Fiengo (Dgs): “Fiero dell’ingresso nel programma Elite”

martedì 4 dicembre 2018


È raggiante Vincenzo Fiengo, amministratore delegato del gruppo privato Dgs. Il brand, partner di Italian Digital Revolution, dal 1997 (anno della sua fondazione) opera nel settore Ict ed è tra le nuove 23 società del nostro Paese inserite nel programma Elite, la piattaforma internazionale del London Stock Exchange Group creata nel 2012 all’interno di Borsa Italiana con la collaborazione di Confindustria e riservata alle aziende ad alto potenziale di crescita.

“Siamo fieri di aver raggiunto questo risultato – afferma – che ci aiuterà senz’altro a conseguire gli ambiziosi obiettivi del nostro piano di crescita strategico. Ci aspettiamo inoltre di continuare ad arricchire la nostra rete di relazioni nazionali ed internazionali”.

Dgs dunque raccoglie i frutti di oltre vent’anni di lavoro nel campo delle soluzioni professionali ad elevato contenuto tecnologico.

“Certo. Perché sin dai primi giorni di vita del sodalizio abbiamo sempre avuto, grazie a una precisa visione strategica, scopi precisi legati anzitutto alla crescita della tecnologia e alla volontà di fornire una vasta gamma di soluzioni adatta a ogni esigenza e budget. Del resto siamo riusciti, puntando sulla qualità, a proporre i migliori servizi nell’ambito delle due business unit della Cyber Security e System Integration e a guadagnare posizioni di rilievo presso importanti realtà pubbliche e private, affermando e consolidando la nostra presenza sul mercato in ambiti come energy & utilities, settore pubblico, servizi finanziari, industria, unita alla solida conoscenza delle architetture di integrazione. Competenze che ci hanno consentito di essere partner preferito dei principali player del settore come Enel, Terna, Eni e altri”.

Un gruppo in continua espansione, dunque.

“Sì, grazie principalmente a un’organizzazione capillare. Sul mercato operiamo tramite la capogruppo Dgs spa e le controllate Network Integration & Solutions srl, Infodue srl e Vista Technology srl, impiegando oltre 500 professionisti di elevata seniority, distribuiti tra le 8 sedi di Roma (HQ), Torino, Sesto San Giovanni, Genova, Napoli, Foggia, Bari e Rende”.

Quasi 1000 imprese internazionali di cui ben 650 sono italiane. Qual è l’obiettivo del programma ELITE Lounge?

“Anzitutto bisogna dire che siamo di fronte a un modello nuovo che fa leva sulla collaborazione con il mondo bancario e in particolare con Intesa Sanpaolo attraverso Microcredito italiano, l’organizzazione del gruppo dedicata alla piccole e medie imprese. Un programma che intende dare vita a un ambiente specifico e offrire al cliente delle ulteriori competenze, ovvero un network di opportunità per favorirne la crescita e la competitività sia interna che esterna conducendolo verso il mercato dei capitali e l’internazionalizzazione. Basti pensare infatti che le nuove società italiane entrate in Elite appartengono ai settori più disparati, dall’industria alla tecnologia fino ai beni di consumo, e rappresentano appunto il meglio del tessuto economico del Paese. Provenienti da undici regioni diverse, hanno un fatturato complessivo di 2,4 miliardi di euro e un totale di 8.600 dipendenti”.

Il futuro quindi si annuncia ricco di aspettative. Ma qual è la vostra strategia per continuare a crescere in questo settore?

“La nostra mission era e resta quella di costruire sempre più grandi soluzioni per le aziende che si rivolgeranno a noi. Vogliamo fare ancora progressi dopo aver dimostrato che l’Ict dà più valore alle aziende costituendo un fattore di innovazione e di successo. Chiaramente parliamo di settori come Cyber Security, IT governance o network, data center infrastructure e sviluppo software custom”.

In che modo interagite con il cliente?

“Ascoltiamo le esigenze, ne prendiamo in carico le necessità, miglioriamo i processi, ottimizziamo costi e performance attraverso le nostre soluzioni Ict frutto appunto di una ultraventennale e consolidata esperienza maturata nel settore”.

Investimenti e idee che diventano progetti. Mentre report e indagini certificano una insospettata vitalità hi-tech del Paese. L’Italia digitale quindi è in fermento.

“Sono convinto che per indirizzare nel giusto verso la trasformazione digitale e guadagnare posizioni sul mercato la sola acquisizione di nuove tecnologie non è sufficiente. Ciò perché le imprese devono trasformare il proprio business avvalendosi del digitale nella costruzione di proposte di valore e di nuovi approcci di business consentiti dall’enorme disponibilità di dati (Big Data) e utilizzare la possibilità di esaminarli con modelli predittivi (Machine Learning). E poi bisogna fare i conti col fatto che, nonostante la scossa data dal Piano impresa 4.0, siamo in ritardo rispetto ad altre grandi nazioni sulla quarta rivoluzione industriale. Abbiamo inoltre una pubblica amministrazione che fatica ad evolversi tecnologicamente e scontiamo un gap importante tra domanda e offerta di competenze digitali. Personalmente però sono ottimista per il semplice motivo che non manca un fermento digitale. Mi riferisco alla classifica per il 2018 della competitività globale redatta dal World Economic Forum, chiamata quest’anno ‘Global Competitiveness Index 4.0’ per via di nuovi indicatori che verificano l’andamento della quarta rivoluzione industriale. Trasformazione a cui buona parte dell’economia globale non sembra ancora preparata: 103 delle 140 realtà esaminate non raggiungono la sufficienza nella capacità di innovare. Sorprendentemente, nei 37 Paesi pronti figura l’Italia che, nonostante la debole ripresa post-recessione, si piazza al 22° posto per capacità innovativa, grazie ad alcune performance importanti. Con ampi margini di miglioramento. Secondo gli analisti del World Economic Forum, l’Italia dovrebbe espandere maggiormente l’adozione di tecnologie dell’informazione e della comunicazione e accelerare sulla modernizzazione della PA, mentre il settore privato dovrebbe essere più aperto a nuovi modelli di business, adottando un atteggiamento più propenso all’assunzione di rischi. Ad ogni modo, ciò che ci fa ben sperare è che il tema dell’acquisizione di competenze digitali sta interessando anche le piccole e medie imprese”.

Il rapporto con Italian Digital Revolution dura da due anni. Come giudica il lavoro dell’associazione?

“Quella con l’Aidr è una collaborazione che nasce dalla volontà di entrambe le parti di diffondere la cultura digitale non soltanto nei tessuti economici, ma nella vita di tutti i giorni con il fine comune di aumentare l’efficacia delle azioni attraverso i canali web. Fino ad ora l’associazione presieduta da Mauro Nicastri dell’Agenzia per l’Italia Digitale, ha dimostrato di essere all’altezza della situazione visti anche i numerosi partner coinvolti negli eventi e nelle iniziative che abbracciano diverse tematiche e sono chiaramente mirate ad affrontare questa nuova sfida per affermare la centralità del settore digitale”.


di Rosangela Cesareo