Noi siamo un ologramma. L’universo stesso è un gigantesco ologramma. I principali artefici di questa stupefacente idea sono due tra i più eminenti pensatori del mondo, il fisico quantistico – protetto di Albert EinsteinDavid Bohm ed il neurofisiologo Karl Pribram. Da due punti di osservazione totalmente differenti (fisica quantistica e cervello), essi sono giunti ad affermare la medesima cosa, cioè che gli esseri viventi così come l’intero universo sono (siamo) modelli olografici. Cos’è un ologramma? Il modo migliore per descrivere l’ologramma è l’immagine che nel film Guerre stellari raffigura tridimensionalmente in miniatura la principessa Leila. Nel film, un raggio di luce si sprigiona dal robot R2-D2, e proietta una scultura di luce che invoca l’aiuto di Obi-Wan Kenobi. L’immagine è un ologramma, vale a dire una raffigurazione tridimensionale creata con l’aiuto di un laser. L’universo è una sorta di ologramma gigante, una illusione straordinariamente dettagliata né più né meno reale dell’immagine della Principessa Leila in Star Wars.

Per comprendere l’ologramma bisogna richiamare il fenomeno della interferenza. L’interferenza è il disegno intersecato che si verifica quando due o più onde, come le onde dell’acqua, si increspano l’una attraverso l’altra. Si pensi ad esempio a se si getta un sasso in uno stagno, esso produrrà una serie di onde concentriche che si espandono verso l’esterno. Se si getteranno due sassi in uno stagno, si avranno due serie di onde che si espanderanno e passeranno una attraverso l’altra. La complessa disposizione di creste ed avvallamenti che risulta da queste collisioni è nota come schema di interferenza.

Ogni fenomeno simile a quello delle onde può creare uno schema di interferenza, inclusa la luce e le onde radio. Era per noi impossibile capire gli ologrammi, come li conosciamo oggi, prima dell’invenzione del laser. Come funziona tecnicamente l’ologramma dunque? Un ologramma è prodotto quando un’unica luce laser viene divisa in due raggi separati. Il primo raggio viene fatto rimbalzare dall’oggetto per essere fotografato. Poi il secondo raggio viene lasciato collidere con la luce riflessa del primo. Quando questo accade essi creano uno schema di interferenza che viene poi registrato su una porzione di pellicola.

A occhio nudo l’immagine sulla pellicola non somiglia affatto a quella dell’oggetto fotografato. È un po’ più simile ai cerchi concentrici che si formano quando una manciata di sassi viene buttata in uno stagno. Ma appena un altro raggio laser – o anche solo una sorgente di luce intensa– viene proiettato attraverso la pellicola, riappare un’immagine tridimensionale dell’oggetto originale. La tridimensionalità dell’immagine è stupefacente, si può girare intorno a una proiezione olografica e osservarla da diverse angolazioni come si farebbe con un vero oggetto. Tuttavia, se si stende la mano per toccarla, vi passerà attraverso perché in quello spazio non vi è nulla.

Ma gli ologrammi non hanno solo la straordinarietà della tridimensionalità ma anche il fatto che ogni porzione di pellicola olografica contiene tutta l’informazione necessaria per creare l’immagine completa. Spieghiamolo. Se una porzione di pellicola olografica contenente l’immagine di una mela viene tagliata in due e viene poi illuminata da un laser, si troverà che ciascuna metà conterrà ancora l’intera immagine della mela! Anche se le metà vengono divise nuovamente e poi ancora, un’intera mela può ugualmente essere ricostruita da ogni piccola porzione di pellicola – anche se le immagini diverranno più offuscate con il rimpicciolirsi delle porzioni –. A differenza delle normali fotografie, ogni piccolo frammento di un pezzo di pellicola olografica contiene la completa informazione registrata nell’intero. Karl Harry Pribram comprese così come i ricordi possano essere distribuiti in questo modo piuttosto che localizzati nel cervello.

