Roma, pensati smart city

mercoledì 3 aprile 2024


Oggi, la Capitale d’Italia registra un livello di qualità della vita sempre più basso. Le cause sono diverse: l’inquinamento atmosferico e la cattiva gestione dei rifiuti, il sovraffollamento, il divario digitale e tecnologico tra il centro e la periferia, l’insicurezza nelle strade e nelle scuole, gli scarsi investimenti nelle infrastrutture, l’eccessivo tempo perso in spostamenti, e i limiti della capacità amministrativa che ostacolano la crescita della competitività del territorio, rendendo difficile anche la vita dei cittadini.

È necessario, quindi, proiettare Roma verso lo sviluppo urbano intelligente e diverso proprio delle smart city, con una visione strategica di medio-lungo termine, pianificata, organica e connessa alla capacità di leggere le potenzialità del territorio capitolino. Bisogna, inoltre, mettere in evidenza le criticità e le opportunità di tutti i temi-chiave legati al concetto di smart city, che ruotano intorno a tre elementi fondamentali: vivibilità, funzionalità e sostenibilità. Un esempio lampante è il modo in cui viviamo gli spazi della città (ripensando, in questo caso, alla rigenerazione delle aree urbane), senza trascurare le modalità di accesso ai servizi offerti dalla Pubblica amministrazione e le possibilità logistiche di cui possiamo usufruire per muoverci nei confini metropolitani, allo scopo di raggiungere il posto di lavoro o altri punti di interesse. In questo contesto, la tecnologia rappresenta lo strumento (e non il fine) per migliorare la metropoli e il rapporto tra i cittadini e la Pubblica amministrazione. In particolare, l’innovazione tecnologica può contribuire a pianificare la visione di smart city a Roma, al fine di trasformare la Capitale in una città interconnessa e interoperabile, che si muova come un ecosistema unico e che superi il meccanismo verticistico tipico delle organizzazioni amministrative pubbliche del secolo scorso.

Esiste, oggi, la possibilità, attraverso i nuovi strumenti tecnologici (rete, intelligenza artificiale e Internet of Things), di sviluppare un sistema di Governo del territorio che ponga il cittadino al centro dell’azione amministrativa, consentendogli di fruire della città e dei servizi in modo tale da poter migliorare la qualità della sua vita, sia in termini di maggior tempo a disposizione che di efficacia dell’azione amministrativa stessa, senza dimenticare l’abbattimento degli spostamenti inutili.

Come approcciare questo cambiamento, al fine di realizzare una città intelligente e competitiva, preparandosi al meglio per le sfide future (il Giubileo del 2025 è ormai alle porte e la candidatura a Expo 2030 è stata un fallimento a causa della limitata visione progettuale e della forza economica dirompente degli arabi)? Suddividendo le aree di intervento in sette pilastri: smart mobility, per ottimizzare la mobilità grazie alle tecnologie dei sistemi di trasporto intelligenti e all’offerta di soluzioni di trasporto innovative e sostenibili; smart energy, ovvero sostenibilità ambientale ed economica, ad esempio grazie all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e ad una concreta rigenerazione urbana, tra pompe di calore e impianti geotermici a bassa entalpia; smart environment, ossia l’adozione di sistemi avanzati di monitoraggio dell’acqua e dell’aria, e di raccolta e logistica intermedia intelligente dei rifiuti; smart governance, con l’obiettivo di digitalizzare i processi e offrire ai cittadini servizi più accessibili, oltre alla possibilità di partecipare più attivamente alla vita amministrativa del bene comune; smart living, ovvero attenzione al miglioramento della vivibilità urbana e alla sicurezza dei cittadini; smart people & economy, ossia la capacità di creare un ambiente favorevole per lo sviluppo delle imprese/start up e della cultura, in grado di attrarre capitale umano (soprattutto giovani) e intellettuale; smart grid, cioè reti intelligenti che rappresentino l’evoluzione sostenibile economica, sociale ed ambientale delle infrastrutture in diversi ambiti, tra cui quello energetico e idrico, con un occhio di riguardo per le telecomunicazioni e i trasporti.

Queste aree di intervento possono essere sostenute maggiormente con investimenti pubblici, attraverso la programmazione dei fondi strutturali Ue 2021-2027 e le massicce risorse economiche garantite dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma i limiti dell’Amministrazione pubblica romana, come di altri Comuni d’Italia, sono sotto gli occhi di tutti: le difficoltà nello spendere (in generale) i fondi a causa delle scarse competenze amministrative, tecniche, gestionali e progettuali, sono enormi. Tra l’altro, nel caso dei soldi pubblici provenienti dal Pnrr, i tempi sono molto stretti e i vari processi abbastanza articolati, tanto da rischiare, a differenza dei fondi strutturali, che tali risorse non vengano né pienamente utilizzate, né recuperate nel medio termine.

Aggiungiamo, poi, il mastodontico codice degli appalti, uno degli esempi del blocco degli investimenti pubblici e privati nelle nostre città, e il gioco è fatto; ci ritroviamo, inesorabilmente, di fronte ad una scarsa capacità di spesa, e a una serie di rigorosi controlli (al fine, per carità, di prevenire illeciti) da parte delle autorità competenti che giocoforza finiscono per appesantire le procedure e allungare i tempi.

(*) Presidente di Ripensiamo Roma


di Donato Bonanni (*)