La Procura di Milano accusa Meta d’evasione

La galassia della comunicazione è cambiata profondamente negli ultimi 15 anni. L’alta definizione è ormai una realtà. Dopo le videocamere con sensori e i televisori Hd sono arrivati i tablet, gli smartphone, il film e le dirette di calcio in streaming, il nuovo iPod mini che consente di ascoltare la radio, metterla in pausa e riprendere ad ascoltarla dal punto in cui ci si era fermati. In pratica, Internet con Rai, Mediaset, La7, Sky, Telecom, Amazon ha rivoluzionato la tivù e il mondo dell’informazione. Facebook, Instagram, WhatsApp, Twitter, Google, Microsoft (dove è arrivata alla vicepresidenza del settore telecomunicazioni l’italiana Silvia Candiani) hanno modificato le relazioni di milioni di cittadini. Non sempre correttamente come ha rilevato il comandante della Guardia di Finanza. Nell’illustrare alla Camera il bilancio 2022 il generale Giuseppe Zafarana ha riferito che a seguito delle indagini del nucleo di Milano la Procura ha aperto un’inchiesta nei confronti del colosso social Meta che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp per una maxi-evasione di Iva dal 2015 al 2021 per 870 milioni di euro. Quali riflessi hanno le innovazioni tecnologiche e digitali sul mondo dell’editoria e quindi sui giornali? È in atto un grosso sforzo delle aziende editoriali per promuovere gli abbonamenti digitali da aggiungere al vecchio sistema cartaceo.

A fine marzo Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di Rcs MediaGroup ha annunciato che il Corriere della sera aveva raggiunto 508mila abbonati digitali con un balzo del 32, 3 per cento che aveva permesso nel 2022 ricavi per 845 milioni di euro. Sono trascorsi 18 anni da quando uno “squattrinato” diciannovenne statunitense Mark Zuckerberg, organizzò un blitz nella rete universitaria per schedare le studentesse e far votare la più attraente. L’utopia del visionario Zuck scatenò una corsa a chi inventava strumenti più idonei per allargare il pianeta degli utenti e quindi guadagnare con la pubblicità. Due anni dopo arrivò Twitter, il social network da 140 caratteri inventato da quattro “anarchici litigiosi”: Jack Dorsey, Noah Glass, Biz Stone e Evan Williams. L’idea di “cinguettare” fu la loro fortuna, ora è stato acquistato per miliardi da Elon Musk di Tesla. Ancora un anno e in sequenza arrivò l'iPhone, il fenomeno record di Apple creato dalla coppia Steve Jobs e Tim Cook. Poi il duo Larry Page e Sergey Brin registrò il dominio “www. Google.com” nel 1997 e nel 2007 acquistarono YouTube per 1,65 miliardi di dollari. Il servizio di posta elettronica “gmail” venne aperto al pubblico nel 2006 e l’anno successivo lanciarono il sistema operativo “aperto” Android per telefonini.

Miglioramenti dietro miglioramenti si arriva a al sistema “Windows” di Microsoft creato da Bill Gates, con il quale funziona la stragrande maggioranza dei computer del mondo e “Office” è tra i pacchetti di programmi più venduti. Ora per i colossi della rete la corsa ai guadagni-record si è improvvisamente arrestata. Si è scatenata anche una dura battaglia per la conquista di spazi Internet e quindi delle connessioni. Pur non raggiungendo la bolla del 2000 che costò il posto di lavoro a un milione di americani ora da Google a Twitter, da Microsoft a Meta si assiste a migliaia di licenziamenti. Va a casa la meglio gioventù dell’era digitale. La Silicon Valley non è più invulnerabile. Per una massa enorme di ingegneri, fisici, tecnici ci sono scarse alternative, anche se è scattata la battaglia per lo sfruttamento dell’intelligenza artificiale che potrebbe aprire scenari inesplorati.

Aggiornato il 24 marzo 2023 alle ore 12:48