Burkina Faso: tre europei sequestrati e uccisi

Il Burkina Faso si conferma una delle aree più pericolose dell’area del Sahel. Martedì 27, nell’area Est, un gruppo jihadista ha rapito due giornalisti spagnoli, David Beriain e Roberto Fraile, ed un irlandese, oltre un cittadino del burkinabé, del quale attualmente, secondo fonti del posto, non si conosce la sorte. La notizia è stata confermata subito dal premier spagnolo Pedro Sanchez che ha testimoniato la loro uccisione dopo il rapimento. Un alto funzionario dei servizi di sicurezza del Burkina ha informato che il terzo europeo, di nazionalità irlandese, è stato anche lui assassinato dai terroristi. Tuttavia, il Foreign Office di Dublino, ha comunicato, con la prassi seguita in questi casi, il contatto con i familiari del concittadino, il massimo supporto al consolato, rifiutando di commentare i dettagli dell’azione terroristica.

L’attacco del gruppo terroristico è stato effettuato nel tratto di territorio di Fada N’Gourma-Pama, ed ha avuto come obiettivo un gruppo di sorveglianza anti-bracconaggio, composta da militari occidentali e autoctoni, forestali, assistenti della fauna ed alcuni giornalisti. Come è di prassi le notizie sull’accaduto non coincidono completamente, ma fonti provenienti dalle forze di sicurezza del Burkina hanno comunque confermato che gli occidentali rapiti e uccisi erano “due spagnoli e un irlandese, tutti giornalisti che operavano per una Ong che lavora per la protezione dell'ambiente”. La tecnica di attacco è stata effettuata con modalità e mezzi ormai testati e metodici: uomini armati, equipaggiati con una dozzina di motociclette e con due pick-up tattici armati di mitragliatore. Le stesse fonti di sicurezza hanno anche precisato che i terroristi jihadisti, dopo l’aggressione, si sono impossessati delle armi della scorta, di un drone e dei pick-up su cui viaggiava il gruppo dove erano i giornalisti.

L’area definita dei “tre confini”, Niger, Burkina Faso e Mali, dal 2015 è afflitta da continui attacchi di matrice jihadista; dette aggressioni si confondono, nelle motivazioni ideologiche di voler ostentare l’appartenenza ad una “corrente sub-confessionale jihadista”, e la pura aggressione di stampo banditesco. Tuttavia, tutto si concretizza in furti e rapimenti a scopo di estorsione. I sequestri sono prevalentemente incentrati sugli stranieri, tramite i quali i terroristi innescano contrattazioni, che oltre a portare spesso denaro nelle loro casse, aprono complesse e “particolari” trattative con i negoziatori delle diplomazie straniere.

Questa zona del Sahel, negli ultimi anni, ha fatto riscontrare diversi sequestri di ostaggi stranieri perpetrati da gruppi jihadisti, molti “anarchici”, altri semi coordinati nel “calderone” dell’Isgs (Stato islamico nel Grande Sahara). Ricordo la coppia australiana rapita, la notte del 15 gennaio del 2016, a Djibo, al confine con Mali e Niger; Jocelyn Elliot fu liberata un mese dopo e consegnata, dai jihadisti, alle autorità nigerine, in condizioni psico-fisiche precarie; l’uomo risulta ancora disperso. L’azione fu apparentemente coordinata con gli attacchi alla capitale Ouagadougou, dove i jihadisti uccisero 30 persone e ne ferirono 71 in diversi attacchi in caffè, ristoranti e hotel ubicati sulla Kwame-Nkrumah Avenue, il centro della movida della capitale. Nel 2018, a dicembre, una coppia italo-canadese fu rapita sulla strada tra Bobo-Dioulasso e Ouagadougou. Rilasciati poi in Mali dopo più di un anno di prigionia.

Dal 2015, tra il Burkina Faso, Mali e Niger, le azioni violente dei jihadisti hanno causato oltre 1.600 morti e oltre un milione di sfollati. Le atrocità usate contro la popolazione sono rivendicate da vari gruppi jihadisti, tra cui il Gruppo di sostegno all’Islam e ai Musulmani (Gsim), affiliato allo Stato islamico nel Grande Sahara (Isgs) e ad Al-Qaeda, ma in realtà tali azioni hanno scopi che spesso con la religione hanno poco a che fare.

Aggiornato il 28 aprile 2021 alle ore 12:03