Brexit, le grandi aziende lasciano Londra

giovedì 24 gennaio 2019


Gli effetti reali della Brexit cominciano a farsi sentire. Ieri la Sony ha annunciato che trasferirà il proprio quartier generale europeo da Londra ad Amsterdam. Nell’estate 2018 la Panasonic aveva adottato la medesima scelta. Anche la banca d’affari Nomura, così come altri istituti finanziari nipponici, ha comunicato la decisione di abbandonare il Regno Unito.

Il ministro inglese al commercio internazionale Liam Fox si è affrettato subito a minimizzare. “La Gran Bretagna – ha detto – è rimasta aperta agli affari, ed è una destinazione attraente per gli investimenti diretti esteri”. Il Regno Unito infatti attrae ancora molti investitori esteri. Secondo i dati dell’Ufficio nazionale di Statistica sono ai livelli più alti mai registrati, arrivando a 149miliardi di sterline nel 2017. Eppure lo scorso anno si è registrata un’evidente flessione.

Hitachi e Toshiba hanno cancellato i piani di investimento nel nucleare in Galles e in Cumbria. Nel gennaio dello scorso anno la bozza di accordo tra May e l’Ue non faceva prevedere un futuro radioso per l’economia britannica. I promotori del “Leave” sostengono che la catastrofe economica annunciata non si è realizzata. Ma è pur vero che il tasso di crescita ha rallentato. Il presente appare ancora positivo. Ma bisogna cogliere i segnali lanciati dalle grandi aziende che decidono di abbandonare Londra.

Secondo la Cbi, la Confindustria inglese, “l’ottimismo delle imprese inglesi negli ultimi tre mesi si è gravemente deteriorato, complici le difficoltà globali e la Brexit, con le previsioni di esportazioni per il prossimo anno ai livelli più bassi dal gennaio 2009, in piena crisi subprime. Per la direttrice generale della Cbi Carolyn Fairbairn, “un’uscita senza accordo a marzo deve essere esclusa immediatamente. È l’unico modo per ripristinare la fiducia delle imprese”.


di Redazione