L’Artico: emergenza climatica e sfida della diplomazia

lunedì 17 dicembre 2018


“La realtà è che i cambiamenti climatici stanno procedendo più velocemente rispetto alle nostre azioni. Le conseguenze sono più gravi di quello che avevamo immaginato. E le manifestazioni del fenomeno sono peggiori anche delle previsioni scientifiche più gravi. Lo vediamo ovunque. Dai disastri naturali all’oceano Artico, dai ghiacciai alla temperatura del mare. Malgrado ciò, la volontà politica, un po’ ovunque nel mondo, è scemata”, sono le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres pronunciate in occasione dell’avvio dei lavori della Cop 24, che si sono svolti a Katowice, in Polonia, dal 3 al 14 dicembre.

L’attualità climatica del nostro globo è descritta come estremamente preoccupante e la cartina tornasole di tale allarme arriva dai ghiacci dell’Artico. La regione artica, a seguito dell’innalzamento delle temperature globali e dello scioglimento dei ghiacciai perenni, si è trasformata da territorio inaccessibile in nuova frontiera dello sviluppo economico e commerciale globale. L’arretramento dei ghiacciai, infatti, da un lato rende possibile l’accesso a risorse petrolifere, gasiere e minerarie sinora inesplorate, e dall’altro offre la possibilità di navigare per periodi più lunghi e in condizioni di maggior sicurezza lungo le rotte artiche, che sono i passaggi transoceanici più rapidi di collegamento tra i poli economici europei, asiatici ed americani. Le rotte marittime e le risorse energetiche della regione artica, pertanto, si sono andati configurando sempre più come uno snodo centrale di conflitti ed interessi, determinando quella che viene definita la “corsa all’Artico”.

In tale non semplice contesto l’Italia opera per la tutela dei propri interessi, potendosi avvalere di un’efficace attività diplomatica e di riconosciute capacità tecnologiche, in particolare nel settore dell’estrazione petrolifera in ambienti ostili. Per comprendere il lavoro diplomatico italiano per la tutela dell’Artico, per una visione sostenibile dell’ambiente e del rapporto dell’uomo con la natura dei ghiacci, è importante ricordare l’ottima interlocuzione esistente con la Conferenza dei Parlamentari della Regione Artica (Cpar), un organismo che raccoglie membri designati dai Parlamenti degli otto Stati membri del Consiglio Artico. Il lavoro diplomatico dell’Ambasciata italiana in Norvegia e l’analisi della stessa strategia geopolitica della Norvegia nell’Artico fanno emergere anche una nuova visione della diplomazia e della cooperazione tra Paesi. La Norvegia sostiene una politica inclusiva del Consiglio Artico, favorendo l’entrata di membri e Paesi osservatori non artici, come l’Italia, con la quale condivide l’approccio tradizionale a scrutare l’Artico come spazio deputato per una eccellente collaborazione internazionale. Esempio di tale strategia è lo status dell’arcipelago delle isole Svalbard, assegnate alla Norvegia dal Trattato di Parigi del 1920, fatti salvi diritti particolari in capo alle altre potenze firmatarie, che erano essenzialmente i vincitori della Prima guerra mondiale riuniti nel Consiglio della Società delle Nazioni, tra cui gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e l’Italia; tali diritti sono stati estesi agli altri firmatari del Trattato, in tutto oggi 42, che hanno diritto di stabilimento e di libertà di esercizio di attività economica in condizioni di assoluta parità con i cittadini norvegesi.

Accanto alla diplomazia di Paesi quali Italia e Norvegia vi è il gioco di nazioni quali la Russia e la Cina che guardano con estremo interesse alla regione. Nel 2018, con la pubblicazione dell’“Arctic White Paper” è stata confermata la volontà della Cina di partecipare non solo allo sfruttamento delle immense risorse naturali, ma anche alla “governance” di questa area immensa per lo sviluppo di rotte commerciali. L’intento è essenzialmente quello di costruire un protagonismo centrale nel consesso delle nazioni che siedono nel Consiglio Artico, con l’obiettivo di diventare una “potenza artica” entro il 2050. In tale ottica va letta la recente azione del vice ministro degli Esteri, Kong Xuanyou tesa ad incoraggiare le compagnie cinesi che intendano fare affari in tutta la regione, per costruirvi infrastrutture o poli turistici. Inoltre, preoccupa l’espansione militare russa nella regione con la sua flotta di navi e sottomarini che il Cremlino ha stanziato nell’Artico, oggi ai massimi storici dal crollo dell’Unione Sovietica.

Intanto, la diplomazia resta la protagonista della regione. Come recentemente dichiarato dal già ministro, presidente della Sioi, Franco Frattini: “il Consiglio Artico è una delle poche occasioni che ci sono al mondo di ragionare di affari internazionali in modo non conflittuale. Se si apre una escalation di proliferazione nella regione artica il primo che ci rimette è l’Artico”.

Poche parole che aiutano a capire la portata del gioco tra potenze nella regione e il rischio di un collasso generale della sostenibilità con cataclismi ambientali per tutto il globo.


di Domenico Letizia