Iran-5 Stelle: l’ora delle risposte

Iran, la rivolta è già finita? Sembrerebbe di sì, stando ai Basiji, le milizie paramilitari impiegate dal regime khomeinista per sedare l’ondata di proteste scoppiate nei maggiori centri del Paese in seguito alla decisione del governo di aumentare il prezzo del carburante. Ancora con la bava alla bocca e nel pieno furore della repressione costata 200 morti, secondo Amnesty International, eccoli sfilare nelle strade della capitale Teheran, felici più che mai per aver difeso la loro rivoluzione fondamentalista dalla “guerra mondiale” sferrata dal solito triumvirato Usa, Israele, Arabia Saudita.

Non occorre dubitare che i Basiji credano davvero a una simile fandonia. La guida suprema, Ali Khamenei, e il generale pasdaran, Qasem Soleimani, hanno infatti efficacemente provveduto all’indottrinamento di tutte le forze che presuppongono alla sopravvivenza della Repubblica islamista, al punto da poterle scagliare contro la popolazione senza temere passi indietro e obiezioni di coscienza che ne impediscano l’uso della violenza. Vedremo nei prossimi giorni se Khamenei e Soleimani saranno riusciti effettivamente a piegare l’ennesima ribellione, in attesa del prossimo tentativo di far cadere il regime khomeinista al potere dal 1979.

Anche sul fronte iraniano in Italia, sono state settimane calde. Il silenzio del premier, Giuseppe Conte, e del ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio, è risuonato su tutti i giornali di opposizione al Governo giallorosso, che si era invece particolarmente speso nell’osteggiare l’invasione anticurda della Siria lanciata dalla Turchia di Recep Tayyip Erdoğan. Soltanto parole, perché alla minaccia delle sanzioni e dell’interruzione delle relazioni nel settore difesa, non è stato dato finora alcun seguito. Ma perché tanta solidarietà per i diritti umani dei curdi e indifferenza verso quelli degli iraniani?

L’Italia è da sempre il miglior amico in Europa del regime khomeinista. Specie negli ambienti di centrosinistra, Teheran ha sempre trovato interlocutori e sponde autorevoli. Da Romano Prodi a Massimo D’Alema fino a Matteo Renzi, che offrì un assaggio della sua idea di “Italia Viva” facendo coprire le nudità artistiche italiane agli occhi del presidente presunto “moderato” Hassan Rouhani. Per non parlare di Federica Mogherini, autentica pasionaria della Repubblica islamista.

Il centrodestra, d’altro canto, pur non sconfessando la linea politico-diplomatica tradizionale, ha sempre preso maggiori distanze da Teheran, evitando dimostrazioni di amicizia e solidarietà. Il rifiuto di Silvio Berlusconi d’incontrare Mahmud Ahmadinejad in visita a Roma gli valse lo sdegno di molti personaggi negli ambienti di centrosinistra, che a distanza di anni ricordano l’episodio come uno “sgarro” da parte italiana.

Da par suo, sull’Iran il nuovo corso pentastellato in politica estera già presenta diversi punti oscuri su cui sarebbe interessante fare piena luce. A che titolo il sottosegretario agli Affari esteri, Manlio Di Stefano, il 13 novembre ha incontrato l’ambasciatore del regime khomeinista a Roma? Di Maio, capo “politico” di Di Stefano nel Movimento Cinque Stelle e ancor più suo diretto superiore alla Farnesina, ha lasciato intuire il suo stesso imbarazzo quando, il 14 novembre, di fronte alle Commissioni agli Affari esteri di Camera e Senato riunite, ha ammesso che Di Stefano non avrebbe potuto (e dovuto) recarsi all’ambasciata iraniana come rappresentante del Governo, non essendo ancora state assegnate ufficialmente le deleghe ai sottosegretari. Tuttavia, Di Maio era al corrente che la visita si sarebbe svolta? Se sì, perché non lo ha impedito? Se Di Stefano non poteva ancora operare ufficialmente nelle vesti di sottosegretario, a che titolo ha incontrato l’ambasciatore del regime khomeinista e perché?

Il rafforzamento delle relazioni economiche e della cooperazione in Siria e nello Yemen, assicurate da Di Stefano all’affabile e sorridente ambasciatore, rientrano forse in un’altra agenda di politica estera, quella del fondatore Beppe Grillo? È Grillo che Di Stefano inopportunamente rappresentava?

Già Beppe Grillo e le sue relazioni pericolose con l’Iran, di cui giullarescamente aveva fatto già sfoggio in passato. Si veda, a tal proposito, l’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 25 giugno 2012, in cui difende la pratica delle impiccagioni pubbliche ed elogia la condizione della donna (si riferiva molto probabilmente solo alla sua consorte, omettendo di menzionare la grande maggioranza delle donne iraniane, che continua a resistere all’imposizione del velo e alle discriminazioni del regime khomeinista, con prigione e torture riservate a numerose attiviste per i diritti umani).

I punti interrogativi restano e i diretti interessati, malauguratamente al Governo dell’Italia, hanno il dovere di fornire delle risposte.

Aggiornato il 25 novembre 2019 alle ore 10:27