All'Italia serve la riforma della Giustizia

mercoledì 11 aprile 2012


La grande occasione offerta dalla recessione economica e la raggiunta consapevolezza che il fenomeno "Giustizia", in particolare "Giustizia Civile", costituisca il maggior ostacolo alla crescita del Paese e per essa agli investimenti nazionali e internazionali, può offrire l'opportunità di avviare una riforma organica del processo civile, un inizio fattibile per svecchiare, semplificare, troncare difetti ed antichi rituali obsoleti ed improduttivi. La ricetta è tanto semplice quanto di difficile applicazione: abbandonare l'inefficace principio del "come dovrebbe essere" (metodo deduttivo) e affrontare il fenomeno per "come è" (metodo induttivo), con interventi possibili e praticabili, sempre tenendo conto che si lavora su un sistema ed ogni modifica comporta effetti collaterali su le altre componenti dello stesso sistema. Il Sistema Giustizia non è un'isola indipendente dai fenomeni che hanno travolto l'Italia, a sua volta è parte di un sistema più grande, il Sistema Italia. Forse per la prima volta (è stata sempre in primo piano la "giustizia penale") i vertici delle istituzioni pubbliche e private, il mondo dell'informazione, le forze della economia reale hanno metabolizzato che la "Giustizia Civile" ha effetti collaterali sulla economia del Paese, sulla amministrazione finanziaria, sul senso di appartenenza dei cittadini, sulla credibilità dell'Italia all'estero, sul livello di civiltà della nazione, sulla difesa della dignità degli onesti, sul favore improvvido dato ai debitori, su tutti coloro che lavorano e producono, contribuendo alla ricchezza del Paese. È ormai acclarato che il fallimento della "Giustizia Civile", unitamente a quella perenne piovra della "Burocrazia", costituisce l'impedimento principale allo sviluppo della bella Italia. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, (il solo ministro ad avere rilievo costituzionale art. 110) deve cancellare con decreto o altro provvedimento ad effetto immediato tutte le commissioni, comitati, gruppi di esperti, suggeritori a vario titolo che si sono occupati di "Giustizia Civile"; deve consultare congiuntamente, come è stato fatto per la riforma del mercato del lavoro, "quelli della Giustizia Civile": Confindustria, Rete Imprese, Confcommercio, Confesercenti, Abi, Ania, alleanza delle Coop, i presidenti degli Ordini territoriali più rappresentativi, il Colap, il Cup e (se utile) il Laboratorio Forense che mi onoro di coordinare. 

La consultazione deve durare una sola settimana e nei 15 giorni successivi, dopo aver acquisito e sintetizzato tutti gli studi, indagini, proposte realizzati sul tema, deve essere "prodotto" un primo pacchetto di provvedimenti, compatibile con i successivi nel quadro di una riforma organica del Sistema. Si può fare. In un dotto articolo su questo giornale Dimitri Buffa ha segnalato che la mala giustizia (civile) costa 5 punti di Pil. Gli antagonisti, del tutto inconsapevoli, potrebbero essere una parte della magistratura, arroccata su modelli desueti, convinta di detenere le formule per la ristrutturazione del "Sistema Giustizia", senza averne le competenze specifiche. Ma non agire vorrebbe dire compromettere il futuro. Non possiamo più guardare al passato e vivere di ricordi. Oggi la soluzione non è tanto sui principi, ma si basa sull'efficienza, sulla produttività, sulla organizzazione del lavoro, sul metodo costi-benefici, sulla privatizzazione di alcune procedure da attribuire agli avvocati, per accrescere la domanda di lavoro e far partecipare i nuovi giovani professionisti, attraverso un outsourcing rispetto alle attività proprie della magistratura e ausiliari.

I Tribunali lavorano al 50% al di sotto delle loro capacità, mentre per migliorare l'efficienza e la competitività si dovrebbe: a) raddoppiare il numero dei togati con immissione nei ruoli di avvocati con 15 anni di professione certificata attraverso un concorso-colloquio; b) trasferire gli esuberi della P.A. più personale in mobilità, cassaintegrati, esodati nelle cancellerie, previo un corso di formazione di tre mesi gratuito; c) licenziare con effetto immediato i Giudici di Pace che non superano un test di verifica ed assumere con un concorso-colloquio giovani avvocati under 40 con 10 anni di professione certificata. 

Ampliare l'area della competenza professionale dell'avvocato, insomma, conquistare nuovi territori per l'agire forense, creare nuove opportunità, riappropriarsi di competenze sottratte, rivendicare posizioni professionali che vengono impropriamente svolte da altri professionisti. In breve, ridisegnare i confini della competenza forense.

Le riforme degli anni '90 non hanno prodotto i risultati sperati. I ruoli civili di "nuovo rito" hanno raggiunto consistenze eccessive. La stessa istituzione del giudice unico di primo grado si è rivelata misura insufficiente. Da oltre 10 anni gli operatori del diritto segnalano che la prima cosa da fare è "togliere carico di lavoro al giudice" e che la soluzione può essere cercata in due direzioni: a) aumentare considerevolmente il numero dei magistrati; b) diminuire in modo altrettanto consistente la mole dei loro affari. La seconda soluzione inizialmente è più percorribile perché agisce sulla organizzazione e sul tipo di lavoro del giudice: il giudice entra nel processo solo quando deve giudicare. Le parti ed i loro difensori si riappropriano dei tempi e dei modi  di introdurre, trattare ed istruire le controversie civili.

di Carlo Priolo