Il Burkina Faso assediato dal jihadismo

Lo Stato islamico del Grande Sahara lentamente e subdolamente estende il suo brutale abbraccio nelle aree periferiche del Burkina Faso. La foresta chiamata Tapoa-Boopo situata nella zona orientale del Paese a circa trecento chilometri dalla capitale Ouagadougou, è diventata il fulcro degli attacchi dei jihadisti che nella loro opera di conversione, terrorizzano i semplici abitanti dei poveri villaggi presenti nell’area.

Il villaggio di Nassougou, ubicato nella regione orientale del Burkina Faso, può essere preso ad esempio in quanto, da informazioni locali, risulta che da alcuni giorni è assediato da organizzazioni jihadiste che stanno cambiando radicalmente la vita di questi abitanti. La modalità operativa dei terroristi islamici locali è ormai conosciuta: si presentano nei villaggi come predicatori di Dio, costringono alla conversione gli abitanti che spesso sono animisti, ma anche di un cristianesimo sfumato e diluito nella loro cultura tribale, e nelle loro consuetudini di fede, applicano la sharia, uccidono o cacciano chi è recalcitrante, e spesso rapiscono, violentano e schiavizzano giovani donne. I più fortunati riescono a fuggire verso la capitale della regione, Fada N’Gourma, ma pagando il gravoso pegno di abbandonare tutto, compresa la loro storia. Così in questi ultimi mesi, decine di villaggi isolati sono rimasti intrappolati in questo vortice di violenza, che annichilisce le loro tradizioni e annulla i loro ancestrali equilibri, restando vittime delle violenze psico-fisiche di gruppi armati che nel nome di una religione che forse disconoscono, danno sfogo alle loro complesse contraddizioni ed alla loro articolata lettura della “vita religiosa”.

Le testimonianze sia locali che di alcune forze di sicurezza riportano che i terroristi usano issare la bandiera nera, utilizzata dello Stato islamico con impressa l’iscrizione della shahâda (testimonianza) ed il sigillo di Maometto, all’ingresso dei villaggi, dove la carne di maiale e l’alcool vengono vietati e dove le donne sono obbligate ad indossare il velo. La lotta degli estremisti islamici contro le comunità va oltre le restrizioni dettate dall’imposizione di un salafismo jihadista personalizzato, in quanto la battaglia è diretta anche e soprattutto contro “l’istruzione” e le istituzioni, infatti i maestri di scuole con impostazione laica, i funzionari dello Stato ed ogni simbolo lontano dall’islamismo radicale è combattuto; da ciò gli insegnati e gli impiegati pubblici sono costretti anch’essi a sfuggire per non rischiare la morte.

Quindi, quando le restrizioni non sono applicate per il rischio pandemia, in verità per vari motivi quasi ignorata, le limitazioni vengono attuate per motivi di sicurezza sociale; il risultato è che nella regione orientale quasi cinquecento scuole sono state chiuse a causa dell’insicurezza prima ancora della diffusione mediatica del coronavirus. Oggi nel villaggio di Nassougou la scuola elementare è diventata la base logistica dei jihadisti, sempre testimonianze locali affermano che sono stati attivati degli improvvisati check-point jihadisti dove molti avventori, ma soprattutto uomini dello Stato vengono identificati e spesso eliminati.

L’assenza e la debolezza dello Stato è tuttavia il fattore di massima gravità, sia per una questione di sovranità sul territorio, sia per la percezione di abbandono che il popolo della nazione percepisce. L’uccisione di una decina di jihadisti e l’arresto di circa quaranta sospetti complici, avvento alcuni giorni fa in una operazione antiterroristica congiunta tra gli eserciti del Burkinabé e Ivoriano in una zona al confine tra i due Paesi, è una delle risposte alle aggressioni dello Stato islamico.

Nell’operazione denominata Comoé dal nome del fiume che attraversa i due Paesi, secondo fonti Afp (Agence France Press), è stata distrutta la base terroristica di Alidougou in Burkina Faso e arrestati alcuni terroristi nel nord-est della città di Ferkessedougou in Costa d’Avorio, i fermati sono stati poi consegnati ai servizi d’intelligence ivoriani; sono state sequestrate chiavi Usb, telefoni cellulari, armi e munizioni.

Il generale Moïse Miningou, capo dello team del Burkinabé ha dichiarato alla stampa che l’unione dei due eserciti ha permesso di circondare i terroristi impedendo ogni possibilità di fuga e che l’operazione Camoé è solo all’inizio. Tuttavia l’operazione ha mostrato una falla con l’arresto del capo della gendarmeria di Kong, che ha dato informazioni sul programma dell’attacco ad un civile e secondo fonti di sicurezza e quanto scaturito dall’indagine, tale gesto ha probabilmente consentito ad alcuni jihadisti di scampare all’arresto o di essere eliminati.

Ricordo che nel territorio dei tre confini, Burkina Faso, Niger e Ciad e generalmente nell’area saheliana, i limiti tra la legalità e l’illegalità espressi dallo Stato sono molto labili; la polizia civile di autodifesa, in altri articoli da me trattata, anche se riconosciuta dallo Stato, agisce svincolata dalle leggi, accanendosi spesso contro i civili per i più svariati motivi, mostrando il vero punto debole che è spesso all’interno delle istituzioni.

Aggiornato il 01 giugno 2020 alle ore 11:07