Nagorno-Karabakh: un fuoco che si riaccende

Torna ad infiammarsi la situazione nell’enclave contesa del Nagorno-Karabakh, dove una nuova escalation di violenza ha provocato la morte di due combattenti armeni e un azero, sollevando lo spettro della guerra del 2020. Riaffiorano gli antichi dissapori fra l’Azerbaigian e l’Armenia che ieri si sono accusate a vicenda di avere violato la tregua, riaprendo antiche cicatrici non del tutto guarite, mentre la Russia, già pesantemente coinvolta nel conflitto ucraino, si è detta pronta ad intervenire e mediare tra le parti. La miccia è stata accesa dopo che l’Azerbaigian e il Nagorno-Karabakh hanno denunciato ognuno la morte di propri combattenti. Il ministero della Difesa azero ha accusato i combattenti dell’autoproclamata repubblica di aver preso di mira le posizioni dell’esercito nel distretto di Lachin (sotta la supervisione delle truppe russe) uccidendo un soldato di leva. Il Nagorno-Karabakh ha a sua volta puntato il dito contro gli azeri accusandoli di aver ucciso due combattenti e averne feriti altri otto. Baku ha poi precisato di aver preso il controllo di diverse alture strategiche nella regione contesa e di aver condotto un’operazione denominata “Vendetta” in risposta alle “azioni terroristiche di alcuni gruppi armati armeni sul territorio dell’Azerbaigian”.

In serata il Nagorno-Karabakh ha annunciato “una mobilitazione parziale” ma ha aggiunto che la situazione era “relativamente stabile” e che “misure per stabilizzare la situazione” vengono prese assieme alle forze russe. Mosca da parte sua ha accusato “le forze armate azere di avere violato il cessate il fuoco e si è detta pronta a “stabilizzare” la situazione. “Il comando del contingente di mantenimento della pace russo sta adottando misure per stabilizzare la situazione insieme ai rappresentanti della parte azerbaigiana e armena”, ha fatto sapere il ministero della Difesa russo citato dall’agenzia Tass.

In campo è scesa anche Bruxelles. L’Unione europea ha chiesto “l’immediata cessazione delle ostilità” e di “ridurre la tensione, rispettare pienamente il cessate il fuoco e tornare al tavolo dei negoziati per cercare soluzioni negoziate”.

Armenia e Azerbaigian, acerrimi nemici, hanno combattuto due guerre – nel 2020 e negli anni Novanta – sulla regione azera del Nagorno-Karabakh, popolata da armeni. Sei settimane di combattimenti nell’autunno del 2020 hanno causato più di 6.500 vittime e si sono concluse con un accordo di cessate il fuoco mediato dalla Russia. L’Armenia ha ceduto aree di territorio che aveva controllato per decenni e la Russia ha schierato circa 2mila militari per sovrintendere alla fragile tregua, ostacolata dalle tensioni che continuano ad emergere.

Aggiornato il 06 novembre 2023 alle ore 12:04