La metamorfosi russa: da Spin Dictator a Spin Wolf

mercoledì 27 aprile 2022


Russia o Urssia, come sostiene Renato Cristin su L’Opinione? Tutto si spiega con la Metamorfosi kafkiana di un sistema e del suo Autocrate che lo impersona: il primo, mutatis mutandis, passato dalla dittatura marxista-leninista dei soviet alla democrazia eltsiniana e, poi, all’autocrazia putiniana, conservando però intatta la spina dorsale del Grande Fratello staliniano, con la sua struttura burocratica e di controllo in stile sovietico, rigidamente verticistica e imperialista. Per garantirne gli assetti, fanno parte integrante di questo conglomerato la corruzione sistemica e la rapina indiscriminata delle ricchezze energetiche della Russia, ottenute grazie alla creazione di un nucleo di oligarchi totalmente dipendenti (per la conservazione del loro strapotere economico) dal dittatore di Mosca, che ha su di loro diritto di vita e di morte. In quest’ultimo caso (della pena capitale), da esercitarsi preferibilmente attraverso avvelenamento ed esecuzioni sommarie, in modo da evitare accuratamente il ricorso ai tribunali, riservato solo a coloro attraverso i quali si intende amministrare un monito e un richiamo a tutti gli altri oligarchi in vena di dissenso.

Il secondo, l’Autocrate, transitato dalla fase di Spin Dictator (come ci viene spiegato da Sergei Guriev nel suo libro dal titolo omonimo) a quella di Dittatore della paura, che qui si preferisce personalizzare con il neologismo originale di “Spin Wolf”, che ha una voluta assonanza con lo schema cinese di “Wolf Warrior”, per quanto riguarda il nuovo volto della politica internazionale di Xi Jinping.  Sulla base delle definizioni date, il primo aspetto di Spin Dictator riguarda la capacità del Leader maximo di manipolare “goebbelsianamente” l’opinione pubblica interna e internazionale; mentre il secondo di Spin Wolf fa riferimento alla sua conversione oscurantista, fobica e persecutoria, con la progressiva instaurazione di una sorta di regno del terrore sull’esempio di Stalin, Adolf Hitler e Mao Zedong. La prima versione (che ha avuto il volto accattivante di un Putin paterno e dialogante con il resto del mondo) era legittimata dalla facciata pseudo-democratica di un sistema elettorale a suffragio universale, con l’elezione diretta di un presidente e di un Parlamento, la Duma e dall’apparenza di un sistema mediatico plurale. Progressivamente, con le campagne di Cecenia, Georgia e Crimea, la parte conciliante è venuta meno con l’affermazione forte di un neo-nazionalismo (una sorta di contrappeso esterno per il crescente fallimento economico interno!), coniugato a una totalizzante Disinformatia e all’annichilamento di qualsivoglia informazione libera, ispirato alla filosofia della Grande Madre Russia. In tal senso, motivando il tutto con l’assedio della Nato ai confini della madrepatria e con le finalità legate alla propria sicurezza, l’opinione pubblica russa si è convinta di come sia del tutto legittimo parlare della riconquista (più o meno armata) di quei suoi territori vitali confinanti, che si erano distaccati a seguito della dissoluzione dell’Urss, entrando progressivamente nell’orbita Nato e della Ue per quanto riguarda la parte occidentale.

Il gruppo di continuità ideologico, per così dire, tra bolscevismo e autocrazia, è rappresentato dai comportamenti odierni dell’Armata rossa che ha invaso e devastato il territorio ucraino e le sue genti. La sua mentalità, il suo modo di combattere assomiglia in tutto a quello della Grande Guerra patriottica contro il nazismo, tant’è vero che il fine dell’Operazione speciale consiste proprio nella “denazificazione” dell’Ucraina. Ed è così che, a giustificazione di questa perfetta continuità tra il 1945 e il 2022, i soldati russi dell’esercito di occupazione hanno issato la bandiera rossa sovietica, con tanto di falce e martello, sulle torrette dei carri armati targati “Z” e sugli edifici pubblici ucraini caduti nelle loro mani. Il tutto si muove ed è ricompreso nell’universo ideologico pan russo, che fa di Mosca la Terza Roma, destinata a riprendere e difendere nel mondo i valori cristiani che, a loro volta, legittimano il nuovo cesarismo degli Zar e del suo successore contemporaneo, nella sua qualità di Grande Crociato. Pertanto, si dichiara guerra moralmente al decadentismo di un Occidente depravato e corrotto, rivoluzionando l’attuale sistema dei rapporti internazionali, così come si è venuto a consolidare a seguito della dissoluzione dell’Urss.

Evento talmente devastante e increscioso, quest’ultimo, da essere ritenuto dall’Autocrate russo la “più grande tragedia contemporanea”, in perfetta sintonia con l’analogo sentimento del Deep State statunitense che non si è mai rassegnato alla Fine della Storia, stile Francis Fukuyama, ritenendo fondamentale per gli Usa e l’Occidente la sussistenza nunc et semper della figura del Nemico storico, per giustificare un assetto imperialista a due facce venuto meno dopo il 1991 e, oggi, del tutto improponibile con l’emergenza impetuosa dell’altro Wolf Warrior cinese. Per cui, dal punto di vista del Deep State washingtoniano, la soluzione migliore per dare contenuto geopolitico e consistenza internazionale al nuovo, Grande Nemico è quella di riunire in una sorta di testa-coda la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi. Lasciando però che, stavolta, a fronteggiare il primo sia l’Europa da sola (visto che il problema, obiettivamente, è il suo!), costretta a riunirsi a coorte grazie alla follia dell’invasione dell’Ucraina che ha ricompattato i Paesi europei aderenti alla Nato, con l’eccezione della rinata Grande Germania. E tutto ciò non a caso, visti gli “incestuosi” rapporti tedeschi (e dell’era Angela Merkel, in particolare!) con la Russia post-sovietica! Pertanto, in quest’ottica, Kiev sta alla Ue come Taiwan sta agli Usa: a ognuno il suo!

Secondo l’eminenza grigia del regime russo, Sergej Karaganov, la dottrina internazionale di Putin si fonda sulla “distruzione costruttiva” dell’attuale ordine mondiale, che la Russia intende sfidare apertamente sentendosi ormai sufficientemente forte per farlo. La nuova filosofia, pertanto, consiste nel perseguimento e nella costruzione del Blocco della Grande Eurasia (che si estenderebbe dall’Europa sarmatica fino agli Stan State) controllato da Mosca, in completo accordo e condominio con la Cina, da realizzare anche attraverso una vera e propria alleanza militare (a tempo, preferibilmente!) con Pechino.

All’interno di questo nuovo assetto mondiale, la Russia intende assumere il ruolo di Nazione guida e civilizzatrice, spostando l’attuale asse da euro-atlantico a euro-asiatico, senza però aspirare a divenire di nuovo una superpotenza globale che è stata la causa della rovina dell’Urss, come sostiene Karaganov. Quindi, stando a questo assunto, possiamo vivere tranquilli: l’arma atomica russa, per quanto ci riguarda, resterà negli arsenali di Putin, per dare forza e sostanza al nuovo equilibrio del terrore sino-russo!


di Maurizio Guaitoli