Putin minaccia l’intervento militare in Bielorussia

Nel giorno del Consiglio informale dei ministri degli Esteri dell’Ue, riuniti a Berlino dalla presidenza tedesca per affrontare in primis la situazione in Bielorussia, Vladimir Putin ha deciso di lanciare un messaggio (l’ennesimo) all’Europa. Inequivocabile. “Su richiesta del presidente Alexander Lukashenko - ha detto lo zar in televisione - abbiamo costituito unità di riserva delle forze di sicurezza pronte a intervenire nel caso scoppino violenze e si oltrepassino i limiti”.

Insomma, Putin ha fatto capire che è disposto a schierare gli scarponi russi sul terreno se in Bielorussia si arriverà a uno scenario ucraino. E nessuno potrà dire di non essere stato avvisato. La Bielorussia, d’altra parte, è troppo importante per Putin e chi pensa di poterla sfilare dall’orbita di Mosca senza conseguenze farebbe meglio a ricredersi. “Non c’è alcuna possibilità che il Cremlino abbandoni la posizione strategica chiave che la Bielorussia occupa”, mette in guardia su Twitter Dmitry Trenin, direttore del Carnegie Center di Mosca. Ma questo non significa che Putin non abbia capito che la situazione a Minsk non può andare avanti senza cambiamenti.

“Crediamo che tutti gli attori della crisi avranno abbastanza buon senso per trovare una via d’uscita con calma, senza estremismi”, ha detto Putin sottolineando che “chiaramente ci sono dei problemi, nel Paese, altrimenti la gente non sarebbe scesa in piazza... e se è scesa in piazza ora bisogna tenerne conto, ascoltarla, reagire”. Detto, fatto. Lukashenko per la prima volta ha ventilato l’ipotesi di aprire un canale di dialogo “con l’opposizione”, ma solo con la sua componente “ragionevole”. “Non parleremo con i mascalzoni che commettono oltraggi, che vagano per le strade gridando di volere il dialogo. Non vogliono alcun dialogo. Nessuna delle autorità si siederà con i manifestanti di strada”, ha dichiarato Lukashenko, sostenendo che è in corso un “massacro diplomatico” ai danni della Bielorussia.

Per il più che longevo leader (è in sella dal 1994) il Paese si trova in “una guerra ibrida” e probabilmente si riferisce alle pressioni (soprattutto da Europa ed Usa) per tenere nuove elezioni, così come chiesto dal Consiglio dell’opposizione e dalla sua leader Svetlana Tikhanovskaya. Putin è dall’inizio della crisi che si sgola intimando ai partner europei di non “ingerire” negli affari interni della Bielorussia. Salvo poi promettere “incrollabile sostegno” all’alleato “fraterno” - il che probabilmente comprenderà un miliardo di dollari per rifinanziare il debito di Minsk. E siccome chi d’ingerenza ferisce d’ingerenza perisce, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a sua volta ha invitato la Russia a “non interferire negli affari di uno Stato sovrano e indipendente”.

Intanto in Bielorussa le proteste continuano e il Consiglio dell’opposizione, capita l’antifona, ha emesso un nota in cui prega “tutti i partner stranieri di astenersi da dichiarazioni di sostengo alla società bielorussa o di promesse di aiuto al Consiglio”. Un bel cambiamento rispetto all’appello lanciato da Tikhanovskaya ai leader Ue in cui chiedeva di non abbandonare il risveglio della Bielorussia. Giusto una settimana fa.

L’Europa intanto sta valutando l’ipotesi di imporre sanzioni a Lukashenko e alla sua cerchia, ma non ci sono ancora i nomi. Se n’è discusso alla riunione informale a Berlino, dove i ministri degli Esteri hanno lavorato per definire quale cerchia di persone colpire e a quale livello. La decisione però non sarà presa a questa ministeriale e prima di arrivare all’entrata in vigore delle sanzioni il processo sarà lungo, secondo quanto è filtrato dalla riunione.

Aggiornato il 28 agosto 2020 alle ore 11:40