Libia-Turchia: il ghiotto piatto della ricostruzione

La Libia sta attraversando un momento storico che richiama, sotto molti aspetti, l’epoca gheddafiana, quando occultamente o meno, molti capi di Stato facevano il “pellegrinaggio” a Tripoli. Il nuovo governo libico è ora quasi stordito da una idilliaca “euforia diplomatica”, costellata da un intenso calendario di visite di dignitari stranieri, alcuni più o meno consapevoli del motivo per cui si fanno certi incontri. Tra i “pellegrini”, come al solito, fa eccezione e si distingue Recep Tayyip Erdogan che, lunedì 12 aprile, ha ricevuto ad Ankara, in un pellegrinaggio dal percorso invertito, il primo ministro libico ad interim, Abdul Hamid Dbeibah, con al seguito una folta delegazione diplomatica composta da funzionari governativi e ben 14 ministri, tanto per dare l’idea della valenza dell’incontro.

I colloqui hanno prodotto, sostanzialmente, un nulla di nuovo a livello geopolitico, in quanto Tripoli e Ankara hanno confermato il loro discutibile impegno per la delimitazione marittima delle acque libiche sul Mediterraneo orientale. Infatti, gli accordi del 2019 che Ankara aveva concluso con il governo libico, creato e ovviamente riconosciuto dalle Nazioni Unite, con sede a Tripoli, fissavano i confini marittimi tra Turchia e Libia in una regione ricca di sacche di gas naturale. Tali intese non furono né riconosciute né accettate dagli altri Paesi, che si affacciano sul Mediterraneo orientale, aggravando ulteriormente i già drammatici rapporti con la Cirenaica del maresciallo Khalifa Haftar.

Proprio il testo dell’accordo ha autorizzato e quasi legittimato la Turchia all’intensa attività di perforazione, che ancora sta conducendo in aree che sono geograficamente situate nello spazio marittimo della Grecia e di Cipro. Proprio per la Grecia, che cerca di allontanare la Libia dall’influenza turca, questo momento si profila essere come una delle sue sfide più ardue nell’ambito della politica estera. Infatti, il pellegrinaggio che il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, ha compiuto martedì 6 aprile a Tripoli, ha dimostrato la difficoltà del compito. Uno splendido Erdogan, dopo l’incontro di Ankara, ha chiarito in un comunicato stampa congiunto con il leader libico Abdul Hamid Mohammed Dbeibah che “abbiamo rinnovato la nostra decisione in materia”, ribadendo l’accordo concluso nel 2019, confermato e sottoscritto anche da Dbeibah, che ha dichiarato: “Per quanto riguarda gli accordi firmati tra i nostri paesi, in particolare quello relativo alle delimitazioni marittime, ribadiamo che questi accordi poggiano su basi valide e servono gli interessi dei nostri due Paesi”.

Inoltre, lunedì ad Ankara sono stati sottoscritti, dai due governi, anche una serie di protocolli finalizzati a rafforzare la cooperazione economica, e altre azioni mirate allo sviluppo dello Stato nordafricano. Le dichiarazioni erano colme di entusiasmo, come sottolineato dal presidente turco: “Vogliamo rafforzare la nostra solidarietà e la nostra cooperazione, sosterremo il Governo di unità nazionale nello stesso modo in cui abbiamo sostenuto il precedente governo legittimo (di Tripoli)”. Questa ultima affermazione, visto il complesso e spregiudicato coinvolgimento della Turchia nel conflitto libico, crea perplessità e anche un po’ di inquietudine, ricordando che Ankara ha contrabbandato armi con la Tripolitania, infrangendo l’embargo internazionale e ha impiegato i mercenari siriani filo-turchi, composti anche da gruppi di “ex jihadisti”, contro l’esercito cirenaico di Haftar, che a sua volta era supportato dai mercenari Wagner filo-russi.

Comunque, da quanto emerge dagli accordi di Ankara, in Libia dopo dieci anni di distruzioni (nel 2011 la deposizione di Muammar Gheddafi), le aziende turche giocheranno sicuramente un ruolo importante nella sua ricostruzione, come confermato dal primo ministro libico Dbeibah, che martedì ha incontrato uomini d’affari turchi. Recep Tayyip Erdogan, nonostante la querelle con la Cina per la fornitura dei vaccini Coronavac forniti dalla Sinofarm, ha fatto sapere che la Turchia fornirà almeno 150mila dosi di vaccino alla Libia, duramente colpita non tanto dal Coronavirus, ma dalla debolezza delle sue martoriate strutture sanitarie. Erdogan ha anche tenuto a dichiarare che riaprirà il consolato a Bengasi, nella Libia orientale, “non appena le condizioni lo consentiranno”. Altro fattore, questo, di estremo interesse e controversa fattibilità, visto che è proprio contro l’esercito della Libia orientale che ha scatenato i suoi mercenari e le milizie jihadiste dell’ex Stato islamico.

Aggiornato il 15 aprile 2021 alle ore 11:32