Boris Johnson è il nuovo leader dei conservatori britannici

Boris Johnson è il nuovo leader dei Tory. Domani sarà premier. Sostituisce la malinconica Theresa May. Nel suo primo messaggio dopo le primarie interne al partito dichiara che “la campagna è finita e il lavoro comincia adesso”. Dopodiché, individua il principale avversario: il Partito laburista di Jeremy Corbyn. Infine, la Brexit. Tema incandescente su cui è caduta la premier uscente. “Bisogna realizzarla entro il 31 ottobre e unire il Paese”.

Il 55enne ex sindaco di Londra, ha avuto la meglio sull’altro candidato finalista, il ministro degli Esteri Jeremy Hunt, ottenendo 92.153 voti, il 66 per cento delle preferenze. Il rivale, Hunt, ha riportato 46.656 voti, fermandosi al 34 per cento. La partecipazione al voto è stata dell’87 per cento, su una platea di 159mila iscritti al Partito conservatore.

“So che ci sarà chi contesterà la saggezza della vostra decisione”, ha attaccato Johnson. Il nuovo leader ha parlato della necessità di “ridare energia al Paese e al partito e di essere positivi”. La portavoce della Commissione europea Natasha Bertaud si congratula con Johnson, anche a nome del presidente uscente Jean-Claude Juncker. La Commissione Ue “intende lavorare con lui nel miglior modo possibile”. Donald Trump esulta. “Congratulazioni a Boris Johnson – twitta – che diventa il nuovo primo ministro del Regno Unito. Sarà grande!”.  

Il leader del Brexit Party, l’euroscettico Nigel Farage, si congratula, manifestando scetticismo: “Auguro il meglio a Boris Johnson, ma avrà il coraggio di attuare davvero la Brexit il 31 ottobre come obiettivo di vita o di morte?”.

Di tutt’altro tono il tweet di Jeremy Corbyn. “Boris – scrive – ha ottenuto il sostegno di meno di 100mila membri del Partito conservatore non rappresentativi (del Paese), promettendo tagli di tasse per i più ricchi. Il popolo deve decidere chi debba diventare in un’elezione generale”.

Anche la neoleader degli europeisti LibDem, Jo Swinson, critica il nuovo capo dei Tory: “Boris Johnson – twitta – ha avuto alla fine nelle sue mani le chiavi del numero 10 di Downing Street, ma ha dimostrato a più riprese di non essere adeguato per l’ufficio di primo ministro”. La leader è pronta, attraverso il suo partito, a creare “un’alternativa a nazionalismo e populismo”.

Intanto, l’ex premier britannico Tony Blair, attacca Johnson. “Non credetegli – dice – nonostante le sue minacce, anche lui si piegherà a un secondo referendum sulla Brexit”. Secondo Blair, nonostante le dichiarazioni muscolari contro l’Europa e per l’uscita dall’Ue il 31 ottobre con o senza accordo, Johnson sarà costretto a rivolgersi nuovamente al popolo.

“Perché – spiega Blair – Boris punta all’eliminazione del backstop (la clausola Ue nell’accordo Brexit per preservare la fluidità del confine tra le due Irlande, mantenendo Belfast ancorata alle regole europee) per guadagnare il consenso dei Tory euroscettici. Ma l’Europa, per proteggere la pace laggiù, non cederà mai. Inoltre, sono certo che Johnson non rischierà mai il No Deal, la pericolosa uscita senza accordo dall’Ue, senza l’approvazione del Parlamento. È troppo pericoloso per la sua carriera. E siccome il Parlamento non accetterà mai il No Deal, un secondo referendum sulla Brexit sarà la soluzione”.

Per Blair, “C’è una differenza tra il populismo di Trump o di Salvini, e quello di Johnson. Le parole di Trump, molto spesso, non corrispondono ai fatti, nel senso che la sua mi sembra un’amministrazione simile a quelle precedenti americane, vedi su immigrazione o Iran. Oppure prendiamo Salvini: in Italia ha tanto urlato contro l’euro, ma poi la cruda realtà lo ha riportato sulla Terra. Il populismo di Johnson, invece, secondo me è più pericoloso di quello di Trump o Salvini, perché è concentrato su un solo punto, sulla Brexit. Per questo, Johnson sta andando pericolosamente oltre. Ma non riuscirà a rompere l’unità dell’Ue sulla Brexit: sarebbe un’umiliazione troppo grande per l’Europa”.

Aggiornato il 23 luglio 2019 alle ore 17:49