Svolta storica: Svezia e Finlandia sull’uscio della Nato

Come scritto in un mio precedente articolo, l’escalation della Guerra in Ucraina ha due modalità di espansione. La prima è in verticale e concerne l’incremento dell’impiego di materiale bellico ad alta offensività, che si sta realizzando ampiamente. L’altra modalità riguarda l’espansione in orizzontale, che prevede l’allargamento ad altri Stati che si coalizzano, con forme più o meno esplicite, con una delle parti in contesa. Anche in questo ultimo caso e con ogni cautela geostrategica possibile, toccando il concetto di cobelligeranza, riscontriamo che con la richiesta dell’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia anche l’escalation in orizzontale si sta verificando. Ora le neutrali Svezia e Finlandia, abbracciate, hanno bussato alla porta della Nato.

Il primo ministro svedese, Magdalena Andersson, dopo un incontro con il presidente finlandese, Sauli Niinistö, ha dichiarato la sua soddisfazione per questa comune scelta. Il presidente finlandese aveva confermato la sua volontà in tal senso, ma la decisione è stata soggetta all’approvazione del Parlamento, che al termine di una lunga sessione ha adottato la proposta con una ampia maggioranza stabilita da 188 voti favorevoli e 8 contrari. Tuttavia il ministro degli Esteri, Pekka Haavisto, ha sottolineato che questa posizione non è motivo di festa ma di preoccupazione, in quanto adottata sulla conseguenza che in Europa c’è una guerra. Inoltre, ha aggiunto che, anche se la Finlandia entrerà nella Nato, non cambierà la convinzione secondo cui l’unica soluzione è la ricerca della pace. In più, è interessante la motivazione espressa dal deputato finlandese del Partito Alleanza di sinistra, Markus Mustajarvi, circa i rischi che avrà questa scelta a lungo termine per il suo Paese. Non solo: ha sostenuto che la Finlandia diventerà il confine tra la Nato e la Russia. E che queste tensioni non sarebbero un rischio solo durante il processo di candidatura, ma piuttosto una nuova e permanente condizione della politica estera e di sicurezza del Paese.

Con la firma di richiesta di adesione, la Finlandia e la Svezia hanno posto fine a quasi due secoli di neutralità. Soprattutto la Svezia è stata una delle maggiori potenze europee, ricordando la dinastia dei Vasa, l’androgina Cristina di Svezia, fino alla Guerra russo-svedese (1788-1790). Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha subito affermato che tale ipotetica integrazione non cambierà gli equilibri. Intanto la Germania ha già manifestato la volontà di incrementare la cooperazione militare con Svezia e Finlandia, fino alla definitiva integrazione con la Nato. Così anche gli Stati Uniti – tramite la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre – hanno lasciato intendere che offriranno ai due Paesi garanzie di sicurezza, finché durerà il processo di adesione. Quanto alla Turchia, il presidente Recep Tayyip Erdogan minaccia di bloccare l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato, però Sauli Niinistö ha ribadito di essere convinto di riuscire a trovare un accordo. Ma la Turchia può bloccare l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato? Nel frattempo, va ricordato che Erdogan ha una visione particolare della Nato. E la Turchia non è sicuramente un membro come gli altri. Nel 2019 acquistò dalla Russia il sistema antimissilistico S400, ma nel 2020 Washington impose sanzioni all’industria della difesa turca come ritorsione per l’acquisto del sistema antimissilistico russo. Tra le altre cose, la Turchia è esclusa dal programma degli aerei da combattimento statunitensi Stealth F-35, per il quale aveva effettuato un ordine e versato un deposito di 1,4 miliardi di dollari.

Va segnalato poi che la Russia accusa i Paesi scandinavi, soprattutto la Svezia, di fungere da rifugio per i “terroristi” del Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan, la spina nel fianco di Ankara. Nella storia della diaspora turca, la Svezia ha un posto specifico. Dagli anni Ottanta il Paese ha accolto numerosi rifugiati politici. Tra questi, sostiene Ankara, molti militanti del Pkk. A tal proposito, i nazionalisti turchi ritengono che, se il Pkk esiste ancora, nonostante 40 anni di una guerra senza quartiere, è perché ha queste basi fuori dalla Turchia. Lunedì 16 maggio Erdogan, dopo l’ufficiale annuncio della domanda di adesione dei due Paesi nordici, ha tuonato che la Svezia è il terreno fertile per le organizzazioni terroristiche e che la Turchia non cederà alla sua adesione alla Nato.

La Nato opera sul principio del consenso, quindi ogni membro può usare il proprio veto. La Grecia è un esempio, infatti si è opposta all’adesione della Macedonia – nata dall’indipendenza dalla Jugoslavia nel 1991– alla Nato, a causa di una disputa sul nome del Paese, essendo la Macedonia storicamente una provincia greca. Questione risolta con la nuova denominazione, Macedonia del Nord, che ha permesso l’accesso all’Alleanza nel 2020. Quindi, in teoria, la Turchia è perfettamente in grado di bloccare l’adesione di Svezia e Finlandia. I due Paesi scandinavi, infatti, devono convincere tutti i trenta membri dell’Alleanza dei meriti della loro candidatura. Tuttavia, probabilmente, la “questione” non sta tanto nelle accuse alla Svezia di proteggere i membri del Pkk, ma forse nella mancanza di un “profilo Nato” della Turchia. Oppure la Turchia ha altri obiettivi da raggiungere? Magari evitare il rischio di emarginazione globale all’interno dell’Alleanza Atlantica.

Aggiornato il 27 maggio 2022 alle ore 12:39