La fine della presenza ebraica in Europa?

Il 3 dicembre, l’Assemblea nazionale francese ha approvato una risoluzione che adotta la definizione di antisemitismo formulata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA). Il testo rileva che la definizione “comprende le manifestazioni di odio verso lo Stato di Israele giustificate dalla mera percezione di quest’ultimo come collettività ebraica”. Il deputato Meyer Habib, che ha appoggiato la risoluzione, ha pronunciato un discorso appassionato e toccante, nel quale ha sottolineato l’entità della minaccia antisemita nella Francia odierna e gli stretti legami tra l’odio contro gli ebrei e l’odio per Israele:

“Dal 2006, dodici francesi sono stati assassinati in Francia perché ebrei. Sebbene gli ebrei rappresentino meno dell’uno per cento della popolazione, metà degli atti di razzismo compiuti in Francia vengono perpetrati contro gli ebrei. L’antisionismo è una demonizzazione ossessiva di Israele e un abuso della retorica antirazzista e anticoloniale per privare gli ebrei della loro identità”.

E Habib ha aggiunto che è stato molto difficile ottenere i voti necessari per approvare la risoluzione, e questo a causa di una generale mancanza di “coraggio politico” – purtroppo, una qualità spesso assente in Francia, quando si tratta di antisemitismo e di Israele.

I leader politici francesi dichiarano spesso che la lotta all’antisemitismo è della massima importanza; lo dicono ogni volta che nel Paese viene ucciso un ebreo. L’unica forma di antisemitismo che sembrano però pronti a combattere è l’antisemitismo di destra. Essi si rifiutano di vedere che tutti gli ebrei uccisi o aggrediti in Francia dal 2006 sono stati vittime di antisemiti musulmani – e non hanno mai detto una parola a riguardo. Sembrano voler nascondere l’antisemitismo radicato nel Corano e negli Hadith, rafforzato negli anni Trenta dall’amicizia dei nazisti con il Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, sotto un odio musulmano nei confronti degli ebrei basato su una presunta avversione musulmana “legittima” verso i “crimini sionisti”.

I leader politici francesi pare che si rifiutino di vedere anche un’altra forma di antisemitismo che è in aumento: l’antisemitismo di sinistra. Ed è proprio questo tipo di antisemitismo che utilizza la maschera dell’antisionismo per diffondere l’odio antiebraico.

I leader politici francesi non menzionano mai il modo in cui i media mainstream francesi parlano di Israele o le conseguenze di quegli articoli e reportage che descrivono costantemente – e falsamente – Israele come un Paese malvagio, i cui soldati quotidianamente uccidono con disprezzo gli arabi e i cui cittadini “occupano illegalmente“ dei territori (nonostante gli ebrei siano lì da più di 3000 anni) che potrebbero appartenere a un altro popolo che privano crudelmente di tutto.

I leader politici francesi non criticano gli articoli e i reportage anti-israeliani: il modo in cui la maggior parte di loro parla di Israele è non meno anti-israeliano dei peggiori articoli anti-Israele. Lo stesso governo francese non fa di meglio. Quando gli ebrei israeliani vengono uccisi in un attacco terroristico, il governo francese pubblica una dichiarazione ”condannando” l’attacco ed esortando Israele a “dare prova di moderazione” e ad evitare di “innescare un ciclo di violenza”. Quando un attacco ha luogo nella parte orientale di Gerusalemme o in Cisgiordania, la dichiarazione aggiunge che “Gerusalemme Est” e la Cisgiordania sono ”Territori palestinesi occupati illegalmente da Israele”. È un modo per dire che gli ebrei non dovrebbero essere lì, che le vittime sono i colpevoli e che coloro che li attaccano avevano delle buone ragioni per farlo.

Il 12 novembre, quando il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato che le comunità ebraiche nei territori contesi non violano il diritto internazionale, il governo francese ha immediatamente emesso un comunicato affermando che “la politica israeliana di colonizzazione nei Territori palestinesi occupati è illegale ai sensi del diritto internazionale, in particolare, secondo il diritto internazionale umanitario”.

