Congo: la vittoria dell'Africa

Il Congo ce l’ha fatta, almeno per il momento: malgrado le pesanti pressioni internazionali e la forte influenza che la Chiesa cattolica congolese, rappresentata dalla CEC (Conférence Episcopale du Congo), ha esercitato prendendo una posizione ben definita sia nella fase preelettorale che a votazioni avvenute; inoltre anche varie ONG con una visione neocolonialista hanno influenzato nelle dinamiche socio politiche (tenendo ben presente le ricchezze del sottosuolo). La Corte Costituzionale ha deliberato all’unanimità dichiarando nuovo Presidente della Repubblica Democratica – dopo circa una settimana di analisi e dibattito a porte chiuse – Felix Tshisekedi.

Il nuovo Presidente è figlio dell’ex oppositore storico Etienne Tshisekedi, che per anni osteggiò la dittatura di Mobutu e il potere del presidente (eletto) Joseph Kabila. È una vittoria del Congo e di tutta l’Africa nera: il Congo sta dando l’esempio di come proteggere le proprie ricchezze minerarie contro la predazione pressante che tiene l’Africa in stato di povertà e di dipendenza. L’anno scorso i governanti congolesi si opposero e rifiutarono la proposta dell’Unione europea di organizzare le elezioni, dando poi l’incarico alla Corea del Sud di fornire i sistemi elettronici per le votazioni; da una semplice analisi si possono percepire le forti perplessità del Congo ad avere un rapporto con l’Europa su un tema di estrema delicatezza ed enormemente strategico; inoltre decise, con un voto parlamentare, di aumentare il dazio di alcune sue miniere (in particolare il cobalto): questa prima esperienza di autonomia in Africa nera ha scatenato reazioni severe in chi ha sempre avuto un grande interesse nello sfruttamento delle risorse africane, facendo nascere in alcuni Stati “coabitanti” con il Congo ed aree limitrofe una sorta di sindrome da perdita di controllo.

Questa è la prima, vera vittoria dell’opposizione, anche se il partito dell’ex Presidente ha la quasi totale maggioranza nel Parlamento e avrà quindi il diritto di nominare il Primo Ministro. Ci si ritrova in una situazione in cui sia l’opposizione sia il precedente partito al potere devono governare insieme: dal 1960 questo è il primo presidente dell’opposizione ad essere eletto attraverso elezioni indette democraticamente, senza tumulti sociali e in modo pacifico, nonostante che da alcuni media si è tentato di palesare il contrario. La pace è stata sostenuta da tutti i Paesi della SADC (principalmente Sud Africa, Angola e Namibia), a dimostrare la maturità raggiunta oggi dalla giovane democrazia africana nel valorizzare l’armonia e non le guerriglie come elemento principale per lo sviluppo, contrastando il principio del “divide et impera”. La SADC insiste sulla necessità di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica Democratica del Congo e si impegna a sostenere il governo in base al suo protocollo per la cooperazione in materia di politica, difesa e sicurezza.

Il Presidente eletto ha ringraziato gli elettori e anche i non elettori congolesi, dichiarando che la vittoria non è sua ma del Congo intero: “Non è la vittoria di un uomo contro altri ma di una nazione, il giorno tanto atteso dagli eroi e dai padri fondatori della Repubblica che hanno a lungo lottato per una causa che oggi si sta concretizzando. Sarà un Congo riconciliato, forte, che andrà verso lo sviluppo nella pace e nella sicurezza”.

L’esperienza delle elezioni congolesi, anche per quanto sono state seguite in Africa e non solo, senza dubbio hanno tracciato un percorso ed un processo di avvicendamento politico pacifico che condizionerà tutta l’Africa nera, verosimilmente i colpi di stato, con quello che ne consegue, ci si auspica non saranno più prassi. Ci auguriamo che stia iniziando un’era di maturità politica delle giovani democrazie africane, anche se in molti altri Paesi la mano dei colonizzatori è ancora forte e non facilita ne il percorso di maturità sociologica, ne il decollo dello sviluppo sotto tutti i suoi profili.

Aggiornato il 21 gennaio 2019 alle ore 13:35