Guerra in Ucraina: traballa l’influenza della Cina in Europa

martedì 3 maggio 2022


Il rappresentante cinese nel Fondo di Cooperazione per gli Investimenti Cina-Europa Centrale e orientale, Huo Yuzhen, la settimana scorsa ha visitato la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Slovacchia, la Slovenia, la Croazia, poi Polonia, Estonia e Lettonia. Questa organizzazione si occupa del miglioramento della cooperazione nell’ambito degli investimenti tra la Cina e i Paesi dell’Europa centrale e orientale, sostenendo bilateralmente i rapporti commerciali, favorendo le attività delle società di servizi finanziari, e attuare ogni progetto che possa procurare effetti costruttivi sulla società. Questo pellegrinaggio cinese nell’Europa centro-orientale, pubblicizzato come una propaganda per il rafforzamento della cooperazione tra la Cina e questi Stati membri dell’Unione europea, è stato intrapreso proprio quando l’Occidente ha espresso critiche pesanti per la posizione di neutralità assunta dalla Cina circa l’invasione russa dell’Ucraina.

È evidente che le critiche occidentali non sono solo teoriche, dato che l’autocratica macchina economica cinese pare stia manifestando alcune crepe proprio nei suoi rapporti commerciali con l’Europa, una sorta di “sanzioni differite”. Così il 29 aprile il portavoce del ministero degli Affari esteri cinese, Zhao Lijian, ha dichiarato che Pechino ha sempre operato affinché Ucraina e Russia conducessero negoziati utili per poter accogliere costruttivamente gli sforzi che la Comunità internazionale fa per ottenere una pace condivisa e non umiliante per nessuno. Tale affermazione, pronunciata durante una conferenza stampa, non casualmente arriva dopo la recente visita del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, in Russia e Ucraina. Ha continuato Zhao, affermando che in questa fase la Comunità internazionale deve insistere “sul mantenimento dei negoziati piuttosto che sulle sanzioni unilaterali, sul mantenimento della democrazia (?) piuttosto che sull’egemonia, sull’unità piuttosto che sulla divisione, sull’obiettività piuttosto che sul pregiudizio”. Auspicando, infine, una cooperazione cino-europea per raggiungere la fine delle ostilità.

È forse questa anche una risposta a quanto affermato dal comandante del comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, John Aquilino, secondo cui la cooperazione tra Cina e Russia è preoccupante? Infine, Zhao ha descritto il peculiare rapporto cino-russo come una esperienza che ha visto creare un modello di alleanza militare e politica diverso dalla mentalità della Guerra fredda, che era quello di creare aggregazioni di scopo. Infatti, è evidente la peculiarità del rapporto cino-russo, che diversamente da “altre relazioni internazionali” ha seguito il principio di non alleanza, di non confronto e di non prendere di mira unaterza parte”. Quindi Zhao, disdegnando le modalità da “Guerra fredda”, ha incolpato gli Stati Uniti di avere favorito l’espansione verso est della Nato, dandogli una indiscutibile responsabilità nella crisi ucraina. La Cina ha così ostentato una posizione intermedia, che non risparmia critiche né alla Russia né alla Nato, ma che si pone come soft-mediatore, con un apparente ambiguo sbilanciamento verso Mosca, ma che rappresenta una caratteristica della “diplomazia” cinese.

In più, il rappresentante di Pechino ha anche affermato che il vero obiettivo degli Stati Uniti non è la pace ma indebolire la Russia, facendo in modo che il conflitto continui, ricordando quanto affermato dagli stessi Stati Uniti. In pratica, le autorità cinesi si sono finora rifiutate di condannare i loro omologhi russi; in realtà, è Xi Jinping che non ha condannato Vladimir Putin per il suo intervento militare, confermando le forti relazioni bilaterali ed escludendo, per il momento, l’istituzione di sanzioni contro la Russia. Ma da notizie diffuse dall’intelligence statunitense (!) – non si sa bene se costruite o meno, ma sono comunque verosimili – pare che Mosca avrebbe chiesto aiuti militari ed economici alla Cina, richieste che rilevano le oggettive difficoltà russe. Questo ha spinto i grandi sanzionatori occidentali ad agire verso la Cina, mettendola in guardia dal soddisfare le richieste di Mosca.

Ma si sa che le autocrazie si gloriano di essere regimi funzionanti, soprattutto in epoche geostrategicamente e sociologicamente complesse, come quella attuale. Così Xi Jinping ritiene che l’abbraccio tra il socialismo con caratteristiche cinesi e il comunismo, espresso dal Partito Comunista cinese, sia una “alchimia politica” che sovrasta ogni altra forma di Governo; mentre Vladimir Putin considera superata la democrazia liberale. Tuttavia, alla luce dei fatti, entrambi questi leader sono fautori di notevoli calamità più o meno celate. E praticando un nazionalismo aggressivo soffocano qualsiasi spiacevole verità, applicando il teorema del tiranno auto-accecato. Ma altrettanto si potrebbe affermare per le cosiddette democrazie, tali solo sulla “carta”, che notoriamente hanno causato disastri rendendo la “linea divisoria” con le autocrazie quasi invisibile. Ma in epoche geostrategicamente e sociologicamente complesse, come quella attuale, anche nelle democrazie il confine tra la verità e menzogna è cancellato, vedi l’indice della libertà di stampa.


di Fabio Marco Fabbri