Il futuro dei Balcani occidentali dopo il summit di Berlino

Le premesse per un sereno e risolutivo confronto politico non erano certo delle migliori, eppure il vertice regionale convocato da Angela Merkel ed Emmanuel Macron sulla crisi del Kosovo e le prospettive di ripresa del dialogo fra Belgrado e Pristina, sono naufragate inesorabilmente. Sul fondo, tra il paradosso e l’assenza di senso, un futuro di buone intenzioni che l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini scaltramente ancora si augura.

L’iniziativa di Francia e Germania, infatti, nasce dallo stallo - ma potremmo tranquillamente definirlo fallimento - dello scorso anno a seguito della decisione presa dall’esecutivo kosovaro di applicare una tariffa doganale del 100 per cento sulle importazioni serbe e bosniache. Ma tutti sanno che il motivo della disputa era - ed è ancora - il rifiuto di Belgrado nel riconoscere l’indipendenza del Kosovo.

Ad ogni modo, l’incontro delle scorse ore si è concluso senza alcuna novità, tanto meno un passo in avanti. Come ha dichiarato ai giornalisti il presidente serbo Aleksandar Vucic, non è emersa alcuna conclusione formale dei lavori, eccetto la volontà di proseguire nei contatti con la mediazione di Ue, Germania e Francia al fine di concordare una ripresa del dialogo tra le due controparti. Dunque, Belgrado continuerà a proporre l’abolizione dei dazi come condizione per la ripresa del negoziato, mentre Pristina respingerà ogni condizione per tornare a sedersi al tavolo negoziale, ritenendo i dazi giustificati dall’atteggiamento aggressivo e ostile di Belgrado. Subito dopo la conclusione del vertice, è intervenuto anche il presidente kosovaro Hashim Thaci il quale ha definito l’incontro “eccezionalmente difficile” lamentando oltretutto nessun progresso sul fronte della liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari nell’Ue. L’occasione, poi, è stata utile per ricordare alla Comunità internazionale che “il conflitto tra Kosovo e Serbia dovrà e potrà essere superato solamente con dialogo. Un dialogo condizionato che porti al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo”.

Nel frattempo, un’altra notizia sembra agitare cancellerie e sedi diplomatiche europee, ovvero la decisione dei paesi membri dell’Unione europea di rinviare a settembre l’avvio dei negoziati di adesione dell’Albania. Tale scelta rappresenterebbe un ritardo nell’avvio dei negoziati rispetto alla data del prossimo giugno, come previsto dal Consiglio europeo dello scorso anno. Da un lato la Francia non sarebbe disposta a discutere la questione dell’allargamento dell’Ue fino a dopo le elezioni del Parlamento europeo, dall’altra il governo tedesco non sarebbe in grado di prendere alcuna decisione senza aver valutato il Rapporto della Commissione europea sull’ingresso dell’Albania nell’Ue, atteso per il 29 maggio prossimo.

Insomma, molto probabilmente, tutto sarà rimandato alle decisioni della nuova formazione politica della Commissione europea che inevitabilmente rifletterà paure, ambizioni, desideri e interessi che i cittadini europei stanno chiedendo ormai incessantemente da tempo. Gli esiti delle elezioni europee 2019, volente o nolente, rappresenteranno la rotta strategica sul futuro della regione europea, molto di più di un piano di investimenti o decisioni macroeconomiche ma, piuttosto, quali confini di Europa vogliamo. Non solo geografici ma soprattutto politici. Eh già, perché la prossima Commissione europea dovrà occuparsi anche di questo.

 

Aggiornato il 30 aprile 2019 alle ore 17:08