Questa reazione è in linea con le posizioni assunte dal governo francese negli ultimi anni: quando il presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e ha trasferito lì l’ambasciata americana, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che il trasferimento è stato un “grave errore” e ha sottolineato che l’ambasciata francese sarebbe rimasta a Tel Aviv, la pseudo-capitale di Israele. Un comunicato ufficiale ha aggiunto che la Francia è “amica della Palestina” e appoggia “la creazione di uno Stato palestinese, con Gerusalemme come sua capitale”. La Francia non riconosce Gerusalemme come parte del territorio di Israele: il consolato francese a Gerusalemme viene definito nei documenti ufficiali francesi come “il consolato francese a Gerusalemme”; il termine “Israele” è omesso. Quando i cittadini francesi residenti in Israele si recano alle urne, i voti di quelli che vivono a Gerusalemme vengono conteggiati separatamente dai voti di coloro che risiedono altrove in Israele.

L’Institut du Monde Arabe, finanziato dal governo francese e dai Paesi arabi, ha aperto i battenti nel cuore di Parigi, nel 1987: i convegni e le mostre lì organizzati sono spesso intrisi di odio anti-israeliano. Attualmente, a una mostra intitolata “AlUla, meraviglia dell’Arabia”, i visitatori potevano vedere una carta geografica in cui l’intera terra di Israele era coperta dall’espressione “Territori palestinesi”. In seguito alle proteste delle organizzazioni ebraiche, il termine Israele è stato finalmente aggiunto accanto all’espressione “Territori palestinesi”.

Quasi tutti gli omicidi degli ebrei in Francia non sono stati commessi da antisemiti musulmani, ma per mano di musulmani che identificano ingiustamente gli ebrei francesi con “Israele, considerato come uno Stato criminale”. Mohamed Merah, l’assassino degli alunni ebrei di Tolosa, ha detto a un poliziotto di aver ucciso i bambini ebrei perché “gli ebrei uccidono i bambini palestinesi” e che aveva visto “numerosi reportage trasmessi dalla televisione francese che mostravano ciò”. Le sue parole non hanno indotto il governo francese a chiedere alle emittenti tv francesi di fare più attenzione per evitare tutto ciò che potrebbe essere considerato come un incitamento all’odio e all’omicidio.

Oggi, Meyer Habib è uno dei pochi parlamentari a denunciare l’antisemitismo, l’antisionismo, i pregiudizi anti-israeliani nei media francesi e le posizioni anti-israeliane del governo francese e di molti politici. Habib riceve spesso minacce di morte, pertanto, la sua famiglia e lui devono vivere sotto costante protezione della polizia. Egli rappresenta i cittadini francesi che vivono all’estero – in Israele, in Italia e in Turchia. Non poteva essere eletto in nessuna parte del territorio francese.

Habib ha inoltre dichiarato che la risoluzione del 3 dicembre è solo una risoluzione. Soltanto una minoranza di deputati ha votato a favore della proposta. L’unico motivo per cui è stata approvata è che molti parlamentari hanno deciso di astenersi. Diversi deputati hanno votato contro e hanno ribadito di essere orgogliosamente “antisionisti”. Ad ogni modo, non essendo la risoluzione una legge, non avrà conseguenze.

I media francesi, i leader politici e il governo non cambieranno le loro posizioni ostili nei confronti di Israele. Nessun leader politico appoggia Meyer Habib od osa contraddire le dichiarazioni del governo francese riguardanti Israele, se non per dire che il governo francese è ancora troppo pro-Israele.

Mentre in Francia ha luogo un rapido cambiamento, i media del Paese, i leader politici e il governo si comportano di conseguenza. La popolazione ebraica francese diminuisce – costituisce lo 0,6 per cento della popolazione totale – e non ha alcun peso politico. La popolazione musulmana francese sta rapidamente crescendo – e rappresenta più del 12 per cento della popolazione complessiva del Paese. È diventato praticamente impossibile vincere un’elezione in Francia senza contare sul voto musulmano.

Le poche persone che ancora criticano l’Islam e l’antisemitismo musulmano in Francia vengono vessate impietosamente dalle organizzazioni islamiche e soprattutto vengono duramente condannate dai tribunali. Il 4 dicembre scorso, un procuratore ha chiesto alla Corte di condannare Christine Tasin, presidente del movimento anti-islamico, Résistance républicaine. Nel giugno del 2017, la Tasin scrisse un articolo in cui affermava: “Gli atti anti-musulmani di rabbia saranno inevitabili a breve o a medio termine in tutti i Paesi europei, compresa la Francia, che stanno subendo un’invasione musulmana” e “l’Islam può essere incompatibile con la civiltà occidentale”. La Tasin è stata accusata dal Collectif contre l’islamophobie en France (CCIF) di incitamento al “terrorismo anti-musulmano”. Il CCIF, è un’organizzazione creata dai musulmani di Francia, il ramo francese dei Fratelli Musulmani. Il procuratore ha dichiarato che l’accusa mossa dal CCIF era “perfettamente valida” e che la Tasin aveva “bisogno di una lezione”. Potrebbe essere la prima persona in Francia a finire in prigione per il “reato” di “islamofobia”.

