Coronavirus: in Iran la confusione regna

La “cappa di piombo” che dal 1979, data della nascita della Repubblica Islamica dell’ayatollah Rouhollah Khomenei, l’accigliato imam sciita, sovrasta il “cielo” dell’Iran, sta allargando le sue “crepe” scoprendo uno Stato in enorme difficoltà politica e sociale. Nemmeno l’uccisione del generale Qasem Soleimani, avvenuta a Bagdad il 3 gennaio di quest’anno (blitz Usa), ha compattato, sotto un unico sentito “affronto”, l’insoddisfatto e frastornato popolo iraniano. Non bastasse il successivo 8 gennaio, l’improvvisata contraerea iraniana ha abbattuto, con due missili M1-Top, un Boeing ucraino con 176 persone a bordo, per la maggior parte i passeggeri erano iraniani. Ora anche l’epidemia di coronavirus, che sta flagellando l’Iran con modalità particolarmente aggressive, sta allargando, forse in modo permanente, quelle “crepe” sull’oscurantismo “persiano”, svelando un improvvisato sistema politico-sanitario che vacilla sotto la “pressione virale”. La gestione dell’epidemia da parte di un regime che ha ampiamente esaurito il suo “credito” politico ed etico nei confronti della popolazione, accelera il processo di una nuova crisi di fiducia, anche alla luce dei risultati delle elezioni di venerdì 21 febbraio, dove i “conservatori” hanno dilagato sui governati “riformisti”.

Lunedì le autorità hanno confermato dodici morti nel Paese a causa del coronavirus, ma un deputato della città santa di Qom, Ahmad Amirabadi Farahani, citato dall’agenzia di stampa iraniana Ilna (Iranian Labour News Agency), ha rivelato che solo in questa città si contano almeno cinquanta morti, con decessi giornalieri continui. Amirabadi Farahani ha accusando le autorità politico-sanitarie iraniane di mentire alla popolazione (e ovviamente ai mass media mondiali), chiedendo di porre in quarantena la città di Qom dove, secondo le sue dichiarazioni, il Covid-19 era già stato individuato tra la fine di gennaio ed i primi di febbraio, molto prima degli annunci ufficiali di circa una settimana fa.

Indipendentemente dal quadro reale, l’Iran è ora il Paese in cui l’epidemia ha ucciso la maggior parte delle persone al di fuori della Cina. Spetta ora alla politica iraniana fare fronte ad una crisi sanitaria che richiede un alto livello di “impegni”, non solo sanitari, ricordando però che Teheran ha mentito spudoratamente fino alla insostenibilità della menzogna, sulle “origini” dello schianto del Boeing dell’Ucraina International Airlines.

Anche l’Iran, come l’Africa è impreparata ad affrontare l’epidemia. Appurato che le notizie dall’Iran sono scarse, imprecise e “filtrate” da affermazioni ufficiali insincere, la Repubblica islamica è un crocevia “di dinamiche umane e commerciali” strategiche per tutta l’area arabo-asiatica e che a causa dello sconsiderato ritardo nella reazione al contagio, sta favorendo la diffusione del Covid-19 ad una serie di Paesi vicini. Molti di questi Stati sono a livello sanitario mal equipaggiati e la popolazione scarsamente informata. Lavoratori migranti, pellegrini religiosi, uomini d’affari, soldati ed intellettuali, passano costantemente attraverso le frontiere dell’Iran, spesso percorrendo rotte o attraversando villaggi con assenti o scarsi controlli, penetrando, poi, in Paesi con governi “vaghi”, deboli e inefficaci e con sistemi sanitari nemmeno minimali.

Gli analisti dell’Oms avvertono che il coronavirus potrebbe diffondersi dall’Iran in tutto il Medio Oriente. L’Iran ora lotta per contenere la diffusione del coronavirus, ma sta emergendo anche come il secondo punto focale dopo la Cina per la diffusione della malattia. Già stanno conclamandosi casi negli Emirati Arabi Uniti, in Afghanistan, in Iraq, nel Kuwait, in Bahrain, in Libano, in Oman ed anche uno in Canada, tutti hanno avuto “matrice virale” in Iran, ma seguendo questa linea si teme che anche altre Nazioni possano essere infettate.

Fonti dell’Oms, dell’Afp (Agence France Press), della britannica Reuters, ma anche una semplice analisi “geopolitica”, suggeriscono che il Medio Oriente è il luogo ideale per generare una pandemia a causa della costante circolazione sia di pellegrini musulmani che di lavoratori itineranti che potrebbero essere vettori inconsci del virus. L’economia iraniana è stata soffocata dalle sanzioni, anche per una visione della società e della politica agli antipodi rispetto a quella dello Scià; il popolo ha perso la fiducia nel proprio governo ed i suoi rappresentanti sono alienati da gran parte della politica e della diplomazia mondiale, anche a causa della tragica ambiguità nel mostrare l’entità dell’epidemia.

La città santa di Qom in Iran è oggi come la città di Wuhan in Cina, vista la posizione dell’Italia nella “orrenda classifica del campionato Covid-19”, per etica personale e per amor di Patria non oso indugiare su questi parallelismi.

Aggiornato il 25 febbraio 2020 alle ore 11:44