Cosa succede tra Ucraina, Balcani e Italia

A dispetto dei fiumi di analisi che scorrono quotidianamente, ogni discorso sulla guerra di invasione contro l’Ucraina non andrebbe mai disgiunto da un’osservazione continua su quella parte d’Europa che è rimasta sotto il giogo sovietico per oltre 45 anni. L’iniziativa “Italia per i Balcani” – allo stessi tempo – si collega a quella tra il nostro Paese, Algeria e Libia, e forse Egitto, che ridimensiona la penetrazione disastrosa e predatoria della Francia sia in Africa sia nei Balcani. La nuova apertura italiana alle aree extra Ue più vicine annulla la lunghissima (si deve ritornare a Enrico Mattei, come ha detto Giorgia Meloni) fase di geopolitica insignificante, scoordinata e oppiata, nata in seno alla politica estera del Partito Comunista italiano-Partito Democratico e da lì dilagata in altri schieramenti. Geopolitica e geo-economia, invece, sono il fulcro del rilancio delle economie e degli scambi, quindi anche della pace che nasce, in primo luogo, dal libero commercio.

Ecco così un’istantanea con notizie ed echi sul territorio che dalla Russia arriva fino all’Adriatico.

MOLDAVIA

Uno degli elementi decisivi per il futuro della Moldavia è la scelta di campo tra Oriente e Occidente. Venti giorni fa, a Tallinn, il ministro degli Esteri dell’Estonia ha detto al suo omologo moldavo, Nicu Popescu: “Il futuro della Moldavia è nell’Unione europea. La Moldavia ha dimostrato il proprio interesse al processo di adesione e ha appoggiato l’Ucraina, oggetto da quasi un anno dellaggressione russa. La decisione di assegnare alla Moldavia lo status di candidato rappresenta un passo storico che aiuta a rafforzare l’Europa intera, la nostra democrazia e la libertà”. L’Estonia ha avviato con la Moldavia programmi di supporto sulla cybersecurity e l’informatizzazione. Dall’altro lato, nell’ottobre 2022, un movimento estremista russo – probabilmente non esente dal supporto dei servizi di sicurezza russi – ha raccolto firme per “ristabilire le frontiere dell’Unione Sovietica” estendendole a Comrat, capitale della Gagauzia”. La Gagauzia, parte dell’allora Bessarabia, fu ceduta alla Russia dai turchi nel 1812. Lo zarismo scacciò o annientò le popolazioni nomadi che allora popolavano quel territorio, sostituendola coi gagauzi, popolazione turcofona della Romania. Nel 1990 fu proclamata la Repubblica Gagauza, che nel 1994 fu riassorbita dalla Moldavia, diventando una provincia autonoma. Un procedimento diverso da quello della Transnistria, formalmente anch’essa provincia autonoma moldava, ma di fatto in mano della Russia, cui ha chiesto di aderire dal 2014 (leggere “Educazione siberiana” di Nicolai Lilin, Einaudi, 2009). La Transnistria è una specie di “paradiso fiscale” o “zona franca” dove transitano capitali, armi e droga, grazie a una forte presenza della criminalità. Anche in Gagauzia vi è una maggioranza filorussa: a Comrat sopravvive una florida statua di Lenin. Una minoranza però sostiene Volodymyr Zelensky: forse si tratta di quella borghesia grande e piccola che si è data al lavoro, per esempio rilanciando la produzione e il commercio dei famosi vini della Moldavia. Va da sé che la Moldavia resta sotto scacco da parte russa, anche se finora lo strangolamento è stato solo economico e politico. Nell’ottobre 2022, Gazprom ha ridotto del 30 per cento le sue forniture di gas alla Moldavia, adducendo vizi di forma nel contratto sottoscritto un anno prima. Negli ultimi tre anni, le richieste di asilo politico in Germania dei moldavi sono aumentate. Dal 1990 al 2021 la popolazione moldava è passata da 4,3 milioni a 3,3 milioni, soprattutto per colpa dell’emigrazione. Un vero esodo presente in tutti i Balcani.

