Forfettari e fattura elettronica: cosa cambia

Dal primo luglio 2022 è entrato in vigore il passaggio alle nuove modalità di fatturazione elettronica previste per i lavoratori in regime forfettario: si abbandonano i vecchi documenti cartacei in favore di una gestione dematerializzata e digitale di tutte le fatture fiscali. La misura è stata approvata dal Consiglio dei ministri del 13 aprile 2022 e inserita nel Decreto Legge numero 36/2022, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 30 aprile, a oggetto “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”.

L’introduzione dell’obbligo impone a tutti i lavoratori a partita Iva con regime forfettario di mettersi in regola entro i limiti e le tempistiche indicate dalla norma: l’obbligo, infatti, non si applica a tutti e prevede un regime transitorio entro cui le fatture potranno essere emesse con tempistiche diverse. La novità introdotta dal Governo si riferisce a una vasta platea di contribuenti e toccherà da subito circa 800mila partite Iva. A essere interessati sono tutti i contribuenti in regime forfettario che abbiano avuto redditi dai 25mila ai 65 mila euro nell’anno precedente, l’applicazione slitta invece al primo gennaio 2024 per tutti gli altri soggetti.

Come si evince infatti dalle informazioni riportate in un articolo del blog di InfoCert, la Certification Authority leader in Europa nell’erogazione dei servizi di digital trust, la fatturazione elettronica per forfettari porta a una serie di vantaggi per imprese e professionisti: abbattimento dei tempi necessari al pagamento delle fatture, grazie all’impossibilità di smarrimento dei documenti e una maggiore sicurezza informatica, dovuta all’utilizzo di tecnologie cloud, meno vulnerabili alle minacce che colpiscono i dispositivi elettronici.

A chi si applica

La normativa (come riporta l’articolo 18, commi 2 e 3, del Decreto Legge numero 36/2022) estende a nuove categorie di soggetti a partita Iva gli obblighi previsti dalla fatturazione elettronica. I destinatari della disciplina sono infatti i titolari di regimi forfettari: chi usufruisce di agevolazioni fiscali sostitutive dell’Irpef, quella categoria di lavoratori che versano un’imposta fissa del 15 per cento (che si abbassa al 5 per cento in caso di startup) oltre alle associazioni che hanno optato per il regime speciale delle imposte sui redditi.

L’obbligo non si applica invece, oltre a chi non abbia raggiunto il limite del 25mila euro, agli operatori del settore sanitario che, per le disposizioni in tema di privacy previste dal Garante, continueranno a inviare i dati relativi alle prestazioni professionali al Sistema tessera sanitaria. La previsione della soglia quantitativa dei 25mila euro, con la conseguente possibilità di emissione del documento fiscale senza il transito dello stesso all’interno del Sistema di interscambio dell’Agenzia delle Entrate (Sdi), rende necessaria un’attenta verifica sui compensi ottenuti nell’anno fiscale precedente. In caso di superamento del tetto previsto dalla normativa, è necessario allinearsi da subito alle disposizioni per evitare l’applicazione delle sanzioni.

Le sanzioni previste

Per le partite Iva in regime forfettario, a cui si applica a partire dal primo luglio l’obbligo introdotto dal Decreto Legge, è stata prevista una parziale tolleranza sull’attuazione delle sanzioni: fino al 30 settembre, infatti, l’erogazione delle multe sarà sospesa se il documento verrà emesso dopo il 12esimo giorno dall’operazione ed entro la fine del mese successivo. Le sanzioni introdotte per chi rientra nel campo di applicazione della normativa prevedono l’emissione di multe che, dopo il primo periodo di tolleranza, entreranno del tutto a regime. È prevista, infatti, una sanzione con un importo variabile dal 90 al 180 per cento dell’Iva presente in fattura a partire da un minimo di 500 euro. Nel caso in cui, invece, la violazione non vada a incidere sulla determinazione dei redditi, si applicherà un’ammenda tra i 250 e i 2000 euro.

Infine, si introducono dei parametri variabili in caso di operazioni non imponibili, non soggette a Iva, esenti e nei casi di Reverse Charge: la norma, infatti, introduce un’ammenda variabile dal 5 al 10 per cento dei corrispettivi che non vengono registrati, con un minimo di 500 euro.

Aggiornato il 14 luglio 2022 alle ore 11:39