Taiwan si rafforza e si prepara per ogni evenienza

mercoledì 9 agosto 2023


Si continua a discutere della mai sopita volontà cinese di invadere l’isola di Formosa, oggi Taiwan. Non si parla più del se, ma del quando, viste le più che note dichiarazioni del governo cinese sulla riunificazione dell’isola alla madre patria. Anche con la forza se necessario, possibilmente entro il 2049, e secondo alcuni non si può escludere che l’impresa possa essere tentata molto prima.

La Cina è da tempo impegnata nel potenziamento della spesa militare ad un ritmo senza precedenti. Negli ultimi dieci anni Pechino ha più che raddoppiato il suo budget per la difesa e figura al secondo posto al mondo, dopo gli Stati Uniti, con circa 292 miliardi di dollari nel 2022, il 4,2% in più rispetto al 2021 e il 63% in più rispetto al 2013. La spesa militare cinese è aumentata per 28 anni consecutivi.

Taiwan, da parte sua, vista l’enorme disparità di forze, in caso di invasione cinese, avrebbe deciso di adottare una nuova dottrina militare per fronteggiare le mire annessionistiche di Pechino, basata sul concetto di “difesa asimmetrica” sfruttando soprattutto la morfologia dell’isola, per rendere lo sbarco delle forze cinesi il più arduo possibile.

L’isola ha una superficie di 35.808 chilometri quadrati con catene montuose che dominano i due terzi orientali e pianure nel terzo occidentale, dove si concentra la sua popolazione altamente urbanizzata.

“E’ necessario spiegare alla comunità internazionale che qualsiasi conflitto coinvolga Taiwan avrà esiti disastrosi per il resto del mondo” in termini di carenze di cibo ed energia e inflazione fuori controllo, in misura superiore agli effetti analoghi causati dal conflitto in Ucraina.

Lo ha detto il 3 agosto il ministro degli Esteri di Taiwan, Joseph Wu, sottolineando l’importanza strategica dell’Isola per l’industria dei semiconduttori e per il traffico marittimo delle merci. In un’intervista ripresa in Italia dall’Agenzia Nova, Il ministro ha ricordato in particolare che oltre il 50 per cento del traffico marittimo di merci mondiale transita attraverso lo Stretto di Taiwan  e per tale ragione la libertà di navigazione nella regione costituisce “uno degli elementi cruciali per la sicurezza e la prosperità internazionali”.

Il fronte dei droni                                                     

Secondo alcuni analisti, nell’isola dovrebbero essere dispiegati sistemi d’arma più piccoli, mobili e letali per scoraggiare la Cina, in quanto risulterebbero molto più conveniente rispetto all’acquisizione di un numero limitato di armi di grosso valore e, probabilmente, più vulnerabili agli attacchi. Nell’ambito del programma Drone National Team, Taiwan starebbe reclutando i produttori di droni commerciali, le aziende aeronautiche e aerospaziali in uno sforzo congiunto con i militari per accelerare la costruzione di una catena autosufficiente di fornitura di questi aeromobili a pilotaggio remoto.

Come si può facilmente immaginare, il divario con la Cina in fatto di droni è netto. Taiwan sarebbe in possesso, attualmente, di solamente quattro tipi di droni e in numero drasticamente inferiore rispetto alla Cina. L’esercito cinese ha un arsenale di decine di migliaia di droni di oltre 50 diversi tipi tra velivoli da sorveglianza a lungo raggio a piccoli quadricotteri schierati dalle truppe di terra.

Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), la Cina ha consegnato circa 282 droni da combattimento a 17 paesi nell’ultimo decennio, divenendo così il principale esportatore mondiale di velivoli armati. Dall’Arabia Saudita al Myanmar, dall’Iraq all’Etiopia, i governi e le forze armate di tutto il mondo stanno acquisendo droni da combattimento cinesi e dispiegandoli, quando necessari, sul campo di battaglia.

In confronto, gli Stati Uniti, che hanno gli Uav più avanzati al mondo, hanno consegnato solo 12 droni da combattimento nello stesso periodo, tutti alla Francia e al Regno Unito.

Il dominio della Cina sul mercato globale dei droni da combattimento nell’ultimo decennio è in parte dovuto a un vasto sforzo finanziato dallo stato che cerca di elevare le forze armate del paese a “standard di livello mondiale”. Il presidente cinese Xi Jinping ha descritto i droni come capaci di “cambiare profondamente gli scenari di guerra” e si è impegnato durante il Congresso del Partito Comunista, lo scorso anno, ad “accelerare lo sviluppo di capacità di combattimento intelligente senza pilota”.

Taipei, vista l’incombente minaccia, è assolutamente determinato alla creazione di un piano strategico per colmare il divario, anche se appare un’impresa alquanto ardua, vista l’evidente differenza tra i due paesi e il confronto per numeri ed equipaggiamenti risulta impari sotto ogni punto di vista. L’obiettivo di Taipei sarebbe quello di costruire più di 3.200 droni militari entro la metà del 2024. Questi includerebbero mini-droni che pesano meno di 2 kg e mezzi di sorveglianza più grandi con un raggio d’azione di 150 chilometri e un velivolo del segmento Medium Altitude Long Endurance (Male) con  300 chilometri di raggio d’azione.