MONTENEGRO

In questa piccola nazione l’oligarchia criminale che gestisce traffici e commercio, che ricicla capitali all’estero e nel turismo locale, soffoca un turismo che potrebbe da solo dare lavoro e ricchezza a tutta la popolazione. Di conseguenza, la politica del Montenegro appare un caos totale, che però non emerge mai alla luce del sole. La scorsa estate, il Governo locale ha sottoscritto un accordo con la Chiesa ortodossa serba. A quel punto, l’Esecutivo guidato da Dritan Abazović è caduto. Da allora, la politica è rimasta sotto scacco, mentre Abazović mantiene un mandato tecnico e “provvisorio”. Si dovrebbe dare la parola agli elettori, ma ciò non succede. L’altro politico che completa il quadro è Miodrag Lekić, che fu nominato ambasciatore in Italia dal presidente serbo Slobodan Milošević. L’ex ambasciatore – pur rinnegando la politica seguita dai serbi nelle guerre balcaniche – ritiene indispensabile mantenere un rapporto stretto tra Podgorica e Belgrado. Lekić ha insegnato fino al 2013 anche alle università La Sapienza e Luiss di Roma (quest’ultima è accusata, a torto, di avere qualche “affinità elettiva” con l’Est putiniano, anche se avere tra il corpo docente un neutralista attivo come Alessandro Orsini non aiuta a kleenexizzare la reputazione della Luiss). Lekić a fine 2022 è stato designato nuovo premier dal Parlamento montenegrino, ma poi le sue proposte di Governo non hanno convinto nessuno. Lekić era il prescelto del Fronte Democratico filo-serbo, nonché dei Democratici (Demos) e dello stesso partito di Abazović, Azione unitaria per le riforme (Ura). Poi, però, il presidente della Repubblica, Milo Djukanović (che è anche leader del Partito Democratico dei Socialisti ora all’opposizione), ha negato la nomina per una questione tecnica. Da lì si è cercato di far fuori Djukanović e non una legge incostituzionale sui poteri di veto del presidente. Il contenzioso non è stato sbloccato, perché la Corte costituzionale è priva di quattro giudici, andati in pensione. Idem per la Corte suprema e il Consiglio della magistratura.

ALBANIA

Cordiale incontro nella base di Ramstein in Germania tra il segretario della Difesa, Lloyd James Austin III e il ministro della Difesa albanese, Niko Peleshi, in occasione del trentennale dagli accordi militari di difesa tra le due nazioni. I due politici hanno parlato anche di Ucraina. L’Albania è una delle pochissime nazioni che hanno agito contro la dittatura iraniana, rompendo i rapporti diplomatici con l’Iran, dopo aver subito un pesante cyberattacco. Molto importante il recente lancio di due satelliti da parte dell’Albania, in grado di controllare il proprio territorio dall’alto. Il fatto è che l’Albania è diventata un grande produttore di marijuana, entrando a far parte di quel corridoio balcanico del narcotraffico contro cui agiscono invano da anni Europol e le polizie di almeno dieci nazioni europee. La crescita delle coltivazioni è legata – come in Afghanistan – alla possibilità di avere alti ricavi e una rete di distribuzione del “prodotto” molto efficiente.

ROMANIA E BULGARIA

Mentre le ong sono presenti con forza nel Mediterraneo tra Libia, Tunisia e Italia, sono assenti nel confine tra Turchia e Bulgaria, dove si spara come nel west sui migranti, lungo una frontiera europea. I flussi migratori sono aumentati notevolmente nella scorsa estate. Molta eco mediatica aveva avuto la notizia sulla morte di due poliziotti bulgari, dovuta allo scontro con un autobus nel quale erano nascosti 48 migranti. Il partito di opposizione di destra, Revival, chiede il blocco totale dell’immigrazione dalla Turchia. Ma anche il moderato ministro degli interni, Ivan Dermendzhiev, ha parlato di “guerra dei trafficanti contro la Bulgaria, alla quale risponderemo con tutta la nostra forza”. La questione bulgara sui respingimenti è al centro dell’azione di “Black book of pushbacks”. Interessante anche il coinvolgimento della Turchia – per esempio con l’associazione Multeci-Der – in difesa dei migranti che cercano di varcare il confine a Edirne. Comunque, sia il “trattenimento” di 12mila persone e i successivi arresti che i respingimenti non hanno migliorato la questione. La ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, è a favore dell’adesione della Romania al trattato di Schengen. La Romania, secondo il presidente romeno, Klaus Iohannis, sostiene l’Ucraina in termini politici, logistici e umanitari. Bucarest chiede all’Europa di sostenere attivamente anche la Moldavia sulla crisi energetica e sull’indipendenza territoriale. Francia, Germania e Romania hanno attivato una piattaforma di supporto per la Moldavia, chiedendo l’integrazione nell’Ue di Moldavia e Ucraina. Romania e Bulgaria costruiranno due nuove megacentrali idroelettriche sul Danubio.

CROAZIA

La Croazia sta cambiando il cupo volto segnato dal nazismo degli Ustascia. Oltre all’attivazione dei matrimoni gay, è da rimarcare la notizia che Tomislav Tomašević, neosindaco di Zagabria, ha partecipato alle commemorazioni dell’eccidio della famiglia serba di Mihajlo Zec, attuato da un gruppo paramilitare croato nel 1991. Il problema principale per la Croazia è dovuto all’adesione all’euro, moneta ufficiale dal primo gennaio del 2023. Un arrivo, questo, che si è sommato ai processi di crescita dei prezzi, attivati dalla crisi in tutto l’Occidente. Di conseguenza, l’inflazione a Zagabria è più alta che nel resto dell’Europa. Mentre la protesta cresce, il Governo ha promesso interventi urgenti.

