Niger, circa 70 soldati nigerini massacrati dai jihadisti dello Stato islamico

Lo Stato islamico del Grande Sahara (Isgs), sempre più spavaldo ed organizzato, martedì ha massacrato circa settanta soldati dell’esercito nigerino. L’attacco alla base militare di Inates nell’ovest del Niger, ha causato alle Forze militari nigerine la sua più grave e pesante perdita di soldati dal 2015 ed il maggiore successo “militare” ai gruppi jihadisti saheliani. Il presidente nigerino Mahamadou Issoufou ha fatto comunicare dallo speaker del ministero della Difesa un rapporto, letto sulla tv nazionale, con il quale ha dichiarato che: “Purtroppo, ci rammarichiamo nel dover informare il seguente record: 71 soldati uccisi, 12 feriti, molti dispersi ed un numero significativo di terroristi neutralizzati”.

La “battaglia di Inates” è stata di una violenza inusuale ed è durata circa tre ore: “… combinava il fuoco di artiglieria con l’uso di kamikaze, che con mezzi motorizzati si facevano esplodere all’interno del fronte di difesa nigerino”; il portavoce del ministero, ha poi aggiunto che i jihadisti erano pesantemente armati e in numero di diverse centinaia. Da quanto risulta da osservazioni sulle tattiche militari jihadiste, si evince che l’equipaggiamento in dotazione ai terroristi ha una efficacia pari a quella dell’”esercito regolare”; l’utilizzo di Rpg e di armi a lunga gittata ribadisce quanto menzionato in un mio precedente articolo dove evidenziavo “un fornitore unico” delle “attrezzature belliche”. Inoltre risulta che i bombardamenti a distanza dei jihadisti hanno puntualmente colpito i depositi di munizioni e di carburante dell’esercito nigerino, denotando la consapevolezza della dislocazione dei “punti strategici” avversari; verosimilmente informazioni provenienti dall’”interno”.

Dal punto di vista diplomatico, tale grave evento, ha indotto il presidente nigerino Issoufou ad interrompere la partecipazione alla Conferenza sulla “Pace sostenibile, sicurezza e sviluppo in Africa” ​​che si sta tenendo al Cairo, per rientrare nella capitale Niamey dove ieri ha presenziato una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale che ha decretato lo “stato di emergenza” per tre mesi, era dal 2017 che non si verificava tale necessità. La misura adottata dal “Consiglio” conferisce ulteriori poteri alle forze di sicurezza nei teatri delle operazioni, che comprendono l’eventualità di operare con blitz diurni e notturni nelle civili abitazioni; l’interdizione agli spostamenti e viaggi nelle aree soggette a rischio; inoltre anche alle organizzazioni umanitarie è stato formalmente vietato visitare determinate aree senza scorta militare.

Inates è situata in una di quelle zone che definisco di “mercato globale”, inteso non come concetto occidentale, ma come definizione “centro africana”, dove tutto è commerciabile e tutto è reperibile; la regione è afflitta da un commercio di “contrabbando monopolistico” e da ogni tipo di “traffico”, attraendo di conseguenza, un’umanità articolata e spregiudicata. Proprio in quest’area il primo di luglio, diciotto soldati nigerini furono assassinati da uno di quei gruppi jihadisti che fanno riferimento all’Isgs.

Il presidente francese Emmanuel Macron, in accordo con il suo omologo nigerino Mahamadou Issoufou, ha annunciato il rinvio, all’inizio del 2020 con data da definire, del vertice con i leader dei cinque Paesi del Sahel (Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania), programmato per il sedici dicembre a Pau. Che la situazione nell’area dei “tre confini” (Niger, Mali, Burkina Faso) abbia assunto un livello di criticità elevato a causa della sempre più organizzata azione militare jihadista, lo si nota osservando le dinamiche dell’”operazione” nel suo complesso: il giorno precedente all’attacco di Inates, in una offensiva contro un campo militare nella regione occidentale di Tahoua, vicino a Tillabéri e vicino al Mali, le milizie jihadiste hanno fatto un nuovo “test” alle loro capacità “aggressive”, causando alcuni morti tra le fila dei soldati nigerini e lasciando sul campo una decina di jihadisti. L’attacco ad Inates eseguito dai jihadisti a gruppi di circa venti unità alternati a gruppi meno numerosi, con moto e mezzi tattici veloci, ha causato, oltre i circa settanta morti ed una trentina di feriti, anche il rapimento di una cinquantina di soldati nigerini, che verosimilmente saranno “convertiti” al jihadismo.

La pianificazione dell’aggressione denota una raffinata “strategia” militare; va considerato che l’area saheliana è oggetto di attacchi jihadisti sistematici nonostante la fortissima presenza militare nigerina, francese e americana, la quale non impedisce incursioni jihadiste sempre più audaci, mostrando il Sahel come un’area con i “bordi sempre più porosi” al jihadismo, tutto ciò accompagnato dalle pressanti incursioni del gruppo islamista nigeriano di Boko Haram nel sud-est.

Aggiornato il 13 dicembre 2019 alle ore 14:05