Nuove basi americane nelle Filippine, in equilibrio tra Usa e Cina

Secondo quanto riferito dal capo di Stato maggiore delle forze sarmate Filippine, gli Stati Uniti hanno espresso la volontà di costruire installazioni militari in cinque aree nelle Filippine settentrionali. Tra le proposte di Washington, due delle nuove aree si troverebbero nella provincia settentrionale di Cagayan, situata di fronte allo Stretto di Taiwan e che potrebbero fungere da avamposto cruciale, nel caso in cui le tensioni dovessero peggiorare tra la Cina e l’isola che Pechino rivendica come propria.

Gli altri siti proposti si troverebbero nelle province di Palawan e Zambales, che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale e consentirebbero alla forza militare americana di sostenere le forze filippine e di disporre di installazioni più vicine alle acque contese tra Cina e Taiwan rispetto a Okinawa, l’isola giapponese a sud dell’arcipelago nipponico che ospita basi degli Stati Uniti. La presenza delle forze statunitensi all’interno della “prima catena di isole” potrebbe svolgere un ruolo di deterrenza nei confronti di Pechino nel Mar Cinese Meridionale.

Le isole più settentrionali delle Filippine si trovano a 190 chilometri da Taiwan, poco più in là dell’isola più vicina del Giappone (Senkaku a 170 chilometri). Un’invasione cinese di Taiwan avrebbe implicazioni serie per le Filippine, pari alle conseguenze di un disastro umanitario, compreso il rischio di flussi di rifugiati. Tale scenario ha un precedente, ben ricordato nelle Filippine, nella guerra del Vietnam. Inoltre, ci sono circa 200mila filippini che lavorano a Taiwan. Per Manila, quindi, il controllo di Taiwan da parte cinese sarebbe un disastro economico e strategico. Un’invasione da parte di Pechino aumenterebbe le capacità di proiezione del potere cinese e indebolirebbe la capacità degli Stati Uniti di sostenere il suo alleato, attraverso una presenza aerea e navale nella regione.

Il territorio conteso tra le Filippine e la Cina è incentrato sullo Scarborough Shoal, isolotto a sud delle isole Spratly, che Manila considera parte del proprio territorio e di cui Pechino rivendica la sovranità che permetterebbe alla Cina di controllare anche le 200 miglia nautiche di acque territoriali circostanti, ricche di risorse naturali. La Eia (Energy information administration) stima che il Mar Cinese Meridionale contenga giacimenti di idrocarburi pari a circa 11 miliardi di barili di petrolio e 190 trilioni di gas naturale.

Nel 2013, il Governo filippino aveva denunciato azioni sempre più aggressive della Cina nelle acque contese, intorno alle isole Spratly e alle vicine barriere coralline. Nel 2016, una sentenza del tribunale arbitrale dell’Aia ha invalidato le vaste rivendicazioni territoriali della Cina nel Mar Cinese Meridionale per motivi storici, ma la Cina ha respinto tale sentenza non avendo partecipato all’arbitrato. Successivamente, l’allora presidente filippino, Rodrigo Duterte, aveva preferito intraprendere la strada del dialogo con Pechino con risultati non entusiasmanti.

Secondo il think-tank del ministero della Difesa giapponese, Nids (The national institute for defense studies), le forze armate cinesi starebbero migliorando le capacità di condurre operazioni nella cosiddetta “zona grigia”, cioè atti aggressivi in acque contese al di sotto della soglia dell’attacco militare armato, senza provocare una escalation che sfoci in un confronto bellico esteso. Pechino starebbe cercando di “creare costantemente situazioni da “zona grigia” ed esercitare pressioni sugli avversari per evitare scontri militari con altri Paesi”.

Sempre secondo questo rapporto, se le capacità della Cina nelle situazioni di “zona grigia” hanno visto miglioramenti, questo deriva dall’integrazione della Guardia costiera cinese e della Milizia marittima nel comando militare. Nel 2018, la Guardia costiera cinese è stata posta sotto la Forza di polizia armata del popolo cinese, una forza paramilitare supervisionata dalla Commissione militare centrale del Paese. Secondo il rapporto, la Guardia costiera assume una posizione più dura nel Mar Cinese Meridionale, in cui Pechino ha rivendicazioni territoriali contrastanti con i Paesi vicini come Filippine e Vietnam, rispetto a quella nel Mar Cinese Orientale.