Ogni parte del cervello contiene cioè tutta l’informazione necessaria per richiamare un ricordo completo, dato che ogni porzione di pellicola olografica contiene tutta l’informazione necessaria per creare una immagine completa. Non solo la memoria, comprese, è l’unica cosa che il cervello può elaborare olograficamente ma anche la vista, in definitiva l’intero cervello. Le comunicazioni elettriche che si verificano tra le cellule nervose del cervello – o neuroni – avvengono come le interferenze delle onde. I neuroni, infatti possiedono rami come dei piccoli alberi e quando un messaggio elettrico raggiunge il fondo di uno di questi rami irradia verso l’esterno come una increspatura in uno stagno. Siccome i neuroni sono ammassati tanto densamente queste increspature di elettricità in espansione – anche esse un fenomeno simile alle onde – si incrociano continuamente l’una con l’altra.

Creano cioè una rete caleidoscopica infinita di schemi di interferenza. L’ologramma “parla” un linguaggio che è stato “tradotto” in termini matematici, cioè che Jean Baptiste Joseph Fourier ha convertito in schema matematico. Fourier ha sviluppato cioè un sistema matematici per convertire qualsiasi schema, indifferentemente dalla sua complessità, di onde semplici. Dimostrò che queste forme d’onda potevano essere portate allo schema originale, in altre parole proprio come una telecamera trasforma un’immagine in frequenze elettromagnetiche e un apparecchio televisivi le ritrasforma nell’immagine originale. Fourier ha dimostrato come un processo simile può essere portato a termine matematicamente. Le equazioni sviluppate da Fourier per trasformare le immagini in forme d’onda e di nuovo all’originale sono chiamate “trasformate di Fourier”.

Le trasformate di Fourier permisero a Dennis Gaborpremio Nobel negli anni Cinquanta del secolo scorso per il suo lavoro – di trasformare la fotografia di un oggetto nella forma confusa di schemi di interferenza su una porzione di pellicola olografica. Grazie alle trasformate di Fourier poté escogitare un modo per ritrasformare quegli schemi di interferenza in un’immagine dell’oggetto originale. Si potevano cioè trasformare le immagini in forme d’onda e di nuovo in immagini. Il cervello, l’ologramma-cervello, le cellule cerebrali nella corteccia visiva utilizzano la stessa matematica impiegata dall’olografia per convertire le immagini visuali nel linguaggio di forme d’onda di Fourier.

Le nostre cortecce visive rispondono alle frequenze di varie forme d’onda. Parimenti l’orecchio è un analizzatore di frequenza, così come il nostro senso dell’odorato, e la nostra stessa pelle che è sensibile alle frequenze di vibrazione. Anche i nostri movimenti fisici sono codificati nei nostri cervelli in un linguaggio di forme d’onda di Fourier. Il cervello analizza i movimenti suddividendoli nei suoi componenti di frequenza, ecco perché la rapidità con cui impariamo e svolgiamo molti compiti e movimenti fisici complessi. Noi impariamo afferrando l’intero movimento fluido, non ogni minima caratteristica del processo, pezzettino per pezzettino.

L’immagine della realtà nei nostri cervelli è un ologramma, una vasta risonante sinfonia di forme d’onda. In noi e fuori di noi vige un vero e proprio “dominio della frequenza” che viene trasformato nel mondo che conosciamo solo dopo essere entrato nei nostri sensi. Il modello olografico ci permette di comprendere una “fisica della coscienza” e capire la nostra mente e questo nostro livello di esistenza. Si ricordi sempre che la nostra mente interagisce psichicamente con la realtà materiale, modificando ed influenzare la realtà. Come facciamo? Perché la nostra mente e il nostro cervello come l’intero universo in cui ci aggiriamo – e oltre – sono ologrammi.

Aggiornato il 01 ottobre 2022 alle ore 10:16