Trump vs Biden: too little, maybe not too late

Che dibattito è stato? Quasi normale, il che lo rende quasi straordinario. Qualche giorno fa al telefono ho cercato di spiegare al mio amico trumpiano Andrea Mancia come, al netto di tutto il vittimismo del suo idolo, la regola del microfono staccato avvantaggiasse notevolmente l’inquilino della Casa Bianca. Lui, come al solito, mi ha dato torto, salvo il fatto che mi darà ragione tra poco ma non potrà dirlo perché altrimenti si arrabbiano i suoi amichetti. La mia è una vitaccia.

Donald Trump meglio, molto meglio, dell’ultimo dibattito. Joe Biden appena sufficiente tranne quando parla per più di due minuti e quando ha guardato l’orologio per vedere quanto mancasse alla fine. Un gesto, non banale, che costò moltissimo a Bush padre nel suo dibattito townhall-style contro Bill Clinton. Ma quello era Bill Clinton, il 1992 e questo è Donald Trump e il 2020.

Biden ha, con alcune sbavature, evitato scivoloni clamorosi. Da qui alla fine deve solo sperare che l’early vote gli garantisca un vantaggio sufficiente e che non succeda nulla di clamoroso. È sembrato avere poche idee, confuse e un’unica piattaforma su cui chiedere il voto degli americani: sono una persona perbene, normale, educata.

Per il resto, l’unico dato politico vero è che The Donald ha ascoltato (un po’) Karl Rove (The Architect, sempre sia lodato) e ha disvelato il suo piano per restare a Pennsylvania Avenue: portare al voto la base repubblicana del partito. Non c’è un piano B, per vincere deve rifare il 2016, perché le altre strade – almeno a lui – sembrano impraticabili. Non ci sono state aperture verso gli indipendenti né tantomeno verso gli indecisi. Nel giorno in cui Mitt Romney dichiara di non aver votato per lui, non è una mossa neutra. È poco, molto poco. Ma non è detto sia troppo tardi.

(*) Tratto da The Right Nation

Aggiornato il 23 ottobre 2020 alle ore 12:46