Questo si aggiunge alla legge emanata, alla fine gennaio del 2021, dal Comitato permanente del Congresso nazionale del Popolo cinese ed entrata in vigore il primo febbraio dello stesso anno, sull’uso delle armi da parte della Guardia costiera cinese (Ccg) contro navi straniere, in determinate condizioni, in acque sotto la giurisdizione cinese.

Le Filippine hanno ospitato per anni due delle più grandi basi della Marina (Subic Bay) e dell’Aeronautica (Henderson Field) degli Stati Uniti all’estero, intensamente impiegate durante il conflitto nel Vietnam. Le strutture sono state chiuse all’inizio degli anni ’90, dopo che il Senato filippino ha rifiutato un’estensione della permanenza, anche se le forze americane sono tornate per esercitazioni con le truppe filippine, in base a un accordo del 1999. Nel 2014, i due Paesi hanno firmato l’accordo di cooperazione per la difesa potenziata, che consente a un numero maggiore di forze americane di rimanere a rotazione all’interno di basi militari filippine, con la possibilità di costruire magazzini, alloggi, strutture di addestramento congiunte e immagazzinare attrezzature da combattimento, a eccezione delle armi nucleari.

Dopo la firma dell’accordo, gli americani hanno avviato progetti di costruzione in cinque campi e in aree filippine, compreso il sud del Paese, dove le forze antiterrorismo statunitensi hanno supportato per anni nell’addestramento e fornito informazioni alle loro controparti filippine. Molti dei progetti sono stati ritardati da questioni legali e altri problemi, secondo quanto riportato da funzionari della Difesa filippina. Un certo numero di forze americane è rimasto nelle basi nella città meridionale di Zamboanga e nelle province periferiche al culmine delle minacce rappresentate dai miliziani musulmani, che si sono attenuate negli ultimi anni. Secondo fonti di stampa, più di 100 militari statunitensi rimangono attualmente a Zamboanga e in tre province meridionali.

L’articolo IV del Trattato di mutua difesa Usa-Filippine del 1951 obbliga i Paesi ad aiutarsi a vicenda in caso di attacco. Sebbene gli Stati Uniti rimangano neutrali nelle controversie territoriali, si sono effettivamente schierati con Brunei, Indonesia, Malesia, Filippine e Vietnam, i quali si oppongono alle affermazioni cinesi di sovranità sulle aree marittime che circondano le isole, le barriere coralline e le secche del Mar Cinese Meridionale.

Washington e Manila hanno effettuato per decenni esercitazioni congiunte e i programmi rimangono inalterati, nonostante le ripetute e passate minacce da parte dell’ex presidente Duterte di annullarle e abrogare i patti bilaterali di difesa. Minaccia successivamente rientrata, ma nel 2016 l’ex presidente si era impegnato a spostare la politica estera del suo Paese, avvicinandosi a Cina e Russia.

Oggi la politica dell’attuale presidente, Ferdinand Romuáldez Marcos Jr, (figlio di Ferdinando Marcos, presidente e dittatore delle Filippine dal 1965 al 1986), mira a stringere nuovamente i rapporti con gli Stati Uniti pur mantenendo un atteggiamento di equilibrio anche con la Cina. Secondo quanto riportato dal Csis, Marcos sarebbe stato un ardente sostenitore del business cinese. Quando era governatore di Ilocos Norte, avrebbe effettuato frequenti viaggi di lavoro in Cina, culminati con l’apertura di un consolato cinese a Laoag City. La costruzione di installazioni militari americane nel nord dell’arcipelago filippino costituirà un indicatore sul futuro delle relazioni dei due Paesi.

La Cina, finora, è stata il principale partner commerciale delle Filippine. È considerata un importante investitore straniero e anche la seconda fonte di turisti nelle Filippine. Il presidente Marcos dovrebbe recarsi in visita a Pechino nel gennaio 2023. È assai probabile che tra i temi in agenda vi siano anche le nuove installazioni statunitensi nell’arcipelago.

(*) Tratto da Il Nodo di Gordio e Analisi Difesa

Aggiornato il 01 dicembre 2022 alle ore 09:51