Muro con il Messico, Trump pensa “all’emergenza nazionale”

Donald Trump vuole dichiarare l’emergenza nazionale per finanziare il muro al confine con Messico. È un modo rapido per agire nonostante il parere contrario il Congresso. Si tratta di norma legata ad eventi eccezionali quali guerre, attacchi terroristici o emergenze sanitarie. Pare che Trump abbia incontrato il responsabile per il bilancio, il capo di gabinetto ad interim Mick Mulvaney, Jared Kushner e altri funzionari della Casa Bianca, per valutare le mosse.  In ogni caso, se non si troverà un compromesso sul bilancio entro il prossimo 15 febbraio sarà di nuovo Shutdown. Vale a dire blocco delle attività federali. La speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, ha detto, ancora una volta, che “non ci saranno soldi per il muro nel bilancio del governo”.

Ma si è dichiarata disponibile alla possibilità di costruire delle barriere al confine, “in determinate località dove la tecnologia e alcune infrastrutture appaiano appropriate”. Per la Pelosi, se Trump “vorrà chiamarla muro potrà farlo”. Al di là delle schermaglie semantiche, il presidente americano ha ribadito che non accetterà un accordo senza i soldi per il muro. “Se non daranno i soldi, non funzionerà”, ha detto. Ma l’ipotetica dichiarazione di emergenza nazionale, che darebbe la possibilità a Trump di dirottare verso il muro i fondi del Pentagono e gli aiuti per i disastri naturali, è stata accolta da un dissenso bipartisan.

Frattanto, Washington si ritira dallo storico trattato con la Russia sulle armi nucleari. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato che gli Stati Uniti fanno marcia indietro rispetto all’accordo firmato da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov che pose fine alla Guerra Fredda. Perché “la Russia – ha detto Pompeo – ha messo a rischio gli interessi di sicurezza degli Stati Uniti. Non possiamo più essere limitati da un trattato che la Russia viola in maniera spudorata”. Ad ogni modo, la Casa Bianca ha dato il via libera ai negoziati con la Russia sul controllo delle armi, affinché siano rispettati i criteri di “verificabilità e applicabilità”. Pompeo ha aggiunto che, “se la Russia non torna a rispettare i termini entro sei mesi, il trattato verrà terminato”.

Aggiornato il 01 febbraio 2019 alle ore 17:12