Gli Stati Uniti, principale alleato di Taiwan, sono in possesso dei droni militari più avanzati al mondo e secondo il Pentagono avrebbero a disposizione un arsenale di oltre 11.000 di questi velivoli senza pilota.

I droni statunitensi hanno dimensioni variabili da due chilogrammi lanciabili a mano, a droni di sorveglianza a lungo raggio da 14.500 kg. Anche gli alleati degli Stati Uniti Giappone, Australia e Corea del Sud schierano droni aerei nelle loro forze.

Gli aiuti statunitensi

Gli Stati Uniti sono impegnati nella difesa di Taiwan attraverso il Taiwan Relations Act che include l’obbligo di fornire a Taiwan le armi di cui ha bisogno per difendersi.

Nel 1979 il Presidente statunitense Jimmy Carter decise di porre fine alle relazioni diplomatiche con Taiwan accettando il principio di “una sola Cina” imposto da Pechino e da allora Washington ha fatto affidamento sul Taiwan Relations Act per gestire i suoi legami con Taipei. Per evitare di minare le relazioni con Pechino, che vede Taiwan come una provincia separatista, gli Stati Uniti hanno mantenuto la cosiddetta politica “Una Cina”, riconoscendo la tesi di Pechino secondo cui la Repubblica popolare cinese è l’unico governo legale della Cina.

Allo stesso tempo, per aiutare Taiwan a scoraggiare potenziali tentativi cinesi di conquista, il governo degli Stati Uniti fornisce regolarmente a Taiwan il materiale difensivo di cui ha bisogno per contrastare un attacco cinese.

Il 2 agosto è stato confermato che gli Stati Uniti forniranno per la prima volta a Taiwan 345 milioni di dollari di armamenti ed equipaggiamenti prelevati dalle proprie scorte nell’ambito del programma “Presidential Drawdown Authority” (Pda)

Il programma viene utilizzato per inviare armi all’Ucraina con urgenza e nel 2024 vedrà stanziare altri 1,1 miliardi di dollari di aiuti militari a Taiwan.Lo stesso giorno Il Financial Times ha rivelato inoltre che la Casa Bianca chiederà al Congresso di finanziare la fornitura di armi a Taiwan come parte della richiesta di bilancio supplementare per l’assistenza all’Ucraina.

Il Pentagono non ha voluto indicare i sistemi d’arma e gli equipaggiamenti che verranno forniti ma la reazione di Pechino non si è fatta attendere. “Ci opponiamo fermamente ai legami militari e alla vendita di armi” a Taipei, ha affermato il portavoce dell’ambasciata cinese a Washington Liu Pengyu. “Gli Stati Uniti devono smetterla di creare nuovi fattori di tensione e di mettere a rischio la pace e la stabilità nello stretto di Taiwan”.

Non è un caso che il 3 agosto la Cina abbia inviato 15 aerei e 7 navi militari nei pressi dell’isola-stato come ha riferito il ministero della Difesa di Taiwan: Per gli Stati Uniti, l’Indo-Pacifico resta il teatro prioritario con un focus sulla deterrenza integrata, il cui obiettivo è quello di dissuadere il presidente cinese Xi Jinping dal pensare che esista un modo rapido ed economico per eseguire un’invasione.

Permangono ancora dubbi su un eventuale intervento diretto degli Stati Uniti in caso di conflitto con la Cina per difendere Taiwan, ma “l’ambiguità strategica” americana, intesa come creazione deliberata di incertezza, è basata proprio sulla teoria secondo cui è meglio lasciare nell’incertezza tutte le parti se e in che misura l’esercito americano interverrà in caso di guerra.

Addestrare la popolazione

Intanto in tutta l’isola si svolgono esercitazioni periodiche di evacuazione stradale. Il Taipei Times riporta di una esercitazione, di questi giorni, un avviso di un raid aereo inviato tramite messaggio di testo nel quale si avvertivano le persone di evacuare immediatamente e mettersi al sicuro.

Nelle affollate aree commerciali di Taipei, alcuni negozi hanno abbassato le saracinesche e la polizia ha ordinato ai passanti e ai veicoli, compresi gli autisti delle consegne di cibo in motocicletta, di spostarsi sul ciglio della strada e cercare riparo.

Tra le esercitazioni condotte dalle autorità di Taipei, ad alcuni cittadini è stato chiesto di cercare riparo nei parcheggi sotterranei con le mani che coprivano gli occhi, le orecchie e di tenere la bocca aperta, per ridurre al minimo l’effetto delle onde d’urto dei missili, in caso di attacco.

Secondo il ministero della Difesa nazionale, l’esercitazione di 30 minuti viene svolta alla stessa ora in giorni diversi nelle diverse parti di Taiwan. Il sito del ministero della Difesa ricorda agli automobilisti di seguire le istruzioni della polizia e di non contravvenire alle regole del traffico durante l’esercizio.

L’esercitazione di difesa aerea di quest’anno ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli avvisi di emergenza, per ridurre la possibilità di vittime e danni in caso di attacco.

(*) Tratto da Il Nodo di Gordio e Analisi e difesa

(**) Foto: Ministero Difesa di Taiwan, US DoD, China Military, Getty Images e PLA


di Elvio Rotondo (*)