Le radici culturali del “sovranismo” ungherese

La Storia e la “genetica”, sono le colonne portanti di espressioni caratteriali e comportamentali, sia di una società come dell’individuo. I timori, lo scetticismo, il dubbio, ma anche la fiducia, che una società manifesta, appartengono al “profilo” della comunità medesima e ne costituiscono le caratteristiche sociologiche.

L’Ungheria guidata da Viktor Orbán sembra oggi, alle soglie delle elezioni europee, una nazione dalle massime connotazioni “sovraniste” a causa di dichiarazioni ed atteggiamenti che il suo Presidente palesa senza particolari artifizi diplomatici: la dichiarata “democrazia illiberale”, il filtro sull’immigrazione, specialmente di religione islamica, la particolare attenzione alla “famiglia” spronando gli ungheresi ad una maggiore natalità, sembrano modalità “politiche-sociologiche” quasi di espressione istintiva ed estemporanea, ma da una più attenta analisi dei “trascorsi”, potrebbe scaturire una diversa lettura.

Va ricordato che la fine del primo conflitto mondiale ha stabilito solo la parte terminale del lungo travaglio che l’Ungheria ha subito già dal 29 agosto 1526, quando Solimano I detto “il Magnificosconfisse il re Luigi II d’Ungheria nella battaglia di Mohács; fu il sultano turco che portò l’Impero Ottomano ai massimi fulgori, occupando la maggior parte del territorio ungherese e al trapasso del ventenne Re. La morte di Luigi II produsse una crisi irreversibile dell’autorità centrale magiara che si disgregò sotto gli effetti della lotta per il potere. Alcuni nobili offrirono la corona d’Ungheria all’Imperatore del Sacro Romano Impero, Ferdinando I d’Asburgo che regnava sulla vicina Austria ed era legato con parentela alla famiglia reale ungherese. Altri nobili, però, si volsero a Giovanni Zápolya che era supportato da Solimano e che non fu riconosciuto dalle Potenze dell’Europa cristiana. La conseguenza fu che l’Ungheria venne spartita in tre aree: la parte maggiore oggi identificabile con i confini dell’attuale Ungheria, conosciuta come Grande Alföld, fu dominata da Solimano, si creò uno stato vassallo (Ottomano) di Transilvania che venne affidato alla famiglia Zápolya e Ferdinando II ottenne l’Ungheria Reale che comprendeva l’odierna Croazia Occidentale con annessi gli adiacenti territori e la Slovacchia. Tralasciando l’articolato periodo che dal 1526 vide l’Islam dominare, si arriva alla cruciale battaglia di Vienna, del 12 settembre 1683 e la successiva azione tesa a riconquistare Buda. Brevemente, il due settembre 1686 Abdurrahman Pascià perì sotto l’impeto dell’ultimo assalto cristiano, Buda, come scrisse Marco d’Aviano, dopo 145 anni era tornata cristiana. Nel 1699 termina definitivamente la guerra dell’Impero Asburgico contro l’Impero Ottomano, il 26 gennaio, Austria, Polonia, Russia e Venezia, firmano a Carlowitz la pace con i turchi. Gli Asburgo ottennero l’Ungheria, la Transilvania, la Croazia e la Slavonia. L’illusione di uno stato Ungherese autonomo si infranse con le reali condizioni sancite a Carlowitz, i vecchi principi, la nobiltà terriera, i vari domini signorili, ma anche la popolazione colta, si opposero a questa annessione-integrazione che disattendeva quella aspirazione di indipendenza a cui miravano gli ungheresi con la volontà di poter preservare la propria cultura, le proprie tradizioni, la propria lingua. Ciò ricordato, il primo ministro ungherese Orbán ha espresso la volontà di rafforzare l’identità autoctona ipotizzando la creazione di “un ordine costituzionale basato su basi nazionali e cristiane”, allo scopo di stabilire dei presupposti idonei ad ostacolare un’islamizzazione anche europea.

Ed è proprio all’Europa che Viktor Orbán muove le principali accuse di “incomprensione” riguardo all’afflusso migratorio islamico, indicando la Commissione Europea come un “simbolo di fallimento”. La non sintonia tra l’Ue e Budapest, è stata rimarcata anche dalla Commissione della capitale belga, che alcuni mesi fa ha fatto ricorso, alla Corte di Giustizia dell’Ue, contro l’Ungheria, circa le leggi sui migranti. Fidesz, il partito rappresentato da Orbán, esplicita programmi conservatori, nella difesa della cultura cristiana, come ricordato messa nel passato in serio rischio, affermando che: “i migranti illegali, quindi non rifugiati, sono una forza d’invasione musulmana e che un numero cospicuo di musulmani crea inevitabilmente società parallele, perché le comunità cristiane e musulmane non sono integrabili”. Tale “modalità Politica” ha riscosso consensi in molte aree d’Europa: in Austria, Italia, Polonia, Germania ed altre. Nella lettura di un quadro generale, va rilevato che l’Ungheria dedica particolare attenzione anche alla comunità ebraica, al fine di renderla sicura, avendo ridotto ai minimi storici i fenomeni di incidenti a carattere antisemita; infatti le istituzioni ebraiche di Budapest agiscono senza “filtri” mentre Amnesty International “protegge” le sue attività osservando cautela e riservatezza; è anche grazie a questa politica di interesse verso il mondo ebraico che l’Ungheria ha egregi rapporti con Israele.

Ma non c’è solo l’immigrazione islamica clandestina nel “mirino” sovranista, ma anche il “mondialismo” particolarmente rappresentato dal connazionale George Soros; infatti Orbán ha promulgato una legge sulle Ong e sui centri universitari stranieri, conosciuta come “Stop Soros”, inducendo il Magnate a chiudere la sua fondazione denominata Open Society Foundations a Budapest e trasferirla a Berlino. I media occidentali spesso reagiscono con critiche, mirate specialmente alla politica estera legata a Putin, altro difensore dell’identità cristiana e giudicata, anche quella Russa, una “democrazia illiberale”. Alla Stampa internazionale desta qualche perplessità anche la capillare presenza del partito Fidesz nella società, che viene interpretata come un atteggiamento politico post comunista che richiama l’”età” sovietica (1922-44/1944-1991).

Il sovranismo, letto populisticamente, semplicisticamente e dogmaticamente, può presentare vari “difetti”, ma forse una sua analisi contestualizzata sia geograficamente che storicamente, potrebbe scaturire riflessioni più vaste. Va ricordato che ciclicamente le correnti politiche sovraniste (tanto per utilizzare questo termine), con tutti i loro collegamenti, diventano delle “necessità sociologiche”, che nascono ed assumono un valore in determinati momenti storici, avendo presente che gli ungheresi hanno sofferto sia l’occupazione islamica che l’annichilimento della propria identità e che, ad esempio, la Francia, che non ha subito tali vicissitudini, è forse la massima espressione del connubio tra nazionalismo e sovranismo. Dopo le elezioni europee si vedrà se il “Gruppo di Visegrád” avrà una espansione.

Aggiornato il 22 maggio 2019 alle ore 14:29