Numerosi partecipanti alla manifestazione islamica e di sinistra contro “l’islamofobia”, tenutasi a Parigi il 10 novembre, hanno scandito esplicitamente slogan antisionisti, come “Israele assassino” e “La Palestina vincerà”. Diversi manifestanti portavano bandiere palestinesi e di Hamas. Al contrario, a una manifestazione inscenata una settimana dopo per denunciare il terrorismo islamico hanno partecipato meno di duemila persone.

Il 30 ottobre, a Parigi, quando il presidente Macron ha inaugurato il Centre européen du judaïsme, ha citato tutti gli ebrei uccisi di recente in Francia. Non ha però ricordato i nomi degli assassini. Si è limitato a denunciare la “bestia immonda”, un’espressione coniata da Bertolt Brecht e ora utilizzata spesso in Francia per incriminare i simpatizzanti nazisti. Ha menzionato le minacce poste da “coloro che vogliono seminare l’odio e la divisione” e ha espresso il suo sostegno ai musulmani feriti in un fallito attentato alla moschea di Bayonne, nel sud-ovest della Francia. Ha parlato positivamente di un’epoca in cui gran parte della Spagna era musulmana, e ha affermato che lì, in Andalusia, “gli ebrei, nonostante il loro status di dhimmi, svilupparono una cultura straordinaria”.

La saggista Barbara Lefebvre ha ravvisato in queste parole una forma di necrologio degli ebrei – un’accettazione della dhimmitudine [essere governati sotto l’Islam come cittadini “tollerati” di terza classe, talvolta pagando un’imposta “di protezione”] e della sottomissione che ne deriva. Ha scritto che “evocare la peste bruna e le ore buie della nostra storia per ricordare che la minaccia cui sono esposti gli ebrei che vivono in Francia è un insulto storico, commemorativo e politico”, e che il discorso di Macron ha spianato la strada alla condanna degli ebrei francesi a “ lasciare il Paese o a chiudersi in una bolla comunitaria, come i dhimmi nella terra dell’Islam”.

In Europa, la Francia non fa eccezione. L’antisemitismo sta avanzando in tutto il continente, e spesso assume una colorazione mediorientale. Tuttavia, le autorità parlano solo dell’“antisemitismo di destra”.

In Germania, l’Ufficio federale della Protezione della Costituzione ha condotto uno studio che analizza gli attacchi musulmani perpetrati nel Paese, nel 2017, contro gli ebrei – ma ha esplicitamente rifiutato di dire che questi attacchi erano antisemiti, per attribuirli piuttosto alle “convinzioni culturali e religiose che gli immigrati musulmani portano con loro” in Germania.

Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha aggiunto, come se fosse una scusa, che i musulmani che arrivano in Germania “provengono da Paesi in cui i potenti incitano all’odio nei confronti degli ebrei e di Israele”. Uno studio condotto nel Regno Unito dall’Institute for Jewish Policy Research ha mostrato che l’antisemitismo è molto più diffuso tra i musulmani britannici che fra gli altri cittadini del Paese – ma lo studio è stato segnalato solo sulla stampa ebraica britannica.

L’antisemitismo di sinistra è presente in tutta Europa. I suoi adepti, come in Francia, fanno del loro meglio per nascondere e proteggere l’antisemitismo mediorientale.

Nel Regno Unito, gli antisemiti sono entrati nel Partito Laburista attraverso la Sinistra. Il leader del Labour Party, Jeremy Corbyn, è stato di recente accusato dal rabbino capo britannico Ephraim Mirvis di “razzismo antiebraico”.

Anche la maggior parte dei più importanti media europei è anti-israeliana, come i grandi media francesi. A luglio, Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germaniaha dichiarato che un articolo pubblicato dalla rivista Spiegel ha utilizzato dei “cliché antisemiti” per diffamare Israele. E questo non è l’unico articolo del suo genere nella stampa tedesca. Shuli Davidovich, addetto stampa dell’ambasciata di Israele a Londra, affermava una decina di anni fa:

“Senza dubbio, alcuni giornali non attribuiscono mai alcun credito a Israele (...) per alcune persone, soprattutto in quotidiani come il Guardian, il volto umano degli israeliani non esiste. Quando si tratta di Israele, è sempre l’elmetto, il fucile, l’aggressore, l’occupante”.