SERBIA

Vjosa Osmani, presidente del Kosovo, la mette giù duramente: “La Serbia? Imperialista come Mosca e coopera con la Wagner. Cerca di destabilizzarci perché siamo una democrazia. La Nato per noi è fondamentale”. Le pessime relazioni con il Kosovo, e le non meno pessime relazioni amicali con la Russia, sono il primo dei problemi per la Serbia. La crisi ha colpito duramente: a gennaio è esploso il numero di bambini serbi colpiti da tubercolosi e dal morbillo, a partire dalla città di Novi Pazar. L’ignoranza e il silenzio governativo sulla Sanità hanno raggiunto la popolazione, in buona parte contraria ai vaccini anti Covid. I rapporti economici tra Italia e Serbia sono buoni. Giorni fa, l’ambasciatore italiano Luca Gori ha incontrato il ministro per gli Investimenti pubblici serbo, Marko Blagojević. Si è discusso del prossimo Business forum Italia-Serbia, concentrandosi su progetti infrastrutturali come ospedali, teatri, scuole e impianti sportivi. L’Italia è uno dei principali investitori stranieri in Serbia e vuole rafforzare la sua presenza nel Paese. Dopo le recenti turbolenze, i rapporti con il Kosovo sembrano andare verso una normalizzazione instabile. Il presidente serbo, Aleksandar Vučić, in un discorso alla popolazione ha detto che la Serbia è stata “obbligata” ad accettare il piano franco-tedesco-americano di normalizzazione dei rapporti con Pristina. I serbi del Kosovo hanno protestato.

CEKIA

Il fatto più importante sulla Cekia in questo momento è il seguente, riferito dal Comitato Ventotene: “Una bellissima notizia dall’incantevole Praga: l’eroe di guerra, Petr Pavel, è il nuovo presidente della Repubblica Ceca. Un fiero sostenitore dell’Ue e dell’Alleanza transatlantica sostituisce il veterocomunista e putiniano Miloš Zeman.

BOSNIA-ERZEGOVINA

Rispetto alle nazioni balcaniche, dove al posto dell’oligarchia del petrolio russa vige quella della criminalità dei traffici di droga, in Bosnia-Erzegovina fiorisce un altro traffico, quello degli esseri umani. Il sistema è simile a quello marittimo tra Libia, Tunisia e Italia, ma su terra l’immigrazione illegale ha bisogno della corruzione nelle forze di polizia, oltre che di mercanti criminali. La rete Global initiative against transnational organized crime (Gi-Toc) ha stilato un documento sul traffico di persone e denaro nei Balcani occidentali, che conferma i legami tra parte della polizia e trafficanti. Secondo il rapporto, i trafficanti vanno suddivisi tra i fixer che si occupano del trasporto, i gatekeeper che gestiscono l’attraversamento dei confini (diversi dai passeur delle Alpi, i contrabbandieri che aiutarono ebrei e esuli), perché i gatekeeper si fanno pagare, e bene. Infine, ci sono i package dealer, che organizzano ogni cosa e individuano i migranti in grado di pagare. La Bosnia-Erzegovina 15 anni fa si era impegnata a processare i criminali di guerra in tempi rapidi. Nulla è successo, a causa dei veti e delle divisioni che persistono in una nazione quasi priva di un sistema statale anche minimo (anni fa mi è capitato di vedere i “passaporti” di bosniaci: praticamente erano dei fogli A4 battuti a macchina e incomprensibili). Di fronte alla crescente inflazione, la Republika Srpska, una delle due entità in cui è divisa la nazione, ha assegnato ai giovani un bonus di 100 km (marco bosniaco, ovvero 50 euro).

MACEDONIA DEL NORD

Come la Bosnia, anche la Macedonia del Nord sopravvive a stento e resta una nazione arretrata, legata all’agricoltura e alla pastorizia. Altro dato negativo è la spaccatura tra le due etnie principali: albanesi (25,1 per cento) e macedoni. La Macedonia, però, fa parte del programma di sviluppo bilaterale “Italia-Balcani” lanciato dal Governo Meloni. Interessanti gli scenari anche per il turismo. L’Esecutivo macedone ha bloccato la costruzione di sette piccole centrali idroelettriche nel parco nazionale di Shar. Lo stop è dovuto a problemi ambientali, che potevano essere previsti prima di spendere dei capitali, il che ha certo dato agli investitori esteri un pessimo segnale.

GRECIA

L’Agenzia Nova riporta che, nel 2022, il prezzo dell’elettricità in Grecia è stato il più alto di tutta la Ue, mentre quello del gas è più che raddoppiato rispetto al 2021 e quasi quintuplicato se confrontato con il 2018. La questione più dibattuta in questo periodo è il Greciagate (viviamo di “gate”, ormai). Giorni fa, una mozione di sfiducia al Governo è stata respinta. Il problema – in modo diverso – è quello delle intercettazioni, su cui in Italia insistono contro il ministro Carlo Nordio i giustizialisti rosso-bruni. “Sapevate delle intercettazioni, perché le avete ordinate voi”: così il leader di Syriza, Alexis Tsipras, ha accusato il premier Kyriakos Mitsotakis. Ma sono stati intercettati dai Servizi segreti greci anche personaggi del Governo, come il ministro del Lavoro, Kostis Hatzidakis.

Aggiornato il 31 gennaio 2023 alle ore 10:07