Emergenza Siria: “Non lasciateli soli”

Un terribile terremoto di magnitudo 7,8 ha colpito la Turchia e la Siria. L’epicentro viene localizzato sul confine turco siriano dove la Onlus Support and Sustain Children opera da tredici anni. Il sisma provoca decine e decine di migliaia di morti. In quei contesti si scava tra le macerie. Il bollettino delle vittime – e dei dispersi – è destinato a salire.

Come raccontato dalla onlus, donne, uomini e bambini stanno lottando per la vita. Insomma: la situazione è drammatica. E all’inferno della guerra che la popolazione siriana vive da anni, un altro inferno si è aggiunto al loro dramma. “Le comunicazioni con il nostro team locale sono difficili, telefoni risultano isolati. Ci giungono notizie di nuovi crolli e siamo in attesa di sapere se i nostri amici stanno bene”. Il team di Support and Sustain Children, come riferito, è rientrato dalla missione mensile domenica 5 febbraio e tornerà in Siria dal 12 al 19 marzo, per distribuire aiuti umanitari. I bambini ricoverati nella piccola clinica realizzata nel campo spontaneo sul confine turco siriano “ora sono per strada, al freddo e al gelo”.

Arianna Martini, presidente di Support and Sustain Children, commenta: “Abbiamo atteso, ascoltato, condiviso il trauma con i nostri i collaboratori in Siria. Insieme alle terribili notizie che ci giungono dal Paese – prosegue – abbiamo cercato di capire come poter essere utili. Utili davvero, in un momento così tragico come quello che quei luoghi stanno vivendo ora, come se già la guerra non bastasse”.

Ma non finisce qui: “Le riprese che arrivano dalla Turchia e dalla Siria sono agghiaccianti, il terremoto che ha colpito la Siria è spaventoso. La piccola clinica pediatrica allestita da Support and Sustain Children che abbiamo ristrutturato e reso operativa di recente è grazie al cielo intatta, è sta per divenire un luogo di soccorso e riferimento per il maggior numero di persone possibile. Il dottor Alì che la gestisce, referente dell’organizzazione sul posto, si è reso disponibile a gestire tutto il materiale che riusciremo a fornire”.

Quale sarà il lavoro? “Ci saranno da distribuire coperte – spiega – perché tutti coloro che vivevano in una casa in muratura ora sono per strada, bambini compresi. E ci sarà bisogno di una gran quantità di medicinali e materiali di soccorso. Probabilmente anche di cibo e giubbini. Il dottor Alì, medico della clinica allestita per i nostri bambini dall’associazione, è immerso dal dolore, per la scomparsa dei suoi familiari, ma nonostante il momento di difficoltà, non ha perso la lucidità. La clinica gestita dall’associazione – insiste – accoglierà gli sfollati. C’è bisogno di tutto: cibo, coperte, giubbini, medicinali e tanto altro. Fa molto freddo, i nostri bambini sono terrorizzati e spaventati. Il quadro cambia di ora in ora, le notizie non sono confortanti. Non abbiamo ancora idea di quanto servirà, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Questa è l’unica certezza che abbiamo. I nostri referenti in Siria, purtroppo ci inviano notizie terrificanti”.

“Da tempo la Siria soffre dell’isolamento generato dall’embargo internazionale – termina il presidente Arianna Martini – che rende difficile oltrepassare quei confini, sia che si tratti di soccorritori, sia che si tratti di materiale di qualunque genere. Noi ci abbiamo messo anni a creare contatti di fiducia sul posto, operiamo in Siria da tredici anni, passando il confine ogni volta che è stato possibile. E adesso, grazie a loro, riusciamo a far arrivare a destinazione gli aiuti umanitari. Abbiamo distribuito nella zona di Azaz, dove sorge la nostra clinica, beni di prima necessità e cibo. Non è stato semplice ed il team ha lavorato duramente. In questi giorni si fa la conta dei morti. Ci mandano delle immagini di famiglie con i bambini avvolti in coperte per strada”.

In Turchia, per esempio, i “soccorsi arrivano ma sono lenti, mentre in Siria gli aiuti stentano ad arrivare. La Siria, martoriata da una guerra voluta da governi folli, ora è nuovo un campo di morte. Negli ultimi anni le città di Aleppo o Azzaz avevano ripreso le attività, ma adesso sono rase al suolo. Donne, uomini e bambini, profughi della guerra, non registrati vivono in scantinati o sottoscala da tredici anni, tutte persone che non fanno e non faranno mai parte del numero dei dispersi, ma semplicemente non sono conteggiati. Sono morti come hanno vissuto, da invisibili, anche se sono esseri umani. Questo è l’inferno”.

Aggiornato il 23 febbraio 2023 alle ore 13:53