Venezuela, Guaidò rifiuta il confronto con Maduro

Juan Guaidò ha guidato la protesta contro Nicolás Maduro. Per le vie di Caracas, migliaia di simpatizzanti capitanati dall’autoproclamatosi presidente ad interim, hanno manifestato per convincere l’esercito a ritirare il proprio sostegno al governo di Maduro. “Soldati della patria – ha detto Guaidò in un comizio nella Piazza dell’Università – non sparate su un popolo che si batte anch’esso per le proprie famiglie. Questo è un ordine”. Guaidò ha dialogato telefonicamente con Donald Trump. Secondo la Casa Bianca, il presidente americano si è “congratulato con lui per aver assunto la presidenza e i due si sono messi d’accordo per restare in contatto regolare, per appoggiare il ritorno alla stabilità del Venezuela”.

Ieri Maduro ha lanciato un appello ai militari perché restino fedeli al regime. Il leader chavista si è detto pronto a “sedersi al tavolo dei negoziati con l’opposizione”. Ma l’opzione è stata respinta da Guaidò. Il presidente ad interim del Venezuela, in un intervento pubblicato sul “New York Times”, sostiene di avere “offerto l’amnistia a tutti coloro che non sono stati riconosciuti colpevoli di crimini contro l’umanità. Il ritiro del sostegno militare verso Maduro è cruciale per consentire un cambiamento nel governo, e la maggioranza delle forze militari in servizio concorda sul fatto che le recenti emergenze del Paese siano insostenibili. Maduro non ha più il sostegno della gente. La settimana scorsa a Caracas, i cittadini dei quartieri più poveri, che in passato erano state roccaforti chaviste, scesi in piazza in proteste senza precedenti. Manifestarono di nuovo il 23 gennaio con la piena consapevolezza di andare incontro a una brutale repressione”.

Secondo Guaidò, “il tempo di Maduro sta scadendo. Ma per riuscire a gestire la sua uscita con il minimo di spargimento di sangue, tutto il Venezuela deve unirsi per cancellare definitivamente il suo regime. Per questo, abbiamo bisogno del sostegno di governi, istituzioni e personalità in tutto il mondo. È imperativo trovare soluzioni efficaci per la grave crisi umanitaria che stiamo subendo, così come continuare a costruire un cammino verso la comprensione e la riconciliazione. La salvezza di tutto il Venezuela è nell’unità”.

Nel frattempo, il Parlamento europeo ha riconosciuto Guaidò come “presidente legittimo ad interim del Venezuela”. Ma gli eurodeputati leghisti e pentastellati si sono astenuti, suscitando aspre polemiche. I deputati europei hanno esortato l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri Federica Mogherini e gli Stati membri a fare altrettanto fino a quando non saranno indette nuove elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili per ripristinare la democrazia. “Ho appena parlato con Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, e oggi iniziamo i processi di cooperazione tra l’Europa e il Venezuela, al fine di proteggere i beni e per gli aiuti umanitari”, ha twittato Guaidò.

Invece, il sottosegretario grillino agli Esteri Manlio Di Stefano, ha detto che “l’Italia non riconosce Guaidò. Perché siamo totalmente contrari al fatto che un Paese o un insieme di Paesi terzi possano determinare le politiche interne di un altro Paese. Si chiama principio di non ingerenza ed è riconosciuto dalle Nazioni Unite”. Secondo Di Stefano, “oggi il più grande interesse che abbiamo è quello di evitare una nuova guerra in Venezuela. Stesso errore che è stato fatto in Libia oggi riconosciuto da tutti”.

Frattanto, i tre giornalisti dell’agenzia di stampa spagnola “Efe” arrestati a Caracas sono stati liberati oggi e saranno trasferiti in Colombia. Si tratta di uno spagnolo, Gonzalo Dominguez e di due colombiani, Mauren Barriga e Leonardo Muñoz. Non è dato sapere se l’autista venezuelano, José Salas, sia ancora detenuto.

Aggiornato il 31 gennaio 2019 alle ore 18:53