Il Congo ha finalmente il suo Capo di Governo, Sylvestre Ilunga Munkamba

Félix Tshisekedi, dopo 5 mesi dalla vittoria elettorale e quattro dalla sua investitura a Presidente della Repubblica Democratica del Congo, è riuscito a nominare il primo ministro; il settantaquattrenne Sylvestre Ilunga Munkamba, ha accettato il grande onere di essere responsabile dell’Esecutivo congolese. Il nuovo Premier non è di poca esperienza, e la sua nomina è stata il frutto di difficili negoziati specialmente con il neo eletto Presidente, che come sappiamo, ha un peso politico condizionato dai consensi ottenuti da Kabila che a marzo, in accordo con Tshisekedi, aveva affermato l’impegno di formare un governo di coalizione, considerando che il partito di Kabila ha ottenuto 342 dei 485 seggi del Parlamento.

Il ruolo di Joseph Kabila è stato determinante anche in questo caso, infatti Munkamba è una sua proposta, che verosimilmente otterrà successo anche se risulta accettata con “discreta” sofferenza da Tshisekedi. Il neo Capo di Governo, Ilunga Munkamba, non è il massimo della rappresentanza del “New Deal” auspicato, ma i presupposti, al di là delle promesse elettorali, non hanno mai fatto prevedere uno “spoils system”, un azzeramento della passata “nomenclatura”; infatti questo laureato in economia, ha percorso la sua carriera, oltre che come docente universitario a Kinshasa, anche come collaboratore e consigliere del dittatore Sese Seko Mobutu. L’abilità di Sylvestre Ilunga Munkamba possiamo riscontrarla, oltre che nell’avere operato “bene” nell’era “cleptocratica mobutiana”, anche nei ruoli strategici avuti con l’ex presidente Kabila, suo attuale sponsor, infatti nel 2014 è stato incaricato di dirigere la Compagnia ferroviaria nazionale.

Va inoltre ricordato che Munkamba ha un’altra caratteristica importante da aggiungere al suo “profilo”, quella di provenire dall’area geografica da cui arriva Kabila che è la regione del Katanga, elemento di valore etnico-culturale di notevole importanza. Come era ipotizzabile, lentamente ma in modo determinato ed efficace, l’ex presidente sta collocando i suoi uomini nei gangli vitali della Repubblica, iniziando proprio dai ministri, proseguendo poi con i governatori. Che i rapporti interpersonali tra i vertici della Rdc siano molto articolati, lo si evince anche ricordando la figura di Moïse Katumbi, ricco uomo d’affari congolese ed ex governatore del Katanga, costretto all’esilio, in epoca kabiliana, dopo una condanna a tre anni di carcere per una truffa immobiliare, poi annullata perché non commessa. Katumbi è il maggiore sostenitore politico ed economico della campagna elettorale di Martin Fayulu (che ancora rivendica la vittoria, considerandosi il “presidente eletto”), il contendente alle presidenziali di Tshisekedi, ed è da poco rientrato dall’esilio dopo un lungo negoziato tra Fayulu e Kabila. Come si può notare tracciare una linea di demarcazione che possa porre da un lato e dall’altro elementi utili ad una analisi politica tendenzialmente logica e distinguibile, richiede accurate analisi: negoziati, interessi, regole, compromessi, ambizioni, caratterizzano questa fase di costruzione governativa, tenendo presente che durante le trattative “interne”, i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale erano presenti in loco (il presidente dell’Fmi Christine Lagarde aveva già avviato, ad aprile a Washington, contatti con Tshisekedi) dove stavano vagliando i conti pubblici al fine di riprendere ed implementare i rapporti con lo Stato africano interrotti nel 2012.

La Francia, tanto per non restare fuori dalle dinamiche congolesi, tramite il suo ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, dopo una serie di “cambi di fronte politici”, causati anche dalla posizione statunitense a favore del neo presidente, ha manifestato la disponibilità di devolvere 300 milioni di euro da destinare ad azioni “umanitarie” alla Rdc, avallando le elezioni, prima osteggiate, definendole una vera dimostrazione di espressione democratica. Al momento in cui tutto il sistema dei bilanciamenti politici sarà riequilibrato, Félix Tshisekedi, Sylvestre Ilunga Munkamba, Joseph Kabila, ma anche Martin Fayulu e Moïse Katumbi, dovranno affrontate Ebola, il nemico numero uno della Repubblica del Congo, che ha ucciso, negli ultimi sei mesi del 2018, circa 1200 persone.

La settimana scorsa Tedros Adhanom Ghebreyesus, uno dei massimi rappresentanti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ha coordinato una azione specifica sul Congo al fine di pianificare un’azione sul territorio più efficace di fronte a questa pandemia. L’epidemia di febbre emorragica da Ebola, è stata riscontrata nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri, ed è la più grave accertata sul territorio congolese dal 1976. Se è vero che Ebola contamina e uccide la popolazione è anche vero che in molti contesti sociologici l’approccio della popolazione con la malattia è complesso: rifiuto dell’esistenza del virus, superstizione, rassegnazione, ignoranza, contribuiscono a creare un effetto collaterale, altrettanto grave, che il disturbo mentale, meno percepito dalla globalità degli osservatori, ma sempre più diffuso e pericoloso. I rappresentanti del “nuovo Congo” dovranno organizzarsi per combattere l’aspetto sanitario della febbre emorragica, ma anche l’aspetto corruttivo, ambedue capillarmente diffusi e con drammatiche caratteristiche endemiche. 

Aggiornato il 27 maggio 2019 alle ore 14:17