Qatar Charity: il braccio economico del “proselitismo politico” islamico

mercoledì 8 maggio 2019


Ogni sistema economico complesso è il frutto di un programma politico; spesso tali propositi vestono abiti religiosi, sociali, etnici, nazionalistici, ma sovente, sotto le vesti, si trova la traccia di operazioni finanziarie e “commerciali” che esulano da quei principi ideologici legati alla solidarietà e all’etica.

L’Organizzazione non governativa Qatar Charity, nata nel 1992, è oggi la più ricca e potente struttura finanziaria di radice araba, che investe economicamente ed è presente a livello quasi globale. I principi fondanti di tale associazione hanno origini assistenziali e solidali, e si avvalgono delle enormi ricchezze economiche non solo del Qatar.

I “vettori” di azione sono essenzialmente due: il primo è interno al mondo arabo musulmano, ed agisce con azioni di proselitismo che vedono interventi capillari all’interno delle fasce sociali più bisognose e di conseguenza più soggette all’indottrinamento, come la costruzione di scuole, l’allestimento di biblioteche (strumento fondamentale e strategico), spazi “culturali” tendenzialmente monotematici, ma anche aree di assistenza medica, asili per l’infanzia, e per completare il “panorama”, anche spazi funerari; in sostanza un servizio “globale” per l’ascesa di un islam globalizzante che guidi il fedele dalla nascita alla morte.

Il secondo “vettore” di azione si rivolge all’”occidente”, all’Europa in particolare, e si palesa tramite le centinaia di informazioni e pubblicità che l’Ong fa su ogni tipo di sistema comunicativo; tale azione non lascia spazio a perplessità circa gli obiettivi che si prefigge, che potremmo sinteticamente definire come la volontà di rafforzare l’identità e la diffusione di un islam prettamente politico nelle comunità musulmane d’Europa. Alcune indagini sono state fatte da giornalisti europei, francesi in particolare, su come queste “influenze” agiscono sulle comunità musulmane presenti in ambito europeo, ed è emerso, tra l’altro, che la figura dell’imam, come strumento collettore di divulgazione ideologica, in molti casi è quasi superato, in quanto l’omogeneità dell’azione dei “funzionari” del Qatar Charity, rendono quasi non necessario un indottrinamento comportamentale. Tale aspetto si giustifica anche per il fatto che la maggioranza delle associazioni che beneficiano degli aiuti del’“Organizzazione” del Qatar, sono seguaci dello stesso islam politico dell’Emirato; di conseguenza non è necessaria l’investitura di un imam ad hoc.

La posizione dell’emiro del Qatar è tuttavia pubblicamente volutamente defilata, circa il suo ruolo all’interno dell’Ong, infatti, come riporta il giornalista Christian Chesnot, “i funzionari dei centri islamici europei, finanziati dalla beneficenza del Qatar, prestano intransigente attenzione a non apparire come portavoce dell’Emirato”.

Il potente “sistema” economico dell’”islam politico” professato dal Qatar Charity, assume una connotazione di parte quando si riscontra che sia la politica dell’Emirato che quella dell’Ong, convergono sulla determinazione dei “nemici”, come per esempio, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto, principali avversari della “causa” dei Fratelli Musulmani; o al contrario, “amici” dei quali sposano la stessa “causa”, come i palestinesi islamisti di Hamas a Gaza. In breve, l’effetto dell’”influenza” è molto sottile ma molto concreto e condizionante. La capillarità dell’azione “europea” del Qatar Charity, si esplicita anche nella “neutrale” Svizzera dove risulta, da una affermazione della direttrice del Museo islamico di La Chaux-de-Fonds, Nadia Karmous (pasionaria dei Fratelli Musulmani), che detta istituzione ha ricevuto finanziamenti dall’Ong “qatarina”, con lo scopo non di controllare l’ente culturale, ma di influenzarlo. La prima fase dell’azione sociologica dell’Ong in Europa, è stata quella di omogeneizzare, da tutti i punti di vista, le comunità islamiche presenti, tale operazione è stata propedeutica all’opera di proselitismo applicato in Francia ed in Germania, che risulta, oggi, in linea con quello adottato in Algeria, in Marocco, in Arabia Saudita e di recente in Turchia. In queste Nazioni sono state investite cospicue quantità di denaro per la costruzione di moschee e istituzioni religiose, tra loro affiliati, escludendo così le eventuali azioni competitive che indebolirebbero il “sistema”.

Il Qatar (Ong) sta combattendo una “guerra di influenza”, oltre che in Francia, Germania, Spagna Svizzera, paesi scandinavi ed altri, anche in Italia. In Francia e Germania, i leader dell’Ong di Doha, spesso ricoprono ruoli di rilievo nell’istruzione o negli affari, hanno generalmente buoni rapporti con i loro rappresentati eletti locali; spesso diventano partner indispensabili delle autorità municipali. Questo atteggiamento è molto gradito al Qatar Charity che, in tutta la sua propaganda, chiede ai suoi referenti di agire sempre in collegamento con questi funzionari eletti locali. In Italia il Qatar Charity, sovente cooperante con l’’UCO.I.I (Unione delle comunità islamiche d’Italia), ha sviluppato investimenti in Sicilia per oltre 11 milioni di riyal (oltre 2.400.000 Euro), che riguardano i centri islamici di Ispica, Catania, Messina, Comiso, Mazara del Vallo, Palermo, Modica, Barcellona, Donnalucata, Scicli e Vittoria. A Colle Val d’Elsa, il Qatar Charity, affiancato dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, ha costruito una moschea, alla cui inaugurazione ufficiale, ha partecipato al-Kawari; inoltre all’inaugurazione del Centro islamico di Ravenna ha partecipato Mohammed Ali al-Ghamidi, direttore esecutivo Dipartimento Sviluppo Internazionale della Qatar Charity; l’Ong “quatarina” nel 2015 ha acquisto alcuni grattaceli a Milano, solo per riportare alcuni dati.

A livello geopolitico, non dimenticando la presenza incombente dei Fratelli Musulmani (legati al Q.C), particolare attenzione andrebbe data ai legami tra il Qatar e la Turchia, con l’Ong di Doha presente in loco, e principale alleato non arabo, rilevando che anche se la pratica dell’islam turco assume caratteristiche che rendono difficile la cooperazione sul campo, lo scenario che vede il denaro del Qatar unito alla risorsa umana turca (vedi anche Libia), dovrà essere monitorato da vicino negli anni a venire; a tale evoluzione è particolarmente attenta l’Arabia Saudita già artefice, nel 2017, di una “guerra nascosta” con il Qatar e storicamente strategicamente antagonista alla Turchia.


di Fabio Marco Fabbri