “stata praticamente presa a calci”. Così, il destino politico della premier appare segnato. Il redde rationem è fissato dopo le feste natalizie. A gennaio il Regno Unito saprà se l’uscita dall’Europa sarà “brutale”, vale a dire senza alcun accordo con l’Ue, oppure meno dura del previsto. A questo proposito, l’unica strada possibile è l’accordo siglato con la Commissione di Bruxelles.

Aggiornato il 14 dicembre 2018 alle ore 14:54