Kim Jong-un vieta di dare il nome della figlia

In Corea del Nord ora è vietato avere lo stesso nome della figlia di Kim Jong-un. A rivelare l’ultima direttiva della dittatura comunista è Radio Free Asia che, citando due fonti anonime, informa che le autorità nordcoreane stanno costringendo le ragazze e le donne che si chiamano Ju Ae a cambiare il proprio nome. Stando al sito di notizie, le autorità locali delle città di Jeongju e Pyongsong avrebbero persino ordinato di cambiare i propri certificati di nascita alle omonime della figlia di Kim.

Il motivo ufficiale di questo nuovo ordine nazionale deriva dal fatto che, secondo le autorità del Paese, Ju Ae è diventato un nome riservato solo a personalità con “altissima dignità”, per citare una delle due fonti anonime. La bambina, che si ritiene abbia dieci anni, è l’unica dei tre figli del supremo leader ad aver fatto una qualche apparizione pubblica. Il suo debutto davanti alla nazione risale a novembre dello scorso anno quando, insieme al padre, ha preso parte a un test di lancio di missili balistici intercontinentali. Più recentemente, ha assistito alla parata militare per la celebrazione del 75esimo anniversario dalla fondazione dell’Esercito popolare coreano – le forze armate della Corea del Nord – in piazza Kim Il Sung.

Kim Ju Ae, inoltre, sarà protagonista con il padre di una serie di francobolli, che uscirà negli uffici postali il 17 febbraio. In queste stampe si commemorerà il primo lancio andato a buon fine dell’Hwasong-17 – potenzialmente il missile balistico intercontinentale (Icbm) a più lungo raggio di tutto il regime – avvenuto lo scorso 18 novembre. La collezione sarà formata da otto diversi francobolli, cinque dei quali ritraggono Kim Jong-un con sua figlia. La scelta di mettere fuori legge il nome Ju Ae non è il primo e non sarà probabilmente l’ultimo dei divieti “fantasiosi” del supremo leader.

Infatti, il Capo di Stato ha già bandito dalla Corea del Nord i jeans e le serie tv provenienti dalla Corea del Sud, dal Giappone e dagli Stati Uniti. Stesso discorso vale per la musica di stampo “capitalista”. A Pyongyang, perfino un taglio di capelli che ricorda quello delle band K-Pop (musica popolare sudcoreana) può valere i lavori forzati.

Aggiornato il 14 febbraio 2023 alle ore 16:08