Oggi, non è cambiato nulla. Il Guardian pubblica spesso articoli a sostegno del boicottaggio economico e culturale di Israele. L’analista Manfred Gerstenfeld ha notato la crescente abbondanza di vignette antisemite che ora accompagnano gli articoli anti-israeliani pubblicati dalla stampa europea. Tali vignette, egli ha rilevato, abbondano in Norvegia, un Paese dove vivono soltanto 700 ebrei. Molte caricature norvegesi, ha spiegato Gerstenfeld, raffigurano gli ebrei come “parassiti”, esattamente come avviene nella stampa dei Paesi musulmani.

La maggior parte dei leader politici europei è ostile a Israele come lo sono i leader politici francesi. L’Unione Europea difende ostinatamente l’idea che Israele debba tornare alla linea armistiziale del 1949, spesso definita come “i confini del 1967”. L’UE afferma che Israele occupa illegalmente “i Territori palestinesi”. Ogni volta che Federica Mogherini, vicepresidente della Commissione europea fino a novembre scorso, parla del Medio Oriente, definisce Israele una “potenza occupante”. Il suo successore, Josep Borrellsi esprime a favore del riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese da parte dell’Unione Europea. “L’Iran vuole spazzare via Israele;” egli ha dichiarato, “non c’è nulla di nuovo in questo. Dobbiamo conviverci”. Nove dei 28 Stati membri dell’Unione Europea – Svezia, Cipro, Malta, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Romania – riconoscono uno “Stato di Palestina”, ma ignorano il fatto che l’Autorità Palestinese non ha mai rinunciato al proprio piano di annientare Israele e prendere il suo posto, e non ha mai smesso di compiere atti di terrorismo.

La trasformazione demografica che ha luogo in Francia si registra altresì in tutta l’Europa occidentale e la crescente sottomissione all’Islam viene silenziosamente accettata quasi ovunque dalle autorità di governo. I partiti politici contrari all’islamizzazione sono spinti ai margini. Alcuni leader dell’Europa centrale – il primo ministro ungherese Viktor Orbán, il premier polacco Mateusz Morawiecki e il presidente della Repubblica Ceca, Miloš Zeman – sono gli unici a rifiutare esplicitamente l’islamizzazione dei loro Paesi e ad adottare delle misure per frenare l’immigrazione musulmana. Costoro vengono spesso condannati dai leader dell’Europa occidentale che vogliono costringerli ad accogliere migliaia di immigrati.

I report mostrano, senza sorprese, che l’aumento del numero di immigrati musulmani ha portato a una forte crescita dell’antisemitismo.

Nel 2018, l’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali ha condotto un sondaggio sugli ebrei di 12 Paesi europei in cui si registra la maggiore presenza ebraica. I dati raccolti hanno mostrato che “il 28 per cento degli intervistati ha subìto qualche forma di molestia perché ebreo”; “il 47 per cento teme di subire insulti o molestie antisemite e il 40 per cento si preoccupa delle aggressioni fisiche”; “negli ultimi cinque anni, il 38 per cento ha considerato l’idea di emigrare per motivi di sicurezza”.

Un altro studio, condotto nel 2011 dall’Università di Bielefeld, in Germaniaha mostrato che il 40 per cento degli europei adulti era d’accordo con questa affermazione: “Israele si comporta con i palestinesi come i nazisti con gli ebrei”.

In un articolo titolato “Judenrein Europe”, il commentatore politico americano Joel Kotkin ha scritto che tutti i dati disponibili mostrano che l’odio anti-ebraico e i pregiudizi anti-israeliani continueranno a diffondersi in tutta Europa e che ciò potrebbe significare la fine della presenza ebraica nel continente:

“Per millenni, dopo la distruzione del Secondo Tempio e l’inizio della diaspora, l’Europa ha ospitato la maggior parte degli ebrei del mondo. Questo capitolo della storia è chiuso. Gli ebrei continuano a fuggire dal continente e alla fine del secolo tutto ciò che resterà della loro presenza saranno i cimiteri ebraici”.

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 16 gennaio 2020 alle ore 12:56