Elezioni in Spagna: socialisti senza maggioranza, boom di Vox

Elezioni numero quattro in quattro anni. La Spagna si trova ancora in una situazione di stallo. I socialisti ottengono più deputati di tutti, 120 quando è stato scrutinato il 99 per cento dei voti (in lieve calo rispetto ai 123 uscenti) ma tutt’altro che sufficienti per governare da soli. I popolari recuperano dal tonfo storico della primavera scorsa passando da 66 a 87. Ma è la destra di Vox a segnare il boom, raddoppiando i seggi, dai 24 ottenuti con il voto del 28 aprile a 52.

È un dato clamoroso. Il leader Santiago Abascal esulta: “Siamo la terza forza politica!”. Dopo le condanne emesse il 14 ottobre dal Tribunale supremo contro i leader di Barcellona, “Spagna Unita” è stato lo slogan di Vox. “Siete stati protagonisti dell’impresa più rapida e folgorante della politica spagnola”, scandisce davanti alla folla di sostenitori in un tripudio di bandiere spagnole. “Oggi – dice – si consolida una alternativa patriottica e sociale che chiede l’unità della Spagna”. E la folla risponde con cori di “Espana unida jamas sarà vencida”.

La formazione di sinistra Podemos è fortemente ridimensionata. Passa da 42 deputati a 35, e Ciudadanos crolla, da 57 seggi a 10, al sesto posto, cedendo il passo anche a Esquerra Republicana che si assesta al quinto posto con 13 seggi.

A questo punto la domanda è la solita: si riuscirà a formare un governo? Pedro Sanchez è chiara difficoltà. Restare alla Moncloa con una maggioranza chiara appare incerto. Pablo Iglesias, il leader di Podemos parla, fuori tempo massimo, della “necessità storica” di una coalizione di sinistra per fermare l’destra. E con un messaggio a Sanchez ribadisce quel “tendiamo la mano al partito socialista” ripetuto ai seggi nella giornata elettorale. Ma la vera ipotesi in campo è un governo di minoranza socialista, con l’astensione dei popolari. Una sorta di Grosse Koalition in salsa spagnola.

Aggiornato il 11 novembre 2019 alle ore 13:01