Il fallimento dell’esportazione della democrazia in Africa

lunedì 24 agosto 2020


 

Spesso si discorre sulla mancanza della democrazia in Africa e nel Vicino oriente. Tali ragionamenti legano queste vaste aree del Pianeta al concetto ed all’ipotesi della esportazione, in vari  modi, di sistemi democratici su popolazioni che hanno tradizioni tribali ed in molti casi religiosi, che rendono l’applicazione della democrazia molto difficile se non impossibile. Tuttavia molti di questi Stati utilizzano come “maschere liberali” i termini di Repubblica e Democratica, come attributi che precedono il nome della propria nazione. Fatto sta che dopo circa sessanta anni dall’indipendenza, formale ma non effettiva, della maggior parte degli Stati africani dal colonialismo, lo stato di diritto resta un utopia.   

Jacques Chirac, deceduto nel 2019, profondo conoscitore della politica africana, ha sempre sostenuto che l’Africa non era pronta per l’applicazione dei principi democratici occidentali, ed oggi alla vigilia di numerose elezioni politiche, la sua affermazione, dopo trent'anni di “esercizi” di democrazia, risulta ancora valida.

Mentre l’Africa occidentale si accinge ad affrontare una serie di elezioni presidenziali, le violenze, i soprusi, gli arresti, la scomparsa o l’assassinio di avversari politici, l’imbavagliamento dei media,  continuano, insieme alle “perpetue” rielezioni dei soliti presidenti, a determinare lo stallo della politica e la morte delle speranze di libertà post coloniali.

Le pseudo-democrazie africane sono affette da complessi difetti congeniti. In teoria e spesso in pratica, la Democrazia ovunque abbia messo radici, si è basata sullo Stato di diritto, fondato su una Carta Costituzionale che per essere efficace e duratura deve essere, elaborata “a caldo”, quindi sulle effettive esigenze sociali, senza tempo, impersonale e soprattutto non su misura. In Africa tali caratteristiche, se escludiamo alcune aree sud africane,  sono impossibili da riscontrate.

La maggior parte delle Costituzioni africane sono una mescolanza di varie costituzioni occidentali, farcite da articoli prettamente di interesse personale e legati a tradizioni locali; molto spesso la pigrizia intellettuale impedisce anche la personalizzazione della Carta, producendo un elaborato mosaico disarmonico e carente nella struttura.

Va anche sottolineato che i parametri antropologici, socioculturali e politico-economici, non sono paragonabili a quelli dei Paesi a cui si fa riferimento per attingere alle Carte costituzionali, quindi produrre una Costituzione taglia e incolla è solo creare una illusione di averne una. Inoltre tali Carte costituzionali dovrebbero essere osservate da una popolazione prevalentemente povera ed analfabeta, di conseguenza organizzare elezioni con cicli regolari, oltre che risultare spesso insostenibile economicamente per lo Stato, sono anche poco capite ed affrontate con vaghezza. Cosi nonostante le Costituzioni copiate, la forma più economica e più sicura per la gestione e la detenzione del potere è il Colpo di Stato e la permanenza decennale dei Presidenti al potere della Nazione.

Le costituzioni africane derivano in gran parte dalle ceneri e dai fallimenti dei movimenti politici degli anni '90; questi partiti eredi della decolonizzazione, non erano in grado di costruire Stati moderni, ma Stati semifeudali, patrimoniali ed etnici. Infatti lo Stato era indiscutibile e sovrano, ed il suo leader, chiamato Presidente, aveva risorse pubbliche da sfruttare a suo piacimento, con diritto di vita e di morte sui suoi sudditi. Il leader, una volta che il Colpo di Stato avesse avuto successo, poteva concedersi tutti i poteri, essere nominato maresciallo come Mobutu nell'ex Zaire o cambiare la forma dello stato, che divenne impero, come per Bokassa nella Repubblica Centrafricana.

Le pseudo-democrazie emerse negli anni '90 non hanno fatto tesoro dei trenta anni precedenti, all'opposto hanno alimentato e peggiorato le divisioni etno-regionaliste-religiose in Stati che non erano ancora nazioni consolidate, essendo i loro confini un'eredità della Conferenza di Berlino del 1885. Così la Democrazia etnica ha sostituito, forse fisiologicamente, quelle bozze di Democrazie nazionali. Ricordo Alpha Blondy cantante ivoriano che agli inizi degli anni ’90 dedicò una canzone proprio alle pratiche democratiche intitolata "La democrazia non è tribalismo". Questi paesi si trovarono con dozzine di partiti politici, si creò così il fenomeno del business democratico, perché la realizzazione e la registrazione di un partito dà i diritti e i titoli per poter usufruire sia di finanziamenti pubblici che di credibilità politica, anche se il numero dei membri dichiarati appartenenti al partito è di fantasia.

L’invenzione politica delle famose Commissioni elettorali cosiddette "autonome" o  "indipendenti", ha frenato e frena la proliferazione partitica, ma la creazione di questi mastodonti burocratici che dovrebbero regolare l'organizzazione di elezioni eque e trasparenti, è tuttavia all'origine di molte crisi pre e post elettorali, come nella Repubblica Democratica del Congo, o nel Benin, o in Costa d’Avorio, o come recentemente in Mali, dove tra l’altro, sono stati impegnati negli anni molte decine di miliardi di Franchi CFA, decine di milioni di euro. Così tutta la classe politica sia al potere che all’opposizione cerca di prendere il controllo di queste strutture, specialmente per ricevere indennità di commissione o ricchi  gettoni di presenza.

In conclusione la creazioni delle Commissioni elettorali ha estromesso le istituzioni giudiziarie composte da Magistrati e da periti del diritto, dalla gestione di questi organi, dando l’autorità decisionale a personaggi che spesso sono analfabeti o quasi; aspetti che accomunano, nei principi, l’Africa, in carenza cronica di democrazia, a molte parti dell’occidente con sempre meno aspetti democratici ed una forma di “analfabetismo contemporaneo” dilagante.

 


di Fabio Marco Fabbri