Ucraina: gli scenari tra nuove minacce e prospettive di de-escalation

L’incertezza degli scenari

Gli analisti sono ancora divisi tra chi ritiene inevitabile un rischio di escalation, anche per la minaccia nucleare, e chi invece propende per una “guerra di logoramento”. L’evoluzione della guerra, in cui la pressione russa continua ma non segna passi decisivi, è investita da un significativo cambiamento del quadro strategico che determina ancora molte incertezze. Due sono gli elementi di sostanziale novità: Finlandia e Svezia hanno annunciato di voler aderire alla Nato e il Pentagono ha chiesto al ministero della Difesa russo di avviare un canale per promuovere il cessate il fuoco. Intanto in Europa, le posizioni espresse da Emmanuel Macron, Mario Draghi e Olaf Scholz sembrano voler affermare una leadership condivisa, oltre che per reiterare il sostegno all’Ucraina, soprattutto per la ripresa dei negoziati verso la pace. L’interesse per l’Occidente, che pare su una netta posizione di vantaggio, dovrebbe ora puntare con fatti concreti alla de-escalation.

La situazione va però analizzata sotto vari profili. L’iniziativa americana non riguarda il livello diplomatico e si riferisce ai vertici delle strutture militari. È partita dal segretario alla Difesa Lloyd Austin, lo stesso che al vertice Nato di Ramstein aveva dichiarato: “Oggi siamo qui riuniti per aiutare l’Ucraina a vincere la battaglia contro la Russia. Ma ora vogliamo rendere più difficile per la Russia minacciare i suoi vicini e indebolirla in questo senso”. A Ramstein la nuova “coalizione dei volenterosi” guidata dalla Nato si è presentata di fronte alla Russia con l’adesione di un più vasto fronte geopolitico, che comprende, fra gli altri, Giappone, Qatar, Liberia, Nuova Zelanda e Australia. Ciò potrebbe inquadrare la scelta americana di promuovere il cessate il fuoco nella convinzione di condurre i negoziati da una posizione di forza.

Una condizione che difficilmente indurrà Vladimir Putin a parteciparvi. Peraltro gli attori principali, Ucraina e Russia, non hanno manifestato le reali intenzioni su cui sarebbero disposti a negoziare e sembrano piuttosto orientati a far decidere le sorti dal confronto sul campo di battaglia. Al momento le questioni centrali concernono la neutralità dell’Ucraina, il suo proposito di avere degli Stati “garanti” della sua indipendenza, ma quelle più difficili da superare saranno ancora le “linee rosse” delle rivendicazioni russe su Crimea e Donbass, e ora anche le pretese sui nuovi territori occupati. Qualche osservatore ritiene che una mediazione potrebbe riguardare l’ipotesi di plebisciti per questi territori, a cominciare dal Donbass, ma è prematuro parlarne ora.

Le possibili intese dei militari

Il livello militare può comunque superare lo stallo sul negoziato generale ed essere più immediato per gestire alcuni aspetti propriamente tecnico-operativi. Per esempio, le intese a livello di stati maggiori possono evitare malintesi e incidenti, attuare tregue temporanee e corridoi umanitari, tutte attività che in sostanza potrebbero preludere ad una progressiva de-escalation per poi rilanciare il negoziato sui temi più ampi. In questa prospettiva, sembra esserci qualche spiraglio per una tregua a Mariupol, volta ad evacuare per ora almeno i feriti dei resistenti dell’acciaieria Azovstal.

Un segnale della ricerca della de-esaclation è venuto anche da una direttiva statunitense sulla condivisione dei dati dell’intelligence con gli ucraini. Sarebbero ora escluse le informazioni dirette a localizzare le figure apicali del livello militare e politico della Federazione Russa e gli obiettivi russi posti al di fuori dei confini ucraini. Il provvedimento segue le polemiche sorte dopo le rivelazioni del Washington Post secondo cui gli americani avrebbero fornito le posizioni dei generali russi poi “neutralizzati” dagli ucraini. La presa di distanza è poi netta sul coinvolgimento in ipotesi di controffensive ucraine estese in territorio russo.

