Ucraina: una sceneggiata geopolitica

La “questione Ucraina” campeggia pesantemente negli ultimi tempi sui media mondiali sostituendo, gradatamente, le notizie su quella che si sta finalmente conclamando come una “pandemia politica”, tenuta in piedi contro ogni minima logica e in assenza di una emergenza sanitaria vera, non mediatica, e solo in Italia. Ma sorvolando sulle parziali verità e sulle responsabilità dei fautori del disastro socio-economico ai danni della parte operosa del Paese, quello che ritengo sia osservabile è il monotono e banale atteggiamento degli Stati Uniti che ciclicamente utilizzano la menzogna per costruire il “nemico pubblico”.

Ciò sta nuovamente accadendo in queste ore verso la Russia. Infatti, dopo annunci di guerra, considerabili solo sviluppi del braccio di ferro diplomatico, ora la Russia viene accusata di continuare a schierare migliaia di soldati al confine con l’Ucraina per una “quotidiana e immediata” invasione. Il “mercoledì nero” che avrebbe, secondo i media Usa, ma purtroppo non solo, determinato l’inizio della “fine”, si è rappresentato come, non poteva essere diversamente, la solita “geosceneggiata”. Così l’esercito russo ha annunciato mercoledì la fine delle esercitazioni e la partenza dei soldati dalla Crimea, penisola annessa dalla Russia nel 2014, pubblicando un video che mostrava un ripiegamento dei mezzi militari carichi di attrezzature belliche. Inoltre la Bielorussia ha anche promesso, sempre mercoledì, che tutti i soldati russi schierati sul suo territorio nell’ambito delle manovre, avrebbero lasciato il Paese alla fine prevista di queste esercitazioni.

In tale scenario Washington aveva già manifestato agli inizi di gennaio una “variante sanzionatoria” diretta non solo alla Russia, ma anche ai suoi “Bojari”, cioè diretta alla “nomenclatura”. Avvertimenti, per ora, che evocano misure sanzionatorie specifiche contro i membri dell’élite russa e le loro famiglie, come confermato dal portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. Una prospettiva suffragata dal Regno Unito che, attraverso un comunicato del capo della diplomazia, Liz Truss, ha annunciato l’elaborazione di un disegno di legge che consentirebbe di prendere di mira, quindi sabotare, gli interessi di persone e aziende in base alla loro importanza per il Cremlino.

Non è notizia di oggi la considerazione che, ciò che viene svolto nell’ambito del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è considerato da Mosca come una forma di “diplomazia megafono”, come affermato anche dall’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, che accusa gli americani di “creare isteria” e “ingannare la comunità internazionale” con “accuse infondate” riguardo a una sempre probabile invasione russa dell’Ucraina. Nei vertici Onu che hanno come tema l’Ucraina, quello che emerge è che questo Stato non viene considerato come “ponte” ma come “confine europeo”. In più, l’articolo 5 del Trattato Nato stabilisce che, anche se la Russia intervenisse militarmente in Ucraina, la risposta militare non sarebbe scontata. Infatti, proprio detto articolo specifica che se è un membro dell’Alleanza a essere attaccato, la risposta è sancita, ma essendo l’Ucraina un “associato”, questa non è prevista, non implicando il concetto di “autodifesa”.

La storia tumultuosa tra Ucraina e Russia è stata spesso flagellata dalla questione dei confini; questi confini furono in discussione già quando si creò l’Urss, dopo la Rivoluzione del 1917. In questa fase l’Ucraina nutrì speranze di indipendenza ma ebbero vita corta. L’Ucraina appartenne all’Unione Sovietica dal 1922 al 1991. Quella che viene ricordata come la Grande carestia, del 1932-1933, conosciuta come Holodomor (uccidere per fame in lingua ucraina), tratteggiò con il sangue il percorso che divise Kiev da Mosca. In quella tragica occasione morirono per fame tra 3,5 a 5 milioni di ucraini. Questo episodio creò un cardine traumatico e conflittuale nelle relazioni tra Ucraina e Russia. Da allora gli ucraini sostengono che l’Holodomor sia stato un genocidio di carestia causato dai russi; per contro, i russi sostengono che la Grande carestia ha colpito anche loro. Tuttavia, il “genocidio Holodomor” è tutt’oggi fonte di dibattiti e controversie.

L’occupazione nazista dell’Ucraina sovietica, durante la Seconda guerra mondiale, aprì un altro periodo tragico per questo popolo; tuttavia, proprio in questa fase nell’Ucraina resuscitò il desiderio di indipendenza, ma fu affogato dai nazisti con la strage di quasi un milione di ebrei ucraini e altre atrocità. Ricordo che nel 1941, dopo che Adolf Hitler ruppe il patto Molotov-Ribbentrop del 1939, i nazisti invasero l’Urss, due battaglioni composti da ucraini nazisti presero parte a detta invasione; circostanza usata dai russi per attribuire la qualifica di “fascisti” agli ucraini, utilizzata anche nella fumettistica caricaturale nel 2014. Nel 1944, l’Ucraina fu liberata dai sovietici. Il primo segretario del Comitato centrale del Partito comunista, Nikita Krusciov, nel 1954, in occasione del trecentesimo anniversario del trattato di Perejaslav che sanciva la fedeltà dell’Ucraina all’Impero russo, donò la Crimea all’Ucraina con un semplice decreto del Soviet supremo. Ma questo atto non ebbe effetto vero fino al 1991 quando si sciolse l’Unione Sovietica. Non potendo indugiare sul prosieguo dei difficili rapporti tra Ucraina e Russia, concludo rammentando la chiara posizione russa che non accetterà mai di “confinare con la Nato”, e oggi lo sta dicendo ad alta voce.

I sondaggi, adesso, mostrano la popolarità di Putin in ribasso, Joe Biden è indebolito dal vergognoso ritiro dall’Afghanistan e dall’opposizione nel Congresso. Sulla bilancia geopolitica si osserva l’iperstabilità russa e sull’altro piatto l’iperfragilità degli Stati Uniti. Per Putin una congiuntura migliore difficilmente si potrebbe immaginare.

Aggiornato il 22 febbraio 2022 alle ore 09:40