Tidei non molla, e il Pd sta dalla sua

venerdì 1 giugno 2012


Per ogni un rebus che si scioglie, ce n'è sempre un altro da risolvere. È il caso delle incompatibilità di Leoluca Orlando e Pietro Tidei, neosindaci di Palermo e Civitavecchia. Il sindaco di Palermo ha mantenuto la parola, rassegnando le dimissioni. «Ho già comunicato alla Giunta che mi dimetterò nei termini di legge», ha assicurato l'esponente dell'Idv. Tutto il contrario di ciò che (non) ha fatto il collega del Pd, Pietro Tidei, il quale, nonostante i piccoli focolai di polemica nati nel Pd per questa sua (non) decisione, rimane saldamente con un piede a Montecitorio e con l'altro a Piazzale del Pincio. Una scelta grave e contro legge che, però, ha tutto l'appoggio dei vertici di Largo del Nazareno, i quali, per fare uno sgarbo a Mario Adinolfi, primo dei non eletti per il Pd nella circoscrizione Lazio 1, si sono rimangiati anni di lotte e battaglie contro incompatibilità e doppi incarichi. «Ieri in giunta per le Elezioni della Camera è successa una cosa strana», ha denunciato su Facebook lo stesso Adinolfi. «Doveva esserci l'audizione del sindaco-deputato Tidei, ma l'audizione è saltata perché la capogruppo del Pd, Donata Lenzi ha proclamato che l'automatismo delle dimissioni di Tidei per lei era dubbio e bisognava rinviare tutto. Si è alzata e se n'è andata, con lei i commissari del Pd. Di quel Pd che, badate bene, sulle incompatibilità e gli automatismi dopo la sentenza della Corte costituzionale ha fatto dimettere da deputati decine di sindaci Pdl e Lega». «Adinolfi si è dato a letture complottiste immotivate e ingiustificate», è stata la replica di Lenzi, il cui comportamento è piuttosto paradossale se si pensa che appena un anno fa presentò alla Camera come prima firmataria una proposta di legge contenente "disposizioni in materia di ineleggibilità e di incompatibilità tra il mandato parlamentare, gli incarichi di governo e cariche di amministratore locale.

A conti fatti Civitavecchia è popolata da circa 50mila persone e qualcuno nel Pd, oltre Adinolfi e Andrea Sarubbi, se ne deve essere accorto. «Questa storia delle (non) dimissioni di #Tidei - scrive su Twitter la deputata Pd campana Pina Picierno - è scandalosa. Le regole non si piegano a interessi personali. Mai». Un altro segnale di ribellione verso la mostruosa noncuranza di Pierluigi Bersani? Chissà. Nel mentre il segretario del Pd e i vertici democrat continuano a passare sopra la vicenda come se nulla fosse mai successo, minimizzando l'accaduto.

Bersani ieri ha liquidato la faccenda affermando che «ci sta pensando il gruppo parlamentare». E Franceschini, capogruppo Pd alla Camera, lo ha seguito a ruota, difendendo la buona fede della Lenzi e del suo partito. «La legge non è cambiata e la linea del Pd nelle incompatibilità neanche», ha chiarito. «Il nostro comportamento in giunta e in aula sarà semplicemente questo». Belle parole, ma nonostante ciò negli ambienti vicini a Largo del Nazareno confermano che l'ostracismo piddino nei confronti di Adinolfi segue sempre lo stesso leitmotiv: Adinolfi ha criticato le linee del partito? Dovrà faticare prima di entrare in Parlamento. Ragion per cui Tidei deve resistere. Il neosindaco di Civitavecchia per il momento può dormire sonni tranquilli. Il regolamento della Giunta per l'elezioni di Montecitorio, infatti, prevede l'esame preliminare di un Comitato permanente per le incompatibilità che darà un proprio parere (ci potrebbero volere anche mesi), sottoponendolo al voto della Giunta, della quale, peraltro, Tidei è membro. Una volta approvato il parere d'incompatibilità la palla passerà al Presidente della Camera che dovrà chiedere a Tidei di optare per una delle due cariche.

Ma nel frattempo i giorni passano e la legislatura volge al termine. 


di Eugenio Cipolla