Le adesioni alla Nato di Finlandia e Svezia

Al momento sulla proposta di cessate il fuoco dalla Russia non sono pervenute risposte ufficiali. E le ragioni possono comprendersi in vari fattori. Date le difficoltà sorte sullo svolgimento della campagna militare, la Russia non ha certo gradito che gli Usa abbiano previsto un ulteriore sostegno di 40 miliardi di dollari per gli aiuti militari a Kiev. Per molti analisti militari ciò significa che, quando tutti i nuovi arsenali militari saranno giunti, l’Ucraina entro giugno sarebbe nelle condizioni di rilanciare una controffensiva decisiva. Inoltre, la Russia si sta vedendo avvicinare la Nato su altri 1.360 chilometri di confine, se, come ormai sembra certo, molto presto Finlandia e Svezia aderiranno all’Alleanza Atlantica.

La scelta ha contrariato fortemente la Federazione Russa, come è emerso dalle dichiarazioni di Putin che fanno pensare al rischio di una nuova escalation. Per Putin, che ha avuto un colloquio con il presidente finlandese, “è un errore abbandonare la tradizionale politica di neutralità militare”, e ha aggiunto: “Un tale cambiamento della politica estera del Paese potrebbe avere un impatto negativo sulle relazioni russo-finlandesi, che si sono sviluppate per molti anni nello spirito del buon vicinato e della cooperazione tra partner e sono state reciprocamente vantaggiose”.

Più minaccioso era stato l’ex presidente russo, Dmitry Medvedev, ora vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, il quale aveva avvertito che “se Stoccolma e Helsinki aderiranno all’Alleanza Atlantica, Mosca schiererà testate nucleari russe nel Mar Baltico, nell’exclave di Kaliningrad”. Sulla questione è da registrare l’iniziale veto di Recep Tayyip Erdoğan che si è dichiarato contrario all’adesione alla Nato dei Paesi scandinavi. Il motivo dichiarato è per le loro politiche di apertura sulla causa curda, ma pare che la posizione turca sia rientrata dopo avere ottenuto rassicurazioni dai due governi su un’intesa comune per la lotta ai “terroristi”, come i turchi intendono i ribelli curdi.

Il ruolo dell’Europa nella coesione euroatlantica

Lo scenario dunque è ancora molto incerto. Tuttavia potrebbe essere interpretato anche secondo l’approccio strategico delle “teorie dei giochi” notoriamente applicabili alle relazioni internazionali. Qui potrebbe esservi un “gioco dei ruoli” dove Stati Uniti e alcuni Paesi della Nato e dell’Ue, come ad esempio Regno Unito, Polonia, i Paesi Baltici, e ora Svezia e Finlandia, optano per la linea più intransigente e “militarista”. Altri Paesi, fra cui certamente l’Italia, la Francia e la Germania, si sono dichiarati più orientati a riaprire la via dei negoziati per una mediazione sia sulla questione dell’Ucraina sia sulla dimensione della architettura di sicurezza, europea e globale.

In Europa Macron, Scholz e Draghi sono uniti su una leadership condivisa, oltre che per reiterare il sostegno all’Ucraina, soprattutto per la ripresa dei negoziati verso la pace, avvalendosi della mediazione avviata dalla Turchia, ma anche puntando ad avvicinare Cina e India. La visione è comunque per la piena adesione alla unità euroatlantica, dove l’interesse per l’Occidente potrebbe significare ora non approfittare della netta posizione di vantaggio per richiudersi a riccio, ma puntare anche con la deterrenza militare alla de-escalation. E Putin potrebbe anche guardare ai tre leader europei come mediatori affidabili.

(*) Membro dell’International Law Association

Aggiornato il 16 maggio 2022 alle ore 13:57