Erdogan minaccia Atene: “Ankara prenderà ciò che le spetta”.

Nessun compromesso. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan alza la voce e minaccia Atene: “Ci prenderemo quello che è nostro. Eviti errori che la porterebbero sulla strada della rovina. Se vuole pagare un prezzo, che venga ad affrontarci”, altrimenti “si tolga di mezzo”. È una sfida a distanza ravvicinata quella che si gioca nelle acque del Mediterraneo orientale, nata dalla disputa per l’esplorazione turca di idrocarburi all’interno della Zona economica esclusiva greca (non riconosciuta da Ankara). Una sfida così ravvicinata, con flotte navali e aeree che partecipano ad esercitazioni contrapposte - a cui prende parte anche l’Italia al fianco di Francia, Grecia e Cipro - da aver trasformato lo specchio di mare in una polveriera.

Il dossier del Mediterraneo orientale è una questione così rovente da essere diventata l’argomento di primo piano alla riunione informale dei ministri della Difesa dell’Ue, a cui era presente anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg che, arbitro nella lite tra alleati, ha richiamato alla “distensione” e al “dialogo”. Sulla stessa linea anche la raccomandazioni della tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer: “Occorre fare spazio per trovare una soluzione politica” e la Germania “sta lavorando alla mediazione a vari livelli”. Ma Grecia, Cipro, Austria e Francia e vari altri partner europei insistono sulla strada delle sanzioni. Un’opzione che sarà valutata già domani al consiglio dei capi delle diplomazie dell’Ue, quando l’Alto rappresentante Josep Borrell metterà tutte le carte in tavola.

La nuova escalation tra Atene e Ankara era iniziata poco dopo la firma dell’accordo di demarcazione marittima tra il governo greco e quello egiziano del 6 agosto, con la Turchia che aveva inviato la nave Oruc Reis per la ricerca di gas nelle acque dell’isola greca di Castelrosso. Un’intesa in netto contrasto con quella siglata a novembre tra Erdogan e il premier libico Fayez Al Sarraj per una spartizione del Mediterraneo orientale, in cambio di aiuto militare contro il generale Khalifa Haftar (sostenuto da Russia, Egitto ed Emirati).

Aggiornato il 27 agosto 2020 alle ore 13:03