Boko Haram “primo attore” del jihadismo del Sahel

Il Lago Ciad si sta rafforzando come trampolino di lancio per la propagazione del jihadismo, di matrice Boko Haram, nell’area del Sahel. Vari gruppi jihadisti stanno consolidando il proprio potere nell’area dei tre confini: Niger, Burkina Faso e Ciad.

Il punto di riferimento terroristico salafita è lo Stato islamico del Grande Sahara, “proiezione politica” dell’Isis, ma confluiscono in questo vortice jihadista la maggior parte delle formazioni estremiste islamiche del panorama afro-arabo.

Da alcuni mesi il gruppo jihadista di Boko Haram ha intensificato le sue incursioni terroristiche oltre la “canonica” area nord nigeriana; dal Camerun a tutta la regione del Lago Ciad, invadendo anche aree dove la presenza jihadista, sotto altra “bandiera” è già presente.

Il 25 marzo, una comunicazione ufficiale del Presidente del Ciad, Idriss Deby Itno,  in carica dal 1º dicembre 1990, ha informato di un attacco avvenuto martedì, a Boma nella Regione del Lac, nel quale 92 soldati dell’esercito ciadiano, sono stati uccisi da un’incursione dei miliziani del gruppo Boko Haram.

In quella tragica occasione ha dichiarato il presidente Itno ai corrispondenti di Africanews, uno dei principali canali televisivi centro-sub sahariani ed a una televisione ciadiana, di essersi recato personalmente sul posto del massacro, per "inchinarsi difronte ai corpi dei 92 soldati morti”, aggiungendo che era "la prima volta che ha perso così tanti uomini”. 

La morte dei soldati dell’esercito regolare è sicuramente grave, ma il fattore principale di preoccupazione, forse maggiore di quello  numerico, è quello che riguarda l’aspetto dell’“indebolimento psicologico” dei soldati stessi.  Gli aiuti militari internazionali e transnazionali del Barkhane, del Minusma (missione multidimensionale integrata delle Nazioni Unite) e dell’Eucap (supporto nel Sahel alla modernizzazione delle forze dell’ordine), risultano non sufficienti a contenere né la perdita dei militari né il controllo del territorio.

Inoltre, nel già conclamato caos sociologico e politico, dove, come già detto in miei precedenti articoli, si fa fatica a distinguere i ruoli dei “regolari” da quello dei terroristi, alcuni agenti e militari presenti in loco, in anonimato, hanno dichiarato che il pedaggio pagato in vite umane è molto più grave; inoltre affermano che i jihadisti si sono appropriati degli efficienti equipaggiamenti in dotazione ai  militari uccisi, e che, come “consuetudine”, avrebbero rapito i soldati regolari, che senza dubbio, a meno che non vengano usati a fini di riscatto, diventeranno jihadisti.

I “banditi” jihadisti del Boko Haram, imperversano da oltre 10 anni nel Nord della Nigeria, ma in questi ultimi tempi utilizzano alcuni isolotti del lago Ciad come “enclave” inespugnabile e irraggiungibile. Questa area lacustre che confina con Ciad, Nigeria, Niger e Camerun, utilizza le paludose rive come vantaggio per il loro isolamento e per la loro protezione dalla polizia del Ciad e degli Stati limitrofi. 

È proprio in questa aera paludosa che si sono verificati gli scontri tra l’esercito del Ciad ed i miliziani del gruppo Boko Haram; i combattimenti a Boma sono durati più di 8 ore; a causa del terreno paludoso l'esercito ciadiano di rinforzo si è impantanato, ed oltre a rallentare l’aiuto ai commilitoni, è stato attaccato in una condizione di precaria possibilità di difesa. Strategicamente il gruppo salafita ha agito con estrema perizia.  

Fonti media riferiscono che: “Il nemico ha inferto un duro colpo al nostro sistema di difesa in quest'area”, sembra che siano stati distrutti circa venti mezzi dell’esercito, inclusi veicoli corazzati, mentre la dotazione militare è stata recuperata e portata via da elementi di Boko Haram con alcuni motoscafi.

Secondo le Nazioni Unite le azioni terroristiche di Boko Haram hanno causato, in un decennio, la morte di oltre 36mila persone ed un numero di profughi che potrebbe superare abbondantemente i 2milioni, localizzati prevalentemente nel nord-est della Nigeria.

Oltre le su citate agenzie di difesa internazionali, da cinque anni gli Stati che si “affacciano” in questa regione sono coadiuvati, nella lotta contro i jihadisti, anche dal Mnjtf (Multinational Joint Force) che è una coalizione regionale impegnata nell’area del Lago Ciad; anche in questo caso l’ausilio di gruppi di “autodifesa e vigilanza”, nei quali sono “arruolati” gli abitanti del luogo, da una maggiore, anche se condizionata, possibilità di controllo del territorio.

Secondo un recente rapporto pubblicato dalla Ong Amnesty International, tutti gli Stati del Sahel contano centinaia di vittime civili causate dalle violenze jihadiste.

Una riflessione va fatta, anche per un futuro “esame”, sul ruolo che il gruppo di Boko Haram sta assumendo in aree tradizionalmente “non di sua competenza”; considerato che la “visione globale” di una società islamica salafita e jihadista, regolata dalla sharia, non è “probabilmente” la vera motivazione che determina la volontà di estendere il potere, ma il traffico di droga, di esseri umani, di armi ed il contrabbando, sono le cause trainate delle ambizioni dei jihadisti, è verosimile che i gruppi terroristici che fanno riferimento allo Stato islamico sahariano, non possano tollerare questa “invasione di campo” degli omologhi di Boko.

Guerre tristemente di “sapore” antico, le cui vittime contribuiscono a determinare una delle più gravi crisi umanitarie esistenti anche se poco se ne parla o affatto; nella speranza che detti conflitti non raggiungano i tempi della guerra di Arauco.

Aggiornato il 26 marzo 2020 alle ore 13:01