Bolivia: caos istituzionale dopo le dimissioni di Morales

lunedì 11 novembre 2019


“È confermato! Esiste un ordine di cattura per Evo Morales!”. Sono queste le parole pronunciate da Luis Fernando Camacho, leader del Movimento dei comitati civici che ha portato alle dimissioni di Evo Morales. Via Twitter Camacho, presidente del ‘Comité pro Santa Cruz’, ha aggiunto che “la polizia ed i militari lo stanno cercando nel Chapare, luogo dove si è nascosto. I militari gli hanno tolto l’aereo presidenziale e lui è nascosto nel Chapare, e lo cercano! Giustizia!”. In un secondo tweet Camacho ha ringraziato “i movimenti sociali e le popolazioni indigene che ci hanno appoggiato in questa lotta. La nostra lotta non è con le armi ma con la fede”.

La Bolivia ora vive una situazione di preoccupante crisi politica. Il presidente della Bolivia Morales ha annunciato ieri le dimissioni dal suo incarico alle 16.51 locali (le 21.51 italiane). Morales non ha però lasciato la Bolivia, come inizialmente avevano ipotizzato fonti giornalistiche locali. L’aereo presidenziale sul quale Morales è stato visto imbarcarsi da La Paz lo ha condotto nella città di Chimorè, nel dipartimento di Cochabamba, da dove il presidente ha annunciato la decisione di dimettersi. I media locali avevano ipotizzato che il presidente Morales fosse diretto in Argentina.

Morales ha formulato una breve dichiarazione in cui ha confermato la sua rinuncia alla presidenza. “Ho l’obbligo – ha spiegato – di operare per la pace. E mi fa molto male che ci si scontri fra boliviani. Mi fa male che alcuni comitati civici e partiti che hanno perso le elezioni abbiano scatenato violenze ed aggressioni. È per questa ed altre ragioni che sto rinunciando al mio incarico inviando la mia lettera al Parlamento plurinazionale”. Il comandante dell’esercito boliviano, generale Williams Carlos Kaliman Romero, aveva chiesto al presidente Evo Morales di “rinunciare al suo mandato” per “il bene della nostra Bolivia”. Morales ha deciso di dimettersi dopo la sua contestata rielezione. È stato accusato dall’opposizione boliviana di aver scatenato “un’ondata di violenza”.

Morales è tornato a parlare via Twitter, attaccando Luis Fernando Camacho e Carlos Mesa, l’ex presidente della Bolivia ora leader del partito Comunidad Ciudadana. “Sono due cospiratori – ha scritto – e passeranno alla storia come razzisti e golpisti. Il mondo e i patrioti boliviani ripudiano il colpo di stato”.

Oltre a Morales, si sono dimessi il suo vice Alvaro Garcia Linera, i presidenti di Senato e Camera, ed anche del primo vicepresidente del Senato. In base alla Costituzione boliviana, la lettera di rinuncia di Morales deve essere accettata o respinta dal plenum del Parlamento, in una riunione che avrebbe dovuto essere convocata dal vicepresidente Garcia Linera, che però non lo ha fatto. In mancanza di una indicazione esplicita costituzionale e di fronte alle dimissioni di tutte le massime cariche dello Stato appartenenti al governativo Movimento al socialismo (Mas), la responsabilità di assumere transitoriamente la presidenza della Repubblica ricadrebbe ora, secondo i giuristi, sulla seconda vicepresidente del Senato, Jeanine Anez di Unidad democratica (Ud), che ha indicato ai media di essere disponibile e di voler raggiungere La Paz in giornata.

La Costituzione prevede che nella riunione del Parlamento dovranno essere immediatamente eletti i nuovi presidenti di Senato e Camera, e poi convocate nuove elezioni entro 90 giorni. Una ulteriore complicazione viene poi dal non trascurabile fatto che il Mas ha la maggioranza di due terzi in entrambe le Camere (25 dei 36 senatori e 88 dei 130 deputati) e che quindi senza la presenza dei suoi parlamentari non sarà possibile ottenere il quorum per aprire una sessione. Tecnicamente, senza la votazione del Parlamento di accettazione o rigetto della sua lettera di dimissioni, Morales rimane capo dello Stato a tutti gli effetti.

Le reazioni internazionali sono di tono opposto. La Russia descrive come un colpo di Stato il processo che ha portato alle dimissioni di Morales da presidente della Bolivia. Lo riporta l’agenzia Interfax citando una nota del ministero degli Esteri russo. Ma per il governo brasiliano di Jair Bolsonaro “non c’è stato nessun golpe” in Bolivia che abbia portato alle dimissioni di Evo Morales, mentre l’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha denunciato invece che “il compagno Evo è stato obbligato a rinunciare al suo mandato”.

“Profondamente preoccupato” della situazione che si è venuta a creare in Bolivia dopo le dimissioni del presidente Morales, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, “esorta tutte le parti coinvolte a ridurre le tensioni e a dare prova della massima moderazione”. In una nota diffusa dal suo portavoce, Guterres invita a rispettate il diritto internazionale e i principi fondamentali dei diritti dell’uomo. Chiede, inoltre, che tutti si impegnino in favore di una “soluzione pacifica dell’attuale crisi e per garantire elezioni trasparenti e credibili”. L’Onu ricorda come Morales, al potere da 13 anni, abbia annunciato le sue dimissioni dopo tre settimane di proteste popolari.

La Cina auspica una soluzione attraverso il dialogo della crisi in Bolivia. “La Cina ha notato il cambiamento in Bolivia”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang, per il quale Pechino “chiede alle parti di risolvere le differenze all’interno della cornice costituzionale”. L’obiettivo, ha concluso Geng in conferenza stampa, “è di ripristinare l’ordine il prima possibile”.


di Guglielmo Eckert