Crisi umanitaria in Venezuela

Il numero dei rifugiati dal Venezuela aumenta costantemente ogni giorno. Colombia e Brasile sono gli Stati più interessati a questo fenomeno migratorio obbligato da una situazione di vera e propria crisi umanitaria che interessa ormai da tempo i venezuelani, vittime innocenti di una spietata e cinica politica dittatoriale di matrice comunista che di fatto annichilisce il Paese a tutto e solo vantaggio della società “Maduro & compagni”.

A confine con il Brasile, nella città di Pacaraima la situazione è esplosiva, non manca giorno che gruppi di rifugiati venezuelani si affrontino con i residenti o con l’esercito brasiliano in una sorta di “guerra tra poveri” per la sopravvivenza, conflitto fratricida che vede protagonisti da una parte i rifugiati che vivono di elemosine e quel poco che riescono ad ottenere con lavoretti saltuari e sottopagati, dall’altra parte i brasiliani che vivendo nelle aree di frontiera soffrono condizioni di grave disagio economico e sociale che spesse volte si trasforma in momenti di tensione e scontri con l’intervento di polizia ed esercito che cercano in qualche modo di riportare la calma. In questo clima teso e complicato, le associazioni caritatevoli brasiliane e straniere hanno avviato numerose iniziative umanitarie per cercare di arginare le gravi sofferenze che affliggono le famiglie dei rifugiati. Il Governo del Brasile ha iniziato recentemente una politica di ricollocamento dei venezuelani su tutto il territorio con lo scopo di alleggerire il numero dei presenti nelle cittadine di frontiera; operazione comunque insufficiente visti i flussi in ingresso che contano circa 400/500 persone al giorno. Ci viene riferito da fonti locali che nella città di Boa Vista, capitale dello Stato Brasiliano della Roraima (Stato di confine con il Venezuela) esiste una via che è conosciuta come “la via degli 80 reais”, perché in questa strada a tutte le ore del giorno e della notte si prostituiscono centinaia di giovani venezuelani costretti a questa scelta per poter comprare alimenti o medicine per i propri familiari. Molti dei rifugiati che vivono di elemosina in Roraima sono persone istruite e qualificate, medici, ingegneri, architetti, professori, ex dirigenti che a seguito della gravissima situazione creatasi nel loro Paese hanno dovuto fuggire con le famiglie nella speranza di una vita migliore o in attesa che la situazione in Venezuela si normalizzi.

Le notizie non sono incoraggianti; gli aiuti umanitari per il Venezuela messi a disposizione dagli Usa, dal Brasile, dalla Colombia e da numerosi altri Paesi restano bloccati alle frontiere, con l’esercito venezuelano che non permette il passaggio dei mezzi su ordine preciso di Maduro che continua a sostenere che il Venezuela non ha bisogno di aiuti, che la situazione è sotto controllo e che le notizie che vengono diramate sono false… mentre il Venezuela urla il suo dolore… manca il cibo, mancano i medicinali di ogni tipo, manca il carburante, manca l’energia, l’economia è al collasso e l’inflazione ha toccato livelli mostruosi, basti pensare che i prezzi raddoppiano in media ogni 20 giorni

L’Onu informa che nel 2019 il numero dei rifugiati venezuelani in Brasile raddoppierà, arrivando a quasi 200mila persone; per la prima volta la crisi venezuelana è stata classificata come crisi umanitaria. Eduardo Stein, rappresentante speciale dell’Onu per la crisi in Venezuela ha dichiarato che questo movimento di rifugiati non ha precedenti nella regione ed è considerato il maggiore dislocamento di persone nella storia dell’America Latina. Fondi a favore del Brasile e degli altri Paesi dell’area sud americana interessati all’esodo venezuelano saranno resi disponibili dall’Onu per il Brasile nella misura di 56 milioni di dollari, che saranno utilizzati come aiuto per i rifugiati e i migranti principalmente nelle regioni di frontiera. L’obiettivo è favorire l’integrazione socio economica e la promozione della coesistenza tra i venezuelani e le popolazioni locali con aiuti diretti immediati d’emergenza ed un programma di potenziamento di strutture ricettive e snellimento nei processi di registrazione dei nuovi arrivati.

Il numero dei nostri connazionali che vivono in Venezuela è di circa 150mila persone a cui vanno aggiunti oltre due milioni di oriundi italiani. Il dramma che vive quotidianamente la nostra collettività locale è ampliamente dimostrato dalle testimonianze dirette che arrivano dal Paese; la Farnesina in concerto con le nostre autorità locali ha avviato una serie di interventi d’emergenza a favore dei nostri connazionali, ma non è sufficiente. Il Consiglio generale degli Italiani all’Estero (Cgie), Organismo di rappresentanza delle Comunità italiane all’estero con sede presso il Maeci a Roma, sta seguendo con la massima attenzione l’evolversi della gravissima crisi in Venezuela cercando di promuovere nuove azioni concrete a favore delle nostre comunità locali che soffrono ormai da troppo tempo questa insostenibile situazione. È notizia recentissima che un black-out elettrico totale (si ipotizza un sabotaggio presso la centrale idroelettrica di Guri) ha paralizzato per giorni quasi tutte le strutture pubbliche e private rimaste attive in Venezuela, compresi ospedali, scuole, trasporti e mezzi di comunicazione causando gravissime conseguenze compresa la morte di numerose persone (soprattutto bambini, anziani e malati) che a causa della mancanza di energia elettrica non hanno potuto accedere alle cure mediche e di pronto soccorso.

Come si è potuti arrivare a una situazione così drammatica per un Paese come il Venezuela che fino agli anni Ottanta era considerato uno Stato ricco e affidabile? Nel 1998 Hugo Chávez a capo del Partito Socialista unito del Venezuela vinse le elezioni ed iniziò un programma politico dichiaratamente ostile al capitalismo. Programmi di assistenza sociale, redistribuzione delle ricchezze private, riduzione dei prezzi dei beni alimentari, potenziamento dei programmi sociali legati all’istruzione, alla salute, al diritto alla casa. Il finanziamento di questi ingenti programmi assistenziali è stato possibile grazie principalmente alle risorse derivanti dall’esportazione di petrolio, settore trainante dell’economia venezuelana che ha garantito negli anni, viste anche le quotazioni favorevoli in quel periodo, la sostenibilità del costosissimo sistema assistenziale. Parallelamente, però, sono stati trascurati gli investimenti in infrastrutture e nello sviluppo di altri settori industriali di fatto mantenendo una dipendenza pressoché totale dal solo settore petrolifero. Nel 2013, alla morte di Chávez, successe il presidente Nicolás Maduro, che continuò la politica assistenziale del predecessore con costi ormai insostenibili, anche perché nel contempo ci fu il crollo della quotazione del greggio verificatosi nel 2014 quando i valori si dimezzarono. In questo scenario negativo il Venezuela ha continuato la sua discesa verso l’abisso, pagando a carissimo prezzo le sciagurate scelte di una politica senza senso e senza futuro.

Aggiornato il 14 marzo 2019 alle ore 10:43