Dove va Putin? In rotta di collisione

martedì 28 febbraio 2023


Qual è “L’Età della Ragione”? Quella irraggiungibile per certi autocrati super-egotici, che usano i loro popoli come bassa macelleria. Chi ha riportato gravi ferite per colpi d’armi da fuoco o per le schegge di un’esplosione conosce molto bene sulla sua pelle l’amaro di una lenta guarigione e, a volte, l’impossibilità di ritornare alla vita di prima. Come non potrà farlo più chi avrà perduto in guerra braccia, gambe o la vista, con un seguito di famiglie distrutte e una lunga catena di suicidi e di disagi psichici permanenti dopo la fine del conflitto. Il tiranno, invece, non solo non ha cognizione o interesse per tutto ciò, ma è disposto a sacrificare per i propri fini di onnipotenza (mascherandoli dietro l’orrido paravento degli “interessi vitali” per la sua Nazione) la vita di centinaia di migliaia di giovani uomini e delle loro famiglie. E tutto ciò, come nel caso di Vladimir Putin, soltanto per poter proclamare una futura vittoria che tale non sarà, dato che la guerra contro Kiev avrà rovinato per molti decenni la reputazione internazionale e l’economia di mercato del suo Paese! Vediamo le trappole, le illusioni e gli obiettivi che contraddistinguono la strategia di Putin, a partire da quel catastrofico 24 febbraio 2022, così come le hanno ricostruite le cronache e le analisi della grande stampa internazionale, con particolare riferimento a quella angloamericana, la più impegnata in assoluto a sostegno dell’Ucraina. Una volta riconosciuta “artificialmente” ma solennemente l’autonomia delle due regioni di Lugansk e di Donetsk, che fanno parte di altrettanti “Oblast” (regioni) del Donbass, Putin ha varato in solitario, senza avvalersi di una decisione conforme dell’Onu, una quantomeno eufemistica operazione di peace-keeping.

Una volta dato l’ordine di invadere all’esercito russo schierato ai confini ucraini, forte di 150mila uomini e di migliaia di tank e mezzi corazzati, è iniziata una folle avventura bellica che nelle illusioni di Mosca avrebbe dovuto durare solo pochi giorni! Questo incredibile errore di valutazione nasceva dalle improvvide analisi dell’Fsb, i Servizi segreti di Mosca (troppo fedeli e timorosi della Voce del Padrone, solo per tentare di dissentire da lui!), per cui Putin si era illuso che, non appena le truppe russe fossero entrate in Ucraina, sarebbero state salutate come liberatrici, e Kiev si sarebbe arresa senza combattere, accettando l’insediamento di un Governo fantoccio gradito a Mosca. Putin, cioè, credeva sinceramente che l’esercito ucraino si sarebbe dissolto come neve al sole, guardando al confronto impari Iraq-Usa del 2003, quando l’America invase l’Iraq. Dimenticando così, un po’ troppo facilmente, che l’Iraq era all’epoca un mosaico (mantenuto stabile da una spietata tirannia) di popoli, etnie e religioni che si odiavano ferocemente tra di loro. Situazione, quest’ultima, del tutto estranea alla realtà di una Ucraina etnicamente e religiosamente monolitica, fierissima della sua Nazione slava. Tra l’altro, alla fine dell’epoca del colonialismo inglese, la nascita dell’Iraq come Nazione rappresentò una scelta a tavolino fatta dai plenipotenziari Mark Sykes e François Georges Picot in rappresentanza delle due potenze coloniali di Inghilterra e Francia, che tracciarono i suoi confini sulla carta geografica con matite colorate e righello!

Del resto, continuava a ripetersi Putin, non era forse vero che in precedenza il mondo libero non aveva fatto una piega nel caso dell’invasione della Georgia e dell’annessione della Crimea? A garanzia dell’immobilismo occidentale, Putin contava sul fattore determinante del ricatto energetico, per cui mai e poi mai l’Europa avrebbe compromesso il suo benessere, rinunciando alle forniture russe di gas e petrolio a buon mercato. In questo quadro, secondo Mosca, le sanzioni occidentali avrebbero avuto un impatto molto ridotto, grazie al ricorso da parte russa al mercato alternativo cinese, per quanto riguarda i prodotti a più elevato know-how e l’interscambio commerciale. D’altra parte, è vero che la Russia non presenta problemi di autosufficienza alimentare e ha per di più il quasi-monopolio dei fertilizzanti, dei quali non possono fare a meno le produzioni agricole europee. Idem per quanto riguarda le forniture petrolifere, essendo la Russia uno dei maggiori esportatori mondiali di greggio. Sulla falsariga di quanto avvenne quando la coalizione angloamericana attaccò nel 2003 l’Iraq, giustificando le ragioni dell'intervento militare con un presunto “diritto all’autodifesa attraverso l'azione preventiva”, Putin ha sfruttato le ambiguità lessicali e interpretative della così detta “Operazione speciale”, per non dichiarare esplicitamente lo stato di guerra con l’Ucraina. In caso contrario, Kiev avrebbe potuto replicare colpo su colpo, missile su missile, colpendo obiettivi russi oltre confine, così come Mosca ha fatto dal 24 febbraio 2022 con quelli ucraini. Chiaramente, Putin conosceva benissimo e temeva la superiorità dell’armamento missilistico e di quello anti-missile occidentale che, in caso di stato di guerra conclamato, l’Ucraina avrebbe potuto acquistare sul mercato internazionale delle armi, per difendersi adeguatamente dalla guerra di aggressione russa.

Aveva ragione il grande generale americano George Smith Patton e torto il suo Comandante in capo, il generale Dwight Eisenhower, che glielo impedì: se nel 1945 le potenze vincitrici occidentali avessero occupato tutta l’Europa dell’Est e persino invaso l’Urss (che certamente non avrebbe potuto resistere stremata com’era e senza più le forniture di armi dagli Usa), da allora non ci sarebbe stato più né il comunismo, né si sarebbero costituiti gli arsenali nucleari attuali di Russia e Cina. Oggi, tuttavia, Putin ha il popolo russo con sé, grazie a una narrazione nazionalista che recita: “Sono “Loro” che ci hanno aggrediti spostando le forze Nato ai nostri confini, creando così un vitale pregiudizio alla sopravvivenza della grande Nazione russa”. Eppure, la Russia ha poco a che vedere con l’Eurasia. Infatti, nell’Europa della Controriforma fino a fine Ottocento è esistita un’universalità di ceto: i principi e le Case Regnanti avevano cliché e protocolli comuni. Una Corte era una Corte: tutti ne riconoscevano lo status. La Russia “era” Europa: alla Corte dello zar – oltre al russo – si parlavano le principali lingue europee: francese, tedesco e inglese. Musica e letteratura russe erano apprezzate, eseguite e lette ovunque, in Europa e nel mondo. Quindi: quanto può durare l’abbraccio mortale della Russia con la Cina? Altro aspetto fondamentale: le risorse di idrocarburi e di petrolio sono finite. E se non c’è altro che quello per fare Pil, la Russia si troverà senza più nulla tra cinquant’anni, dopo che i suoi gasdotti e oleodotti avranno quasi esclusivamente soddisfatto il fabbisogno di una Cina bulimica di energia a buon mercato.

Ma intanto, per quell’epoca, la tecnologia occidentale avrà raggiunto l’autosufficienza con la fusione nucleare e potrà vendere ad altri il suo surplus energetico, garantendo una Terra pulita grazie all’energia green, mentre Russia e Cina avranno i loro territori devastati dall’inquinamento da idrocarburi. La Storia non insegna mai nulla ai dittatori, perché Putin avrebbe dovuto pur sapere che quando l’Urss, dopo il 1945, smantellò in riparazione dei danni di guerra tutti gli impianti industriali della Germania nazista sconfitta, permise a Bonn, grazie agli aiuti del Piano Marshall, di ricostruire al loro posto impianti modernissimi, avviando così lo strabiliante miracolo economico tedesco, mentre Mosca faceva girare vecchi impianti germanici costosi e inefficienti! Alla fine di questa scellerata guerra, accadrà lo stesso per l’Ucraina, grazie a trilioni di dollari che verranno investiti dall’Occidente per la sua ricostruzione! Nel Dopoguerra si assisterà in Ucraina a un picco della natalità significativo e di lunga durata, che farà di quel Paese la Nazione più giovane d’Europa, con un mercato del lavoro in espansione e destinato ad attrarre sempre di più le grandi industrie manifatturiere europee ad alta densità di manodopera qualificata, grazie a una bassissima tassazione sui profitti e alla scarsa conflittualità del suo mercato del lavoro. Per l’oggi, nel prosieguo di questa “Drôle de guerre”, Putin punterà tutte le sue carte sulla stanchezza dell’Occidente e farà leva sui suoi Cavalli di Troia occidentali della Disinformatija, per far prevalere un pacifismo vuoto di sinistra-destra, che costringerà i governi Nato ad abbandonare l’Ucraina al proprio destino.

Nel frattempo, avendo convertito la Russia in un’economia di guerra, Putin farà valere il suo enorme vantaggio in acciaio, uomini e proiettili, per sovrastare l’insufficiente produzione bellica dell’intero Occidente, spingendolo all’angolo senza vie di uscita di una interminabile guerra di attrito. Del resto, se lui può distruggere l’Ucraina e quest’ultima non può controbatterlo sullo stesso terreno (anche perché Noi abbiamo il terrore di essere coinvolti in una Terza guerra mondiale), chi con ogni probabilità vincerà questo conflitto bellico?


di Maurizio Guaitoli