Il Commonwealth dopo la Brexit

venerdì 28 agosto 2020


Tra gli obiettivi cardine del Commonwealth ritroviamo quello di stimolare il commercio tra i paesi membri per promuovere una sana crescita e una sostenibilità degli scambi commerciali che rispecchi l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Alcune recenti analisi elaborate dal Commonwealth evidenziano che gli investimenti e gli scambi esteri tra i vari membri vivono delle difficoltà a causa della mancanza di un sistema comune di risoluzione delle controversie giuridiche e per il dibattito poco attivo tra i componenti della comunità imprenditoriale dell’organizzazione. Numerose capacità comune di crescita economica restano inattive poichè la maggior parte delle piccole e medie imprese della comunità non intraprende iniziative di diffusione sui mercati internazionali.

Uno degli ostacoli al commercio internazionale è causato dall’incertezza della risoluzione delle controversie giuridiche. L’arbitrato commerciale internazionale è uno strumento che le aziende possono già utilizzare come avviene nel settore marittimo e in quello legato allo scambio di materie prime. La problematica evidenziata dagli esperti del Commonwealth riguarda più della metà dei paesi aderenti all’organizzazione internazionale che non dispongono strutture giuridiche ed economiche adeguate e un numero minore di stati non dispone di un quadro legislativo che contempli l’arbitrato commerciale.

Lo studio evidenzia soluzioni specifiche con inviti all’azione e all’adesione alla Convenzione di New York sui lodi arbitrali esteri con l’adozione di una moderna legge sull’arbitrato che sia legata al modello stabilito dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale. Ricordiamo che la Convenzione di New York fornisce un quadro certo e concreto per l’applicazione degli accordi di arbitrato ed è considerata lo strumento internazionale più importante per la pratica e lo sviluppo dell’arbitrato commerciale internazionale.

La problematica evidenziata dagli esperti del Commonwealth è rappresentata dal 30% degli stati membri dell’organizzazione che non aderiscono alla Convenzione. L’analisi degli esperti riporta: "I paesi che non hanno sottoscritto questi tratti distintivi con un moderno ed efficace arbitrato internazionale rischiano di perdere innumerevoli investimenti diretti esteri, perdite commerciali considerevoli causate dalla mancanza di un moderno regime di risoluzione delle controversie reso disponibile e applicabile a favore della comunità imprenditoriale e dei protagonisti del business”.

A causa degli innumerevoli e diversificati profili economici del paesi aderenti dall’Organizzazione del Commonwealth non sempre le scelte strategiche di export e tutela dell’ambiente risultano integrate e allineate. Gli esportatori di risorse come Canada, Australia, la maggior parte dei paesi dei Caraibi e dell’Africa sono legati economicamente ma non giuridicamente a paesi come il Regno Unito e l’India.

Attualmente, torna centrale il ruolo del Commonwealth così come ritorna centrale ripensare il ruolo che tale organizzazione può svolgere in tempi di post-Brexit. La Gran Bretagna può divenire paese capofila di un circuito variegato e vivace di stati in cui promuovere un’area di libero scambio ancora più forte di quella europea, un’area caratterizzata da una lingua e una storia comune. In tale percorso, l’adeguamento alle norme giuridiche moderne internazionali risulta di considerevole interesse per tutti gli stati che compongono il Commonwealth.


di Domenico Letizia