Wagner: Evgenij Prigožin, il sabotatore del Cremlino

Evgenij Prigožin da tempo è il principale delatore delle strategie e dei vertici dell’esercito russo. Il capo e proprietario dei mercenari Wagner, punta di diamante a pagamento dell’offensiva russa, stanco di attaccare l’operato dei generali di Mosca, ora mette in discussione anche l’élite politica del Cremlino e quindi, indirettamente, anche il presidente Vladimir Putin.

Fino a poco tempo fa, Prigojine era un attento osservante della discrezione. Ora, questo ex carcerato che ha vissuto per nove anni nelle prigioni sovietiche, uscito poco prima della fine del mandato presidenziale di Michail Gorbačëv (1991), ha perso ogni freno inibitorio nell’esternare le sue colorite critiche verso il suo protettore e i suoi più stretti collaboratori. Ha operato per anni nell’ombra, assecondando e anticipando i desideri del suo capo, quando ha inviato i Wagner in Africa e in Siria o nel momento in cui ha abilmente invaso Internet con la pubblicità sulle sue forze mercenarie, cercando di arruolare in ogni ambito dove la sensibilità verso Putin fosse favorevole, restando comunque sempre nei margini del suo ruolo.

Ma quali sono gli obiettivi del sessantunenne Prigojine con il suo continuo atteggiamento da one-upmanship? In questi ultimi tempi si è parlato molto delle sue ambizioni politiche, e il soft sabotaggio strategico messo in atto dai generali russi nei suoi riguardi, è un segno di quanto possano temere la sua entrata in politica. Prigojine in passato ha tentato di penetrare da leader nel partito nazionalista radical-populista Rodina. E il lessico spicciolo e penetrante, che oggi adotta, può essere configurato come un classico strumento di comunicazione politica e di massa, tanto più efficace in quanto deprecato dagli altri attori che recitano sul palcoscenico politico russo. Vanno anche letti i suoi continui video, dove si fa ritrarre al fronte, nel fango, tra le macerie o con alle spalle i vasti e sconfortanti cimiteri dove riposano i mercenari russi, in contrapposizione alla vita comoda fatta dai figli della “nomenclatura” e degli oligarchi, che passano le vacanze al caldo dei tropici. Questo impatto comunicativo colpisce la popolazione russa, che ha almeno un familiare al fronte o deceduto in battaglia.

In questo momento, Prigojine ha intrapreso una rotta che naviga in senso contrario alla prua russa; e i suoi attacchi colpiscono pesantemente non solo i vertici dell’esercito russo “dell’Operazione militare speciale”, accusati di sabotare i Wagner tardando la fornitura di armi, ma anche le “teorie putiniane” sulla motivazione dell’aggressione all’Ucraina. Infatti, Prigojine mette in dubbio la dottrina putiniana sulla denazificazione dell’Ucraina, affermando che i Wagner sono arrivati in Ucraina “come ronzini”, e che hanno cercato i “nazisti”, colpendo dovunque e chiunque, senza trovarne troppi. Affermando, così, che la smilitarizzazione dell’area occupata ha rappresentato “un completo fallimento”.

Ma in realtà cosa sta succedendo sul fronte russo-ucraino? Oltre alle battaglie disseminate sul territorio e alla parziale distruzione della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka – operazione dai risvolti nebulosi – situata nel sud dell’Ucraina, dove i soldati russi occupanti, tra il 5 e il 6 giugno, hanno fatto esplodere delle mine i cui effetti stanno causando gravi inondazioni anche a Kherson, sulla foce del fiume Dnepr, uno scontro determinante è quello sulla comunicazione o meglio sulla disinformazione. Ci sono discorsi contraddittori e fuorvianti da ambo le parti: mentre le forze ucraine affermano di guadagnare terreno nei pressi delle macerie di Bakhmout, fulcro dei più atroci scontri di questi ultimi mesi, le autorità russe asseriscono di avere frenato le avanzate ucraine sul territorio russo e di aver contrastato, il 4 maggio, attacchi a cinque settori del fronte in direzione sud nella regione di Donetsk, situata ad est. Una fonte del Ministero della Difesa russo assicura che l’esercito del Cremlino avrebbe ucciso quasi 1600 soldati ucraini e distrutto una trentina di carri armati. Ma questo non risulta o non viene sottolineato da Prigojine, che mette in discussione ciò che le fonti di informazioni russe rivelano riguardo alla situazione attuale. Inoltre, fa sarcasmo sugli obiettivi di guerra rivendicati da Putin, sfiorando il “reato” di lesa maestà.

Tuttavia, al di là della disinformazione, è certo che, come sottolineato temerariamente anche dal capo dei Wagner, l’operazione militare – nata sulla falsa scia di ricerca di nazisti ucraini – ha avuto come “effetto collaterale” che ora l’Ucraina ha uno degli eserciti più forti del mondo. Evgenij Prigožin sostiene da giorni che l’operazione militare speciale sia fallita. Aggiungendo: “Siamo nella situazione in cui possiamo semplicemente perdere la Russia”. Considerazione che, fatta da colui che ha in mano l’offensiva russa, fa riflettere. Anche se da tale pesante affermazione trasuda una certa sfumatura politica, che mina le sempre meno solide “fondamenta” del potere putiniano.

Aggiornato il 28 giugno 2023 alle